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Enzo di Martino presenta le tecniche della Calcografia
Terza parte
Enzo Di Martino (1938), critico d'arte riconosciuto per essere uno dei maggiori esperti di grafica d'arte, racconta le diverse tecniche della calcografia nelle sue fasi esecutive.
Il filmato, estratto da un documentario storico, prodotto dalla sede Rai veneta (La storia e i procedimenti della grafica d'arte, a cura di Enzo di Martino, regia Maria Maschietto, 1982), fu girato all'interno dei laboratori di un'istituzione emblematica per la stampa d'arte, il Centro Internazionale della Grafica di Venezia, fondato nel lontano 1962, da Di Martino stesso e altri giovani intellettuali.
La calcografia o stampa calcografica è un sistema di stampa con lastra di rame o zinco; per il fatto che ad essere riprodotto è il segno inciso, la calcografia è un metodo detto indiretto (o inverso), rispetto alla tecnica xilografica (Enzo di Martino presenta la tecnica della Xilografia).
Appartengono alla calcografia diverse tecniche di stampa: l'acquaforte, l'acquatinta, la mezzatinta e la puntasecca. La differenza fra queste, sta nella preparazione e nell'uso della matrice.
L'acquaforte utilizza una matrice di zinco o di rame, perfettamente levigata e pulita da eventuali residui di grasso. Questa, viene ricoperta con una vernice grassa o cera per acquaforte e quando è asciutta, si esegue il disegno con delle punte dure di acciaio, più o meno spesse, che intaccando e rimuovono la vernice. Le rimanenti parti scoperte, vengono poi protette, nei margini e nella parte posteriore, con una vernice inattaccabile dagli acidi. A questo punto, inizia la fase della morsura, ossia dell'incisione attraverso l'immersione della lastra in acido nitrico (anticamente chiamato acquaforte) o percloruro di ferro. L'acido nitrico, è più indicato per la lavorazione su lastre di zinco, mentre il percloruro è consigliato per quelle di rame e ottone, tuttavia la scelta dell'acido dipende dagli effetti che si vogliono ottenere. L'acido corrode, il metallo solo nelle zone in cui manca la vernice, mentre il resto della lastra rimane intatto. Questa fase può essere eseguita anche a più riprese, scoprendo man mano le parti da incidere, in modo da ottenere solchi più o meno profondi.
Dopo la morsura, si rimuove la vernice rimasta sulla lastra con acquaragia e si procede all'inchiostratura e alla pulizia dei residui sul bordo della matrice. In questo modo, si rimuove l'inchiostro superficiale, ma non quello depositato negli incavi ottenuti dalla corrosione dell'acido.
L'acquatinta è una tecnica variante dell'acquaforte, ma più complessa. Essa è caratterizzata da una minuta puntinatura della superficie della lastra, che consente di ottenere effetti di dispersione d'inchiostro che, in fase di stampa, restituiscono una serie di toni sfumati.
I segni meno nitidi rispetto a l'acquaforte, simili all'acquerello, sono ottenuti in diversi modi. Il primo, è quello di cospargere in modo uniforme la lastra con polvere di bitume e riscaldarla per farla cristallizzare. La lastra, viene poi protetta con vernice antiacido nella parte posteriore, ai lati e nelle parti che si vogliono bianche. L'acido entra in tutti gli interstizi dei vari granelli arrivando ad aggredire il metallo in maniera particolare e producendo una superficie spugnosa.
La lastra viene poi lavata, per passare alla fase del disegno e alla mascheratura con vernice delle parti che si vogliono lasciare più chiare.
William Say, Ritratto di Mr Purkis, Professore di Musica, 1811, da un ritratto ad olio di J. Vaughan, mezzatinta © Foto di Hulton Archive / Getty Images
La mezzatinta, è un metodo di incisione per stampa in chiaro scuro, conosciuto anche come maniera nera o stampa a fumo, usato soprattutto tra Sette e Ottocento.
Questa tecnica si realizza con l'uso di uno strumento, il pettine, idoneo a produrre sulla lastra di rame tratti sottilissimi, che consentono una varietà di toni simili a quelli del chiaroscuro in pittura. I graffi del pettine devono essere eseguiti in tutte le direzioni in modo da risultare uniformi.
La lastra di metallo, normalmente rame, lavorata a graffio diventa ruvida ed è necessario raschiare via le barbe, rialzate dall’uso del pettine, che possono essere eliminate del tutto, o leggermente solo in alcune parti e in modo più o meno intenso, a seconda degli effetti desiderati. Fatto questo si può procedere con il disegno.
