Sinesio di Cirene 

Francesco Monticini e Silvia Ronchey

Nel video Francesco Monticini, curatore dell’edizione delle opere di Sinesio di Cirene pubblicata da Bompiani nel 2024, e Silvia Ronchey parlano di Sinesio di Cirene (Cirene 370 circa - 413 circa), filosofo neoplatonico, ambasciatore, capo militare e vescovo cristiano.

Multiforme come il mitico Proteo, Sinesio di Cirene seppe riassumere nella propria esperienza esistenziale tutta la complessità culturale e storica della tarda antichità. Nato da una famiglia aristocratica che faceva risalire le sue origini fino a Eracle, Sinesio si formò presso la scuola alessandrina della filosofa pagana Ipazia, cui non esiterà, molti anni più tardi, a riferire gli appellativi di “madre, sorella, maestra”. Dopo un periodo trascorso nella turbolenta Costantinopoli – abitata da uomini dottissimi, politici corrotti e mercenari germanici –, Sinesio tornerà a vivere nel suo amato Nordafrica, dove sarà ordinato metropolita di Tolemaide dall'intransigente patriarca Teofilo, già responsabile della distruzione del Serapeo di Alessandria e alfiere di una lotta serrata al culto pagano. 
Il volume contiene l'intero lascito letterario di Sinesio: oltre a uno degli epistolari più ricchi della letteratura tardoantica e bizantina e ad alcuni fra i più importanti esempi di poesia cristiana in metrica classica, esso include degli opuscula che spaziano dalla retorica alla filosofia, dall'astronomia all'oniromantica. Nel Dione, in effetti, Sinesio definisce filosofo proprio quell'uomo raffinato che “realizza l'armonia dell'insieme di tutte le scienze e riconduce la moltitudine all'unità”. Copiate, studiate e commentate per tutto il millennio bizantino, le opere di Sinesio non avrebbero mancato di affascinare Marsilio Ficino, Girolamo Cardano, Mario Luzi e molti altri.

Sinesio amava paragonarsi al mitico Proteo di Faro, la divinità marina che, secondo il mito, abitava sullo scoglio di Faro davanti al porto di Alessandria, che conosceva il futuro e si presentava in forme sempre diverse a coloro che si recavano a interrogarla. E questo perché Sinesio afferma che il mondo è qualcosa di estremamente multiforme, variopinto e a tratti contraddittorio, e che solo conoscendo e accettando questa apparente incongruenza ci si può elevare fino alla contemplazione dell’unità della realtà. 
Francesco Monticini 

Hans-Georg Beck, il più grande bizantinista tedesco del XX secolo,  considerava il Dione di Sinesio di Cirene l’opera più importante della letteratura bizantina, perché c'è tutto quello che di meglio ha prodotto il mondo antico e tutto quello che di meglio, attraverso Bisanzio, verrà trasmesso al Rinascimento. 
Silvia Ronchey

In Sinesio è espressa nella maniera più alta l’identificazione tra la religione del sapere, che i greci chiamavano Paidéia, e una possibilità di religione filosofica universale non conflittuale e non confessionale, che si andava affermando nel IV secolo proprio nella Scuola di Ipazia di Alessandria. 
Silvia Ronchey

Si parla del IV e V secolo come di un’età di conflitto tra paganesimo e cristianesimo. In realtà non ci fu un conflitto, ma un’ibridazione e un’elevazione di quella che veniva chiamata religione. Il cristianesimo filosofico si identificava con il paganesimo filosofico almeno fin da Plotino, ma proprio in questo periodo in cui si afferma una religione universale monoteista, il concetto plotiniano di Uno arriva a creare una possibilità anche per la religione in senso stretto di farsi filosofia.
Silvia Ronchey

  

Francesco Monticini ha conseguito il dottorato di ricerca in Civiltà bizantina presso l’Università di Roma Tre e l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Borsista presso il Dumbarton Oaks Institute of Byzantine Studies (Harvard University), assegnista nell’ambito del programma europeo Leonardo da Vinci, ha trascorso periodi di ricerca presso l’Università di Uppsala, “Ca’ Foscari” – Università di Venezia e l’Università di Vienna. Attualmente è docente a contratto in Filologia tardoantica presso l’Università di Roma Tre. Si è occupato di Sinesio di Cirene, del quale ha tradotto e annotato gli opera omnia, del platonismo tardoantico e del suo revival nella Bisanzio di età paleologa. Ha pubblicato tre volumi e vari articoli, su riviste nazionali e internazionali.

Silvia Ronchey è una bizantinista e scrittrice italiana (Roma 1958). Dopo la laurea ha lavorato a Patmos, Alessandria d'Egitto, Parigi e Washington. Docente universitaria a Siena, attualmente insegna Civiltà bizantina nel Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di RomaTre. Ha scritto e condotto programmi culturali per la RAI e ha collaborato con La Stampa, attualmente scrive per la Repubblica. Oltre a saggi specialistici ha scritto libri di ampia diffusione, tra questi: L’enigma di Piero (2007), Il guscio della tartaruga (2009), Ipazia. La vera storia (2011), La cattedrale sommersa (2017) e L'ultima immagine (2021; premio Viareggio-Rèpaci 2022 per la saggistica).