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Piranesi e le Antichità romane
Philippe Daverio ci conduce all'interno dell'Accademia dei Lincei di Roma, alla scoperta di un raro volume di Giovanni Battista Piranesi, dedicato alle Antichità romane e pubblicato nel 1784. La vicenda del libro documentata da lettere in parte autografe dello stesso Piranesi, è curiosa e riguarda un tema importantissimo per il neoclassicismo, quello della libertà dell'artista dalle imposizioni della committenza.
Il volume, nella sua prima ideazione, avrebbe dovuto far parte di un progetto più ampio da intitolarsi Monumenta sepulcralia antiqua ed era stato commissionato nel 1751 dal nobile irlandese James Caulfeild, primo conte di Charlemont, il quale, nonostante le ripetute richieste di Piranesi, non aveva rispettato gli accordi relativi al finanziamento dell'opera.
Pubblicata nel 1756 con il titolo Le antichità romane, in quattro volumi e duecentocinquantadue tavole, l'edizione romana non presentava più nel frontespizio l'iniziale dedica al mecenate irlandese, rimossa dall'artista e sostituita con un generico omaggio alla città di Roma. A memoria dell'irrispettoso comportamento del committente, l'artista accluse le lettere inviate a Charlemont, poi ripubblicate, con corredo di vignette irriverenti e satiriche.
Il volume conservato all'Accademia dei Lincei, è arricchito dalla dedica manoscritta di Piranesi al conte Giacomo Canova, che diventerà il nuovo dedicatario delle Antichità.
La vicenda Charlemont suscitò scandalo, ebbe conseguenze legali e consentì a Piranesi un'importante riflessione relativa al ruolo sociale dell'artista e al rapporto con i mecenati dell'arte, alla necessità di creare le opere per un mercato libero dai condizionamenti della committenza aristocratica, avviando un processo che avrebbe raggiunto piena maturazione nel secolo successivo.
Il volume, nella sua prima ideazione, avrebbe dovuto far parte di un progetto più ampio da intitolarsi Monumenta sepulcralia antiqua ed era stato commissionato nel 1751 dal nobile irlandese James Caulfeild, primo conte di Charlemont, il quale, nonostante le ripetute richieste di Piranesi, non aveva rispettato gli accordi relativi al finanziamento dell'opera.
Pubblicata nel 1756 con il titolo Le antichità romane, in quattro volumi e duecentocinquantadue tavole, l'edizione romana non presentava più nel frontespizio l'iniziale dedica al mecenate irlandese, rimossa dall'artista e sostituita con un generico omaggio alla città di Roma. A memoria dell'irrispettoso comportamento del committente, l'artista accluse le lettere inviate a Charlemont, poi ripubblicate, con corredo di vignette irriverenti e satiriche.
Il volume conservato all'Accademia dei Lincei, è arricchito dalla dedica manoscritta di Piranesi al conte Giacomo Canova, che diventerà il nuovo dedicatario delle Antichità.
La vicenda Charlemont suscitò scandalo, ebbe conseguenze legali e consentì a Piranesi un'importante riflessione relativa al ruolo sociale dell'artista e al rapporto con i mecenati dell'arte, alla necessità di creare le opere per un mercato libero dai condizionamenti della committenza aristocratica, avviando un processo che avrebbe raggiunto piena maturazione nel secolo successivo.