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Pupi Avati fuori dal cinema italiano
Un libro di Massimiliano Perotta
Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell'ultimo mezzo secolo lo hanno dominato: non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell'Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. Eppure pochi registi italiani sono autori quanto lui, ogni suo film - riuscito o no che sia - ha una inconfondibile cifra stilistica e una personale chiave di lettura del mondo. Nella sciatteria generalizzata del cinema italiano odierno, suona paradossale che Pupi Avati non venga acclamato come il piccolo grande maestro che è. Con questo libro Massimiliano Perrotta sogna di avviare - a livello artistico, culturale, politico - una revisione critica radicale degli ultimi decenni.
Come diceva Céline, io non sono né di destra né di sinistra, io sono di me stesso. Io non riesco ad essere di nessun altro, condivido opinioni, ma mai tutto e questa è la cosa che mi contraddistingue e nello stesso tempo mi penalizza perché non sono ateo e di sinistra, ma credente e praticante, anzi più praticante che credente.
Pupi Avati
Negli anni Sessanta vivevamo in un’Italia gioiosa e festaiola, poi sono venuti gli anni di piombo e oggi assistiamo quasi all’autodistruzione, c’è quasi il compiacimento che le cose vadano male.
Pupi Avati
La malattia dell’occidente è una malattia dello spirito, iniziata in America prima e arrivata oggi anche qui da noi: le persone io penso che stiano progressivamente e inconsapevolmente impazzendo, la scala dei valori della vita è completamente ribaltata.
Pupi Avati
Ridurre l’arte a scopi politici o sociali, alla sensibilizzazione delle coscienze è una visione secondo me volgare, ma purtroppo è quella che ha trionfato in molta arte ed in molto cinema recenti, quello che conta è la poesia e solo dopo viene il messaggio, le prediche laiche vanno evitate.
Pupi Avati
Nell’epoca violenta e scellerata di Tangentopoli i simpatizzanti della Democrazia Cristiana erano guardati con sospetto alla stregua di complici dei politici mascalzoni che secondo la narrazione ufficiale avevano saccheggiato l’Italia (e invece l’avevano fatta grande).
Massimiliano Perrotta
Pupi Avati (Giuseppe Avati) è un regista e produttore cinematografico, nato a Bologna il 3 novembre 1938. Dopo un primo periodo di attività in cui ha esplorato vari generi senza dimenticare le atmosfere della sua regione, con tocchi a tratti surreali e ironici, a tratti esplicitamente grotteschi, nel suo cinema si è rivelato fondamentale l'elemento autobiografico ed è divenuta prevalente la dimensione del ricordo e del sentimento. Sul piano tematico, risultano costanti il recupero di gesti e atteggiamenti mentali tipici del mondo rurale e pre-industriale e, sotto il profilo della realizzazione, il ricorso ad attori legati ad Avati per formazione o sensibilità (tra gli altri Lino Capolicchio, Gianni Cavina e, più tardi, Carlo Delle Piane, Diego Abatantuono).Dopo aver studiato scienze politiche all'Università di Bologna, Avati svolse lavori diversi sviluppando un grande interesse per la musica jazz. Il suo esordio dietro la macchina da presa risale al 1970 con Balsamus, l'uomo di Satana. Il regista ha poi esplorato un cinema di genere, dall'horror al noir, dalla satira politica al grottesco, per es., con Thomas… gli indemoniati (terminato nel 1970, ma uscito nella sale nel 1983), La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975), Bordella (1976), riuscendo a creare, a volte, atmosfere orrorifiche, cupe e claustrofobiche come nel caso di La casa dalle finestre che ridono (1976) e Tutti defunti... tranne i morti (1977), in cui si ritrovano anche elementi di ironia e di sarcasmo. Nel 1976, con il fratello Antonio e con Gianni Minervini, ha fondato la casa di produzione AMA Film, successivamente sostituita dalla DueA. Fondamentali nella sua evoluzione artistica le due opere realizzate per la televisione, Jazz band (1978) e Cinema!!! (1979), dove è affiorato un più esplicito lato intimista nella rappresentazione di personaggi comuni e dei loro sogni. Nel 1979 ha diretto Le strelle nel fosso, opera originale in bilico tra rievocazioni nostalgiche, mondo reale e suggestioni oniriche, e nel 1981 Aiutami a sognare, anomalo musical ambientato durante la Seconda guerra mondiale, con Mariangela Melato e Anthony Franciosa, in cui il mito americano viene avvolto dalle tonalità tipiche della sua terra natale. Ha quindi esplorato l'universo dei sentimenti in una continua ricerca di emozioni perdute con i film successivi, dalle venature delicate e malinconiche, tra i quali: Una gita scolastica (1983), Noi tre (1984), Impiegati e Festa di laurea, entrambi del 1985, Regalo di Natale (1986), Ultimo minuto (1987), Storia di ragazzi e ragazze (1989). Le strelle nel fosso ha continuato a mantenersi fedele a questa particolare poetica anche con i due film girati negli Stati Uniti: Bix (1991), ritratto sottotono del musicista Leