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Luigi Ontani
Il diletto dell'arte
Luigi Ontani è protagonista di molte delle sue opere, nel senso che gli è sempre piaciuto rappresentarsi in vesti altrui. All’inizio degli anni 70’ le “vesti” non erano sempre presenti, come nella serie fotografica Le prigioni, gigantografie a grandezza naturale, colorate a mano, dove è completamente nudo. Pioniere italiano non solo per le sue gigantografie a cui infonde una vena narrativa, ma anche per le sue opere in video e le sue performances, che partono dalla fine degli anni 60. Nel corso degli anni, Ontani ha interpretato in prima persona tutti gli dei dell’Olimpo, vari santi di provenienza indiana o semplicemente immaginati, immedesimandosi persino in Cristo con una corona di spine.Da ragazzino io avevo dei miraggi. Non avevo delle ambizioni, avevo solo voglia di vivere una storia dell’arte proprio per diletto.
Luigi Ontani
L’antica divinità di Giano, solitamente raffigurato con due volti, perché in grado di vedere il passato e il futuro, è particolarmente cara a Luigi Ontani, il quale ha realizzato numerose versioni di questo dio pagano partendo come sempre dal proprio volto.Io mi sono nutrito di memoria, della storia, dell’allegoria quindi di archeologia, all’antico al moderno per essere poi eventualmente, spero, per eccezione contemporaneo. Quindi l’attualità mi crea a volte delle piccole insofferenze, non userei il termine nausea.
Luigi Ontani
Ispiratosi al dio Ermete ha creato le Erme, sculture in ceramica, consistenti in basi a forma di pilastro rettangolare sormontati da un volto che, ovviamente, è modellato dal viso dell’artista, che cambia caratteristica in ogni erma. Non solo i miti, ma anche la storia dell’arte e della letteratura illuminano la vena creativa di Ontani, che si trasforma di volta in volta come un camaleonte, senza avere di quest’ultimo la finalità mimetica, ma ribadendo sempre la propria presenza in un costante riflesso narcisistico. Perché Ontani intende letteralmente “impersonare” l’opera d’arte con la sua immagine nei suoi lavori e persino nella vita. La sua presenza spicca infatti grazie ai suoi abiti sofisticati in foggia orientale e di seta indiana in varianti infinite di colori, pur vestendo sempre in monocromia dalla testa ai piedi, comprese le bizzarre calzature. Spesso anche i titoli inventati per le sue opere e le sue mostre sono elementi di ironia e diletto di per sé: Ontani gioca con l’uso e la composizione delle parole, inventando neologismi, scambiando le minuscole e maiuscole e confondendo le gerarchie. Difatti l’ultima mostra romana, tenutasi nel 2017 all’Accademia di San Luca di Roma, l’ha intitolata SanLuCastoMalinIconicoAttoniTonicoEstaEstE'ticoMi sono compiaciuto di alterità, tutte le dualità, le trinità, le trilogie, il doppio, ho cercato di esprimerlo sotto il segno del simulacro (…) un viaggio d’identità conservando la mia fisonomia, giocando su degli elementi simbolici, elementari minimi e trasformando e dedicando all’altrui identità una mitologia appunto di tempo infinito, eventualmente rifinito e definito secondo anche degli elementi di semplicità. E ho proiettato le mie fantasie proprio per non vivere un elemento di condizionamento della quotidianità.
Luigi Ontani