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Il mondo fluttuante. Ukiyoe

Visioni dal Giappone al Museo di Roma a Palazzo Braschi

Il mondo fluttuante. UKIYOE. Visioni dal Giappone presenta, al Museo di Roma a Palazzo Braschi, centocinquanta capolavori dell’arte giapponese di epoca Edo, tra il Seicento e l’Ottocento, focalizzandosi su quello che è stato il filone artistico più innovativo del tempo e internazionalmente ancora oggi influente: l’ukiyoe. Letteralmente traducibile come “immagini del mondo fluttuante”, si tratta di un genere pittorico nato in epoca Edo (1603-1868) che include rotoli da appendere e da srotolare tra le mani, ma anche paraventi di grande formato, dipinti a pennello su seta o carta, oltre a stampe realizzate in policromia con matrice in legno su carta.
Quello che si ricava dalla mostra è una panoramica dei circa duecentocinquant’anni sotto il governo militare dei Tokugawa, un lungo periodo di pace segnato da grandi cambiamenti sociali, economici ed artistici che si chiuse con la riapertura forzata del Paese agli scambi con le potenze occidentali a partire dalla metà dell’Ottocento e la Restaurazione Meiji che riportò al centro del potere l’Imperatore.

Un genere pittorico che ha attraversato i secoli, rappresentando un punto di svolta nella storia dell’arte giapponese e influenzando non solo la cultura nipponica ma quella di tutto il mondo. Un'eredità formale  raccolta, infatti, da numerosi artisti occidentali, da Van Gogh a Monet, fino agli odierni manga, diventando un ponte culturale tra Oriente e Occidente.

 In mostra sono rappresentati i più importanti maestri dell’ukiyoe, oltre trenta artisti, a partire dalle prime scuole Seicentesche come la Torii fino ai nomi più noti di Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai, Tōshusai Sharaku, Keisai Eisen e alla grande scuola Utagawa con Toyokuni, Toyoharu, Hiroshige, Kuniyoshi, Kunisada che rappresentò l’apice e forse anche il dissolvimento del genere quando i tempi stavano ormai cambiando.
La tecnica dell’ukiyoe, importata dalla Cina, implementò la diffusione di immagini e libri permettendo una produzione in serie grazie anche al talento degli artisti ingaggiati. La produzione di stampe, infatti, rappresentò un vero e proprio mercato, tantissimi furono gli artisti e i professionisti, tra pittori, intagliatori, stampatori, calligrafi, che lavoravano in atelier sotto la direzione di un editore il quale sosteneva economicamente il progetto, sceglieva artisti e soggetti, e immetteva le opere sul mercato.
La grande novità che l’ukiyoe convogliava erano i soggetti, completamente diversi dalla grande pittura parietale aristocratica al servizio dei potenti e dalle scuole classiche di Kyoto. A Edo a dettare gusti e le mode era la classe cittadina emergente, composta soprattutto di mercanti arricchiti che, pur non avendo potere politico, cominciarono a permettersi il godimento del lusso e di intrattenimenti di ogni genere.

Ukiyo, che fino ad allora era stato inteso nel senso di attaccamento all’illusorio mondo terreno da cui rifuggire, secondo l’insegnamento buddhista, ora prendeva un senso opposto di godimento dell’attimo fugace e di tutto ciò che era alla moda.


Kikugawa Eizan: Raccolta moderna di bambini come tesori, 1809, Silografia policroma 26,3 x 38,6 cm ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

In questo senso l’ukiyoe è una testimonianza diretta della società giapponese del tempo, degli usi e dei costumi, delle mode da indossare, dei luoghi naturali e delle vedute urbane più ricercate. Dalle immagini del teatro kabuki con i volti degli attori più affermati fino ai quartieri di piacere ravvivati dalla bellezza di cortigiane e geisha altrettanto note, agli spettacoli di danza, musica e di intrattenimenti con ogni forma d’arte.
L’ukiyoe, tuttavia, dietro al racconto di nuove mode e stili di vita, lascia trasparire anche una raffinatezza culturale testimoniata dalla diffusione delle arti intese come discipline formative dell’individuo colto, talvolta utilizzate come espediente per aggirare la censura del governo che vietava soggetti legati a cortigiane e attori, nascosti da artisti ed editori sotto velati insegnamenti morali e moralistici.

