Solaris

Andrea De Rosa e il viaggio distopico di Lem.

Chi sono io? Chi siamo noi veramente?”.

Il lavoro teatrale del regista Andrea De Rosa, nell’adattamento di David Greig, dall’omonimo romanzo del 1961 del polacco Stanisław Lem, tradotto anche in un film (1972) da Andrei Tarkovsky, e successivamente da Steven Soderbergh (nel 2002), coglie le possibilità tutte contemporanee di un’opera che – normalmente catalogata come “fantascienza” – svela inedite possibilità di comprensione del nostro tempo.

Inviata su una stazione spaziale che ruota attorno al lontano pianeta Solaris, un’astronauta scopre che a fianco all’equipaggio vivono delle misteriose presenze, generate dallo strano oceano che riveste tutta la superficie del pianeta stesso, come in reazione all’invasione di un virus.

Il regista viene colpito dalla storia del pianeta Solaris e degli sventurati astronauti che lo abitano durante la quarantena, e in particolare lo interessa:
 

L’idea che gli esseri umani potessero essere il virus e che il pianeta fosse costretto a reagire e a difendersi dalla loro presenza. Solaris è una vera e propria creatura, un pianeta vivente che attraverso il suo immenso oceano cerca di comunicare con gli uomini attraverso i loro desideri, che riesce a materializzare sotto forma di fantasmi.



De Rosa affronta il tema dei limiti e confini della conoscenza umana, della capacità dell’uomo di comprendere tutti i meccanismi dell'universo, e immette ulteriori interrogativi con un forte riferimento al nostro tempo pandemico.

Lo spettacolo assume i contorni di una metafora potente e inquietante e diventa, così, un viaggio nell’inconscio individuale e collettivo, un confronto con le paure e i sogni, sospeso tra follia e assoluta libertà.


 

L'uomo è uscito per consultare altri mondi e altre civiltà senza aver esplorato il proprio labirinto di passaggi oscuri e camere segrete, e senza trovare cosa si cela dietro le porte che lui stesso ha sigillato. Stanisław Lem