Giacomo Leopardi. Zibaldone di pensieri

Fabiana Cacciapuoti

Nel video Fabiana Cacciapuoti, intervistata il 22 aprile del 2024 a Napoli, nella sede dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, parla dello Zibaldone di pensieri. Edizione tematica condotta sugli Indici leopardiani, opera in due volumi, da lei curata per Donzelli.

Mancare assolutamente di sistema […] è lo stesso che mancare di un ordine di una connessione d’idee, e quindi senza sistema, non vi può esser discorso sopra veruna cosa. Perciò quelli appunto che non discorrono, quelli mancano di sistema, o non ne hanno alcuno preciso. Ma il sistema, cioè la connessione e dipendenza delle idee, de’ pensieri, delle riflessioni, delle opinioni, è il distintivo certo, e nel tempo stesso indispensabile del filosofo.
Giacomo Leopardi, 17 aprile 1821

Per un intero secolo, da quando, nel 1898- 1900, Giosue Carducci ne patrocinò la prima edizione a stampa, lo Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi è assurto a simbolo del «frammento» per eccellenza. Quello che è da tutti considerato un capolavoro assoluto di prosa letteraria, è stato presentato da una lunga tradizione come un’opera volutamente asistematica, un flusso di pensieri senza ordine. A distanza di più di un secolo da quella prima edizione carducciana, il meticoloso e acuto lavoro critico-filologico di Fabiana Cacciapuoti ha portato alla luce l’idea di una grande opera per «trattati», di cui la mole di appunti raccolti nei quaderni null’altro rappresenta che l’immane lavoro preparatorio; un testo dotato di precise chiavi di lettura, organizzabile a partire da ben definiti fuochi tematici. Una traccia di un simile progetto è contenuta nella lettera con cui Leopardi rispondeva, il 13 settembre 1826, al suo editore milanese Antonio Fortunato Stella, che gli aveva chiesto di comporre un dizionario filosofico alla maniera di Voltaire:

Quanto al Dizionario filosofico, le scrissi che io aveva pronti i materiali, com’è vero; ma lo stile, ch’è la cosa più faticosa, ci manca affatto, giacché sono gittati sulla carta con parole e frasi appena intelligibili, se non a me solo […] e per poterne estrarre quelli che appartenessero a un dato articolo, bisognerebbe che io rileggessi tutte quelle migliaia di pagine, segnassi i pensieri che farebbero al caso, li disponessi, gli ordinassi ec., tutte cose che farò quando a Lei parrà bene che io mi dia di proposito a stendere questo Dizionario; ma che non si possono eseguire per il momento, e per uno o due articoli soli.

Questo progetto di riordino e indicizzazione degli appunti sarà effettivamente messo in atto, attraverso un rigoroso sistema di voci e di numeri, redatto su differenti schedine, conservate presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Sono, in particolare, sette paginette scarne ma decisive a evidenziare otto percorsi tematici. Proprio seguendo quelle pagine, sono stati qui «rimontati» i brani individuati da Leopardi, ricostruendo così il tendenziale «sistema». L’immenso manoscritto dello Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi – custodito presso la Sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli – è costituito da un insieme di fogli singoli che Leopardi teneva in una cassetta: una cassetta che lo seguiva in ogni suo spostamento e che probabilmente arrivò a contenere, nel suo punto culminante, 4526 pagine di testi in fogli separati e numerati progressivamente, un lemmario di 555 schedine, 38 schedine (le polizzine «richiamate»), 3 indici e 7 schede di formato più grande (le polizzine cosiddette «non richiamate»), contenenti otto percorsi tematici: 
Trattato delle passioni, Manuale di filosofia pratica, Della natura degli uomini e delle cose, Teorica delle arti, lettere. Parte speculativa, Teorica delle arti, lettere. Parte pratica, Memorie della mia vita, Lingue e Volgare latino.
Oltre a tutti i testi richiamati nei percorsi tematici, questa edizione raccoglie anche i brani oggetto di ulteriori rinvii, restituendo così, non l’intero corpus dello Zibaldone, ma la mappa completa dei materiali che Leopardi aveva selezionato al fine di una riflessione più sistematica. Quando si guardi infatti all’insieme di queste carte – scritte lungo il corso di un quindicennio, tra il luglio del 1817 e il dicembre del 1832 – non si può non riconoscere l’intenzione del loro autore di considerare quei fogli come un universo suscettibile di diversi possibili scandagli e di differenti possibili sequenze: di più, come una sorta di macchina pensata in funzione di una sua componibilità.

