Uto Ughi e Tamás Vásáry: Sonata Op. 96 n. 10 in sol maggiore di Beethoven

Dall'oratorio del Gonfalone di Roma, 1991

Rai 5 e RaiPlay ripropongono le Sonate per pianoforte e violino di Beethoven eseguite, nel 1991, all'Oratorio del Gonfalone di Roma, dal violinista Uto Ughi e dal pianista Tamás Vásáry. In questo video, la Sonata Op. 96 n. 10 in sol maggiore.

Il modo di percepire Beethoven non è mai uguale, come il modo di percepire anche altri autori. Non esiste un’interpretazione definitiva. La musica è arte, è ricerca, è affinamento, perfezionismo. Non è mai chiuso, non è mai finito. È un anelito verso la bellezza.
Uto Ughi

Interrotta nel 1810, la Sonata Op. 96 n. 10 in sol maggiore fu portata a termine due anni dopo ed eseguita per la prima volta dall'Arciduca Rodolfo, il più illustre allievo di Beethoven, e dal violinista francese Rode nella residenza del principe Lobkowitz, mecenate del compositore. 

Più estesa delle precedenti e distante dalla drammatica atmosfera della Sonata a Kreutzer, questa sonata presenta un carattere tanto luminoso da indurre Vincent d'Indy (1851-1931), compositore e didatta francese, a collocarla nel novero degli esempi della cosiddetta seconda maniera di Beethoven, in cui, come nella Sinfonia n. 6 Pastorale è intenso il sentimento d’amore per la natura.

È significativo notare che se da un lato, nel corso dell'Ottocento, la 'Sonata a Kreutzer' ha avuto una vasta fortuna letteraria e ha conosciuto anche tentativi di trascrizione orchestrale (da Eduard Marxsen, il maestro di Brahms, a Ciaikovksij), la Sonata op. 96 è stata invece quella prediletta dagli interpreti di maggior prestigio, da Joseph Joachim, che la suonava in coppia con Brahms, allo stesso Rudolph Kreutzer, che invece guardava con un certo sospetto la Sonata a lui dedicata. È il sintomo della preferenza attribuita all'equilibrio rispetto alla destabilizzazione, alla perfezione formale rispetto alla rottura, della forma. Ed è un segno di come l'arte di Beethoven, per quanto universalmente amata ed apprezzata, fosse in realtà avvertita come qualcosa di rivoluzionario anche molto al di là dell'epoca in cui era stata scritta e dovesse attendere ancora molto tempo prima di essere definitivamente assimilata dalla cultura musicale europea
Stefano Catucci, musicologo


Uto Ughi è nato nel 1944. Si è esibito per la prima volta in pubblico all'età di sette anni e ha studiato sotto la guida di George Enescu, già maestro di Yehudi Menuhin. Erede della tradizione che ha visto nascere e fiorire in Italia le prime grandi scuole violinistiche, ha suonato in tutto il mondo con le più importanti orchestre sinfoniche tra cui la Boston Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e sotto la direzione di maestri quali, tra gli altri, Sergiu Celibidache, Myung-Whun Chung, Aldo Ceccato, James Colon, Carlo Maria Giulini, Lu Jia, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Kent Nagano, Krzysztof Penderecki, Georges Prêtre, Mstislav Leopol'dovič Rostropovič, Giuseppe Sinopoli.

Tamás Vásáry, pianista e direttore d’orchestra, è nato nel 1933 in Ungheria. Ha esordito pubblicamente all’età di otto anni e ha studiato presso l'Accademia Musicale Franz Liszt di Budapest. È stato assistente di Zoltán Kodály, tra i pionieri, assieme a Béla Bartók, dell’etnomusicologia. Nel 1947, vince il primo premio al “Concorso Franz Liszt” presso l'Accademia di Budapest. Nel 1956, dopo la repressione dei moti democratici da parte dell’U.R.S.S., lascia l'Ungheria per stabilirsi in Svizzera e tra il 1960 e il 1961 esordisce nelle principali città dell'Europa occidentale. Dal 1979 al 1982, ha condiviso con Iván Fischer la direzione artistica della Royal Northern Sinfonia. Successivamente, è stato direttore principale di Bournemouth Sinfonietta e direttore ospite di molte delle principali orchestre britanniche. Nel 2012, è stato insignito della medaglia Mozart dell'UNESCO in riconoscimento del suo talento e della dedizione ai valori universali che ispirano quell’organizzazione.