Si passa quindi alla fase di inchiostratura e pulitura della lastra. A seconda della ruvidità di questa, l’inchiostro viene trattenuto in maniera diversa. Dove le barbe sono state asportate, la superficie è liscia e l’inchiostro non viene trattenuto, quindi in fase di stampa risulta chiaro. Ma se le barbe non sono state eliminate, si deposita molto inchiostro e allora si avrà un colore intenso.
Come avviene per la puntasecca, i graffi della lastra poco profondi e le conseguenti barbe, in fase di stampa vengono compresse, quindi la matrice subisce un degrado man mano che si utilizza. Le copie stampate, subiscono leggeri cambiamenti e perdono progressivamente qualità chiaroscurale.
La puntasecca è una tecnica di incisione che incide direttamente il metallo, senza uso di acidi, su matrici di rame o zinco. Il nome deriva dall'utensile usato per incidere la matrice, una sorta di matita con una punta di metallo molto dura, affilata, sottile e tagliente. Esistono diversi tipi di punte, possono essere affusolate ad ago o sfaccettate e di spessore variabile. Le migliori sono le punte di diamante.
La pressione che si esercita sulla punta, determina la profondità e la larghezza del solco che, in fase di stampa, darà un segno più o meno intenso. La matita può essere usata per graffiare, rigare o raspare la lastra. Durante l'operazione, vengono sollevati dalla matrice dei filamenti di metallo, le così dette barbe che, al contrario di quanto avviene nella mezzatrinta, non vengono tolte. Al momento dell'inchiostrazione infatti, esse trattengono l'inchiostro e conferiscono al segno un aspetto vellutato caratteristico.
La pressione esercitata in fase di stampa però, distrugge rapidamente le barbe e di conseguenza, questa tecnica può essere usata solo per tirature di stampa limitate.
In tempi moderni, gli artisti hanno usato anche la lastra di plexiglass, molto più facile da incidere ed essendo trasparente, anche più agevole nel controllo del risultato finale, per cui non richiede stampe di prova.
Il filmato, estratto da un documentario storico, prodotto dalla sede Rai veneta (La storia e i procedimenti della grafica d'arte, a cura di Enzo di Martino, regia Maria Maschietto, 1982), fu girato all'interno dei laboratori di un'istituzione emblematica per la stampa d'arte, il Centro Internazionale della Grafica di Venezia, fondato nel lontano 1962, da Di Martino stesso e altri giovani intellettuali.
Le prime notizie sulla stampa calcografica, risalgono all'inizio del XV secolo, quando in Germania la tecnica era sperimentata da orafi e armaioli. Nella Firenze di metà Quattrocento, Vasari attribuiva all'orafo Maso Finiguerra l'utilizzo del procedimento (Enzo di Martino racconta la storia della Grafica d'Arte).Il Centro Internazionale della Grafica di Venezia, nasceva per rianimare l'illustre tradizione veneziana della stampa e diffondere il sapere ancora esclusivo sulla grafica d'arte, in un'epoca nella quale la cultura pop esaltava il fattore tecnico riproduttivo del prodotto artistico
La calcografia o stampa calcografica è un sistema di stampa con lastra di rame o zinco; per il fatto che ad essere riprodotto è il segno inciso, la calcografia è un metodo detto indiretto (o inverso), rispetto alla tecnica xilografica (Enzo di Martino presenta la tecnica della Xilografia).
Appartengono alla calcografia diverse tecniche di stampa: l'acquaforte, l'acquatinta, la mezzatinta e la puntasecca. La differenza fra queste, sta nella preparazione e nell'uso della matrice.
L'acquaforte utilizza una matrice di zinco o di rame, perfettamente levigata e pulita da eventuali residui di grasso. Questa, viene ricoperta con una vernice grassa o cera per acquaforte e quando è asciutta, si esegue il disegno con delle punte dure di acciaio, più o meno spesse, che intaccando e rimuovono la vernice. Le rimanenti parti scoperte, vengono poi protette, nei margini e nella parte posteriore, con una vernice inattaccabile dagli acidi. A questo punto, inizia la fase della morsura, ossia dell'incisione attraverso l'immersione della lastra in acido nitrico (anticamente chiamato acquaforte) o percloruro di ferro. L'acido nitrico, è più indicato per la lavorazione su lastre di zinco, mentre il percloruro è consigliato per quelle di rame e ottone, tuttavia la scelta dell'acido dipende dagli effetti che si vogliono ottenere. L'acido corrode, il metallo solo nelle zone in cui manca la vernice, mentre il resto della lastra rimane intatto. Questa fase può essere eseguita anche a più riprese, scoprendo man mano le parti da incidere, in modo da ottenere solchi più o meno profondi.
