Trap!

Nuova truffa o nuovo punk?

Che barba, che noia, che cantilena
Non c'entro col rap 
Non me ne frega niente

Sfera Ebbasta

Melodie ipnotiche e ossessive, bassi sincopati, il ritmo frastagliato della batteria elettronica e il racconto alieno di una voce “rettile” distorta dall’autotune. Da qualche anno in Italia la musica popolare si chiama trap. E i suoi epigoni, fenomeni mediatici indiscussi che vantano milioni di visualizzazioni su YouTube, colonizzano l'immaginario dei millennial ostentando droghe all'ultimo grido, amore per il lusso e disagio psichico. 

Conto i soldi, voglio i soldi 
Sì, ma non mi va di farli 

Young Signorino

Sul palco dello scorso Concertone del Primo Maggio Sfera Ebbasta sciocca il pubblico di ex giovani degli anni 90 sfoggiando al polso due Rolex d'oro e cantando il suo disimpegno nichilista nella periferia difficile da dimenticare. 

È il racconto straniante di un riscatto personale che passa attraverso l'esibizione aggressiva del proprio successo - laddove "successo" diventa sinonimo di individualismo, oggettificazione (dell'altro sesso), consumo sfrenato.

Giovane re, perché dovrei cambiare adesso?
Ho pagato caro il prezzo di questo successo

Dark Polo Gang

Un nuovo armamentario simbolico, inconoscibile e inquietante, che getta sulla generazione di madri e padri cresciuta nel grunge e abituata a pensarsi all'opposizione, l'ombra lunga e lacerante del divario esistenziale.
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Figlia di quello che il sociologo britannico Mark Fisher ha definito realismo capitalista, persa tra assuefazione, inconsapevolezza e le blandizie di una messinscena permanente, la trap diventa il sintomo perfetto della nostra epoca.


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