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Banksy

A visual protest. Una mostra a Milano

 Al Mudec di Milano fino al 14 aprile 2019 è in corso la mostra A Visual Protest. The art of Banksy, l'artista avvolto in un’alone di mistero che, per scelta  e per necessità, si autoalimenta  e definisce i tratti di un mito dei nostri tempi. La sua protesta visiva coinvolge un vastissimo ed eterogeneo pubblico e ne fa uno degli artisti più conosciuti e amati dalle giovani generazioni. Queste non si interrogano troppo, come del resto l’ artista stesso, su questioni quali complessità del linguaggio o implicazioni più o meno alte rispetto al dibattito artistico contemporaneo. A loro, e a lui, interessa la vita.
Come ha spiegato Shepard Fairey:

“Le sue opere sono piene di immagini metaforiche che trascendono le barriere linguistiche. Le immagini sono divertenti e brillanti, eppure talmente semplici e accessibili: anche se i bambini di sei anni non hanno la minima idea di che cosa sia un conflitto culturale, non avranno alcun problema a riconoscere che c’è qualcosa che non quadra quando vedono Monna Lisa che impugna un lanciafiamme.”  
Shepard Fairey 

Ma a fronte di questa empatia tra Banksy e un pubblico giovane e generalizzato, qual è la tendenza della critica e del mercato, fattore oggi più che mai determinante per l’arte contemporanea, nei confronti dell’artista inglese? La prima è divisa: tra favorevoli e contrari la maggior parte sembra essere in attesa di comprendere meglio quale possa essere la sua collocazione nella storiografia dell’arte. Reiterando le sue dichiarazioni d’amore per i graffiti, Banksy ha scritto delle parole che spesso vanno oltre una valutazione estetica (non sarebbe da lui) o un programma d’intenti, ma in cui si legge una presa di posizione decisa contro il sistema dell’arte contemporanea.

Il mercato d’altro lato reagisce naturalmente in modo rapace e i lavori di Banksy cominciano a interessare i grandi mercanti e a entrare nelle case di collezionisti importanti e di tendenza. Se l’artista sembra voler continuare a resistere al virus dell’omologazione capitalista dell’arte, il valore delle sue opere è in crescita esponenziale costante, creando un corto circuito ulteriore intorno a Banksy, che si aggiunge a quelli che già avvolgono la sua figura quasi leggendaria. 

Il curatore della mostra Gianni Mercurio 

L’estetica di Banksy risente della grafica delle fanzine e dei manifesti di concerti punk e hardcore, fatta di cut-up violenti, collage e associazioni incongrue, tutti veicolati attraverso un bianco e nero che, nato per esigenza ed economia di stampa, si fa cifra stilistica inconfondibile. Per il linguaggio semplificato degli stencil di Banksy l’estetica punk ha agito come bacino espressivo a cui attingere. L’urgenza comunicativa così espressa, in cui la forma è volutamente lasciata grezza e spigolosa in funzione di una comunicazione più diretta e priva di fronzoli, la ritroviamo nei lavori più politicizzati di Banksy, affiancata dall’esigenza di sovvertire le convenzioni sociali e il formalismo della cultura della middle class britannica    
Gianni Mercurio

Questa mostra è l’occasione di una riflessione critica su quale sia (e quale potrà essere) la collocazione di Banksy in un contesto più generale della storia dell’arte.  Attraverso 80 lavori (dipinti, sculture, prints) oltre a oggetti, fotografie e video, si illustrerà il lavoro dell’artista con uno sguardo retrospettivo, fornendo ai visitatori le chiavi di lettura dell’opera di Banksy attraverso un percorso a suo modo accademico e insolito, per la prima volta in un museo.