Dopo la morsura, si rimuove la vernice rimasta sulla lastra con acquaragia e si procede all'inchiostratura e alla pulizia dei residui sul bordo della matrice. In questo modo, si rimuove l'inchiostro superficiale, ma non quello depositato negli incavi ottenuti dalla corrosione dell'acido.
L'acquatinta è una tecnica variante dell'acquaforte, ma più complessa. Essa è caratterizzata da una minuta puntinatura della superficie della lastra, che consente di ottenere effetti di dispersione d'inchiostro che, in fase di stampa, restituiscono una serie di toni sfumati.
I segni meno nitidi rispetto a l'acquaforte, simili all'acquerello, sono ottenuti in diversi modi. Il primo, è quello di cospargere in modo uniforme la lastra con polvere di bitume e riscaldarla per farla cristallizzare. La lastra, viene poi protetta con vernice antiacido nella parte posteriore, ai lati e nelle parti che si vogliono bianche. L'acido entra in tutti gli interstizi dei vari granelli arrivando ad aggredire il metallo in maniera particolare e producendo una superficie spugnosa.
La lastra viene poi lavata, per passare alla fase del disegno e alla mascheratura con vernice delle parti che si vogliono lasciare più chiare.
William Say, Ritratto di Mr Purkis, Professore di Musica, 1811, da un ritratto ad olio di J. Vaughan, mezzatinta © Foto di Hulton Archive / Getty Images
La mezzatinta, è un metodo di incisione per stampa in chiaro scuro, conosciuto anche come maniera nera o stampa a fumo, usato soprattutto tra Sette e Ottocento.
Questa tecnica si realizza con l'uso di uno strumento, il pettine, idoneo a produrre sulla lastra di rame tratti sottilissimi, che consentono una varietà di toni simili a quelli del chiaroscuro in pittura. I graffi del pettine devono essere eseguiti in tutte le direzioni in modo da risultare uniformi.
La lastra di metallo, normalmente rame, lavorata a graffio diventa ruvida ed è necessario raschiare via le barbe, rialzate dall’uso del pettine, che possono essere eliminate del tutto, o leggermente solo in alcune parti e in modo più o meno intenso, a seconda degli effetti desiderati. Fatto questo si può procedere con il disegno.
Si passa quindi alla fase di inchiostratura e pulitura della lastra. A seconda della ruvidità di questa, l’inchiostro viene trattenuto in maniera diversa. Dove le barbe sono state asportate, la superficie è liscia e l’inchiostro non viene trattenuto, quindi in fase di stampa risulta chiaro. Ma se le barbe non sono state eliminate, si deposita molto inchiostro e allora si avrà un colore intenso.
Come avviene per la puntasecca, i graffi della lastra poco profondi e le conseguenti barbe, in fase di stampa vengono compresse, quindi la matrice subisce un degrado man mano che si utilizza. Le copie stampate, subiscono leggeri cambiamenti e perdono progressivamente qualità chiaroscurale.
La puntasecca è una tecnica di incisione che incide direttamente il metallo, senza uso di acidi, su matrici di rame o zinco. Il nome deriva dall'utensile usato per incidere la matrice, una sorta di matita con una punta di metallo molto dura, affilata, sottile e tagliente. Esistono diversi tipi di punte, possono essere affusolate ad ago o sfaccettate e di spessore variabile. Le migliori sono le punte di diamante.
La pressione che si esercita sulla punta, determina la profondità e la larghezza del solco che, in fase di stampa, darà un segno più o meno intenso. La matita può essere usata per graffiare, rigare o raspare la lastra. Durante l'operazione, vengono sollevati dalla matrice dei filamenti di metallo, le così dette barbe che, al contrario di quanto avviene nella mezzatrinta, non vengono tolte. Al momento dell'inchiostrazione infatti, esse trattengono l'inchiostro e conferiscono al segno un aspetto vellutato caratteristico.
La pressione esercitata in fase di stampa però, distrugge rapidamente le barbe e di conseguenza, questa tecnica può essere usata solo per tirature di stampa limitate.
In tempi moderni, gli artisti hanno usato anche la lastra di plexiglass, molto più facile da incidere ed essendo trasparente, anche più agevole nel controllo del risultato finale, per cui non richiede stampe di prova.