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Philippe Daverio racconta il Museo Napoleonico di Roma

Glorie e fasti di un'Urbe imperiale

ll Museo Napoleonico conserva la raccolta di opere e di cimeli donati alla città di Roma dal conte Giuseppe Primoli (1851-1927), nipote dell’Imperatore, raffinato collezionista e appassionato bibliofilo, custoditi negli ambienti al pianterreno del suo palazzo: un racconto privato della storia dei Bonaparte che documenta gli intensi rapporti che legarono la famiglia imperiale a Roma. 

Il primo membro della famiglia a stabilirsi nell'Urbe fu Giuseppe, sceso in qualità di ambasciatore in Italia nel 1797, ma  Il vero iniziatore del “ramo romano” dei Bonaparte, da cui discende il conte Primoli, fu il fratello “ribelle” dell’imperatore, Luciano che nel 1804, in aperto dissidio con Napoleone, si trasferì a Roma.

Si apre l'età dei fasti del Primo Impero (1804-1814) documentata nel museo dalle grandi tele che ritraggono in pose auliche e convenzionali numerosi esponenti della famiglia imperiale, tra i quali Madame Mère, Giuseppe, Girolamo, Luigi, Elisa, Carolina, Paolina, i fratelli e le sorelle di Napoleone.


A questa ritrattistica ufficiale, promossa da Napoleone dopo la sua consacrazione ad imperatore, si affianca la ritrattistica privata che, attraverso le cere di Giambattista Santarelli, le miniature su smalto, i cammei di Nicolò Morelli, le tabacchiere, permette una lettura più intima della storia della famiglia Bonaparte e costituisce un esempio del grado di raffinatezza raggiunto dalle arti applicate sotto il Primo Impero.

Il museo conserva anche i progetti monumentali che, nel segno del recupero dell’antico, avrebbero dovuto caratterizzare la nuova Roma imperiale: statue, archi di trionfo, ponti, cimiteri extra-urbani e scavi archeologici.

Occupata, nel 1808 dall’esercito francese e annessa e dichiarata, dopo Parigi, seconda città dell’Impero napoleonico, Roma si preparò, infatti, ad accogliere Napoleone. Al figlio dell’imperatore fu dato il titolo di Re di Roma, il papa fu fatto prigioniero ed esiliato, il Quirinale trasformato. Per cinque anni Roma rimase in attesa di un Imperatore che non arrivò mai e si intrapresero progetti di rinnovamento urbanistico di ampie zone della città (passeggiate del Pincio, del Campidoglio e dell’area Flaminia – la “Villa Napoleone” –sistemazione degli argini del Tevere), che videro coinvolti architetti romani come Camporese, Valadier e Stern, e francesi come Berthault e Gisors.

Roma, la città che Napoleone aveva vagheggiato come coronamento del suo sogno imperiale considerandola seconda solo a Parigi e che, peraltro, mai riuscì a vedere, rappresentò, invece, per molti membri della famiglia Bonaparte il luogo dove si consumò il tempo dell’ombra e della diaspora, definitivamente chiuso, con la sconfitta di Waterloo, il tempo della gloria e dei fasti imperiali.
Maria Elisa Tittoni


Nel Museo il racconto della  dinastia Bonaparte si inoltra fino all'età del Secondo Impero (1852-1870), il periodo della storia francese dominato dalla figura di Napoleone III e contraddistinto da un grande fermento produttivo ed artistico all’ombra del rassicurante motto “L’Empire c’est la Paix”.