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I candidati a Miglior Film: "Il sol dell'avvenire" di Nanni Moretti

Il metacinema, da Fellini a Nanni Moretti

Ogni film di Nanni Moretti genera attese e aspettative, è inevitabile: dopotutto il regista romano si è distinto, sin dai suoi esordi, per uno stile personalissimo, audace, non replicabile e particolarmente cinefilo. Non poteva che essere così anche per Il sol dell’avvenire, il suo nuovo lavoro, che è stato presentato in Concorso al Festival di Cannes ed è in lizza per sei Nastri d’Argento, tra cui quello per il Miglior Film.

Anche in questo caso – come già successo con altri film di Moretti, su tutti Sogni d’oro e Il Caimano – ci troviamo davanti a un metafilm, cioè un film che parla della realizzazione di un film. Un regista di nome Giovanni (proprio come Moretti) sta preparando un film ambientato nel quartiere romano del Quarticciolo, negli anni ’50. Qui arriva un circo ungherese, proprio mentre la Russia invade l’Ungheria, creando grattacapi e divisioni all’interno del Partito Comunista Italiano, incerto se dimostrare fedeltà al Paese simbolo del Comunismo o condannare un palese e ingiustificato atto di guerra.

Mentre il film-nel-film si evolve, cambia, muta, in base anche agli umori del suo regista-Demiurgo, attorno c’è la vita di chi il film lo fa, e delle persone che gli stanno intorno. 

Vita e cinema si confondono, dando modo a Moretti di fare una riflessione su entrambe, e su come siano capaci di intrecciarsi, al punto da non saper più riconoscere dove inizia una e dove finisce l’altra.

Queste, dopotutto, sono le tematiche per eccellenza del metacinema, uno stile narrativo (se sia un vero e proprio genere cinematografico è materia di dibattito) che usa i film per raccontare la vita, e la vita per raccontare i film. Gli esempi di metacinema, specie nel cinema d’autore, sono molti: tra i più noti ci sono Effetto notte di François Truffaut, Il disprezzo di Jean-Luc Godard (il metacinema andava forte tra i registi della Nouvelle Vague) e 8 e ½ di Federico Fellini. E quest’ultimo capolavoro del regista riminese, in particolare, viene omaggiato da Nanni Moretti nel finale de Il sol dell’avvenire.

8 e ½ si conclude con la rinuncia di un regista a girare il suo film. Rinuncia che però corrisponde a un’accettazione, all’affermazione di una volontà: quella di abbracciare la vita e le persone/personaggi che la popolano. “È una festa la vita, viviamola insieme”, conclude con un improvviso lampo di speranza Marcello Mastroianni. E parte, all’ombra di un gasometro, un carosello di tutte le creature che hanno popolato la vita reale e la fantasia del regista, in un abbraccio universale in cui si dissolve ogni differenza tra persone e personaggi. 

Evitiamo gli spoiler, e – in caso non abbiate ancora visto il film – non riveliamo in che modo Moretti omaggi e reinterpreti Fellini. In compenso vi proponiamo questo bellissimo filmato dalle Teche Rai: una lunga intervista di Sergio Zavoli a Fellini e molti dei suoi conoscenti e collaboratori, andata in onda nel 1964, proprio l’anno dopo l’uscita di 8 e ½.