Spiega Rossella Menegazzo, curatrice della mostra: “L’ukiyoe, oggi conosciuto in tutto il mondo come il filone artistico giapponese preminente per la forte influenza che ha avuto sull’arte europea dell’Otto e del Novecento, in realtà rappresentò per l’epoca anche un nuovo mezzo di divulgazione - attraverso le immagini e i libri illustrati - di valori culturali nuovi che si andavano imponendo. Le opere in mostra ci raccontano quanto quella di Edo fosse una società alfabetizzata ma ci raccontano anche l’apertura del Giappone all’Occidente e i rapporti speciali che il paese ebbe con il Regno d’Italia, poiché tutti i pezzi esposti provengono dalle collezioni di artisti o diplomatici italiani, i primi viaggiatori e residenti in Giappone nella seconda metà dell’Ottocento”.


Utagawa Hiroshige: Awa I gorghi di Naruto (dettaglio) dalla serie Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province, 1855, Silografia policroma 35,5 x 23,5 cm ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

L’esposizione, realizzata con la collaborazione del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e il Museo delle Civiltà di Roma, si snoda attraverso sette sezioni alla scoperta di aspetti molteplici del lungo periodo Edo: culturali, estetici, artistici. sociali, politici ed economici.
Il percorso prende avvio mostrando come la rappresentazione della bellezza femminile (bijin), soggetto centrale dell’ukiyoe ed interpretato ad altissimi livelli formali da artisti come Utagawa Toyoharu e Kitagawa Utamaro, sia diventata veicolo di diffusione non solo di mode e valori nuovi, ma anche di concetti educativi e morali. Tra le sezioni, anche un approfondimento sulle arti performative, da una parte la danza, quella ufficiale eseguita sul palcoscenico sulla scia del successo del kabuki (buyō) e quella popolare dall’altra il teatro kabuki, nato proprio nel Seicento, le cui locandine contribuirono ai primi sviluppi dell’ukiyoe. La ritrattistica di attori divenne uno dei filoni più richiesti e attraverso le loro figure si diffusero mode e tendenze: artisti come Tōshūsai Sharaku diventarono maestri in quest’ambito. 

Particolarmente importante nell’ukiyoe è la rappresentazione di località celebri dentro la città e di vedute naturali e architettoniche di tutte le province del Giappone. Le ultime due sezioni rappresentano un viaggio lungo il Giappone partendo da Edo e dai suoi scorci, per intraprendere un tragitto fino alla capitale imperiale di Kyoto. Il percorso espositivo, dunque, lascia percepire quello che era il viaggio attraverso le montagne lungo il Kisokaidō e lungo il mare sul Tōkaidō, per chi si spostava dalle province a Edo, con scenari naturali e vedute del Fuji da diverse angolazioni, più o meno note, del territorio giapponese. È a questa sezione che appartengono i capolavori come la Grande Onda di Kanagawa parte delle Trentasei vedute del Monte Fuji di Katsushika Hokusai, e i tre trittici di Utagawa Hiroshige dedicati ai Tre Bianchi quello della neve, quello della luna e quello dei fiori di ciliegio qui sostituito dalla schiuma delle onde, con le località di Kiso, Kanazawa e Naruto.

Foto di copertinaKatsushika Hokusai, Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla sponda del pontile di Honmaya, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji 1830-1831 ca. Silografia policroma ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Il mondo fluttuante. UKIYOE. Visioni dal Giappone

Museo di Roma a Palazzo Braschi, 20 febbraio – 23 giugno 2024