Non c’è che la pura natura la quale ci scampi dalla barbarie […]. S’ella ci fa piangere la morte dei figli, non è che per un’illusione, perché perdendo la vita non hanno perduto nulla, anzi hanno guadagnato. Ma il non piangerne è barbaro, e molto più il rallegrarsene, benché sia conforme all’esatta ragione. Tutto ciò conferma quello ch’io soglio dire che la ragione spesso è fonte di barbarie (anzi barbarie da se stessa), l’eccesso della ragione sempre; la natura non mai, perché finalmente non è barbaro se non ciò che è contro natura.
Giacomo Leopardi, 25 novembre 1820 

I due «trattati» Lingue e Volgare latino ci mostrano un Leopardi poco noto: non tanto il poeta o il filosofo, ma il filologo. La sua riflessione sulle lingue antiche e moderne si svolge in un vero corpo a corpo con le parole: attraverso un metodo comparativo che coinvolge un numero amplissimo di lingue – dal greco al latino, dallo spagnolo al francese, dal copto al sanscrito, al celtico, all’ebraico – Leopardi elabora alcune originali teorie, confuta convinzioni saldamente radicate e sostiene tesi allora poco seguite, come la formazione dell’italiano dal latino volgare e non da quello letterario. L’origine del linguaggio, la nascita della favella, l’invenzione dell’alfabeto, lo studio etimologico sono tutti elementi di una tensione – dai chiari echi vichiani – che sospinge Leopardi nel passato, alla scoperta degli albori della civiltà; ma accanto a questa corrente agisce in lui una forza contraria che lo sollecita in avanti, inquieto sul futuro dell’italiano. La lingua è un organismo vivente per Leopardi, che per farsi vigoroso deve rinnovarsi senza sosta: incrociarsi, contaminarsi con il parlato e con le altre lingue; solo così si arricchisce: non in solitaria avventura, ma, come scrive Antonio Prete nel Preludio al volume, «in una coralità di scambi, interferenze, correlazioni». Se il timone di questo processo inarrestabile va affidato alle mani esperte degli scrittori più autorevoli, lontano deve esserne tenuto chi pretende di imbrigliarlo entro canoni e norme. Da qui la bocciatura del francese: lingua universale – ma arida e sfibrata perché modellata dall’esterno –, rappresenta l’eccesso di razionalismo del l’età moderna e la fine che attende l’italiano in balia dei precetti imposti dai puristi. Inoltre, osserva Leopardi, il vuoto politico che da tempo grava sulla penisola non aiuta, avendone fiaccato la vita sociale e l’arte, così come la capacità di esprimere «passioni grandi, vive, utili e belle», tanto che, «arrestandosi e mancando la vita, si ferma e impoverisce e quasi muore la lingua». E tuttavia, seppure in un contesto così ostico, queste carte sono la testimonianza della devozione assoluta di Leopardi per un’«arte difficilissima ad acquistare» – quella di ammaestrare e forgiare l’italiano con la scrittura – se non dopo «immensa fatica» e «lunghissimi travagli» («quanti anni spesi in questo studio – confessa –, quante riflessioni profonde, quanto esercizio, quante letture, quanti tentativi inutili»); queste pagine sono un atto d’amore nei confronti di una lingua che non è mai mero strumento e che, nonostante le difficoltà che impone, ai suoi occhi appare ancora «come coperta tutta di germogli», in attesa solo di fiorire.

Nelle parole si chiudono e quasi si legano le idee, come negli anelli le gemme, anzi s’incarnano come l’anima nel corpo, facendo seco loro come una persona, in modo che le idee sono inseparabili dalle parole, e divise non sono più quelle, sfuggono all’intelletto e alla concezione, e non si ravvisano, come accadrebbe all’animo nostro disgiunto dal corpo.
Giacomo Leopardi, 27 luglio 1822



Giacomo Leopardi
L’immenso manoscritto dello Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi – custodito presso la Sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli – era costituito da un insieme di fogli sciolti, conservati in una cassetta che Leopardi portava con sé in ogni spostamento e che giunse a contenere 4526 pagine numerate dallo stesso autore, poi rilegate in 7 volumi per decisione della Commissione presieduta da Carducci. Accanto al manoscritto si sono conservati altri materiali: un lemmario di 555 schedine, 38 schedine (le polizzine «richiamate»), 3 indici e 7 schede più grandi (le polizzine «non richiamate») che tracciano 8 differenti percorsi tematici. Di questi, il presente volume ne documenta due (Lingue e Volgare latino; gli altri sei sono oggetto del volume precedente: Trattato delle passioni, qualità umane ec., Manuale di filosofia pratica, Della natura degli uomini e delle cose, Teorica delle arti, lettere ec. Parte speculativa, Teorica delle arti, lettere ec. Parte pratica, storica ec., Memorie della mia vita). Oltre ai testi richiamati nei due percorsi tematici, la presente edizione raccoglie i brani oggetto di ulteriori rinvii, restituendo così, non l’intero corpus dello Zibaldone, ma la mappa completa dei materiali che Leopardi aveva selezionato al fine di una riflessione più sistematica: da queste carte – scritte tra il luglio 1817 e il dicembre 1832 – si evince l’intenzione del loro autore di considerarle un universo suscettibile di diversi possibili scandagli e di differenti possibili sequenze: di più, come una sorta di macchina pensata in funzione di una sua componibilità. 

Fabiana Cacciapuoti, a lungo curatrice del Fondo leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli, ha conseguito il doctorat d’État presso la Sorbona. Per i tipi della Donzelli ha pubblicato L’Infinito e la Ginestra. Leopardi tra disincanto e illusione (2021), Dentro lo Zibaldone. Il tempo circolare della scrittura di Leopardi (2010), oltre a curare l’edizione tematica dello Zibaldone (1997-2003, 2018) e il catalogo della mostra Il corpo dell’idea. Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi (2019) da lei stessa ideata. È membro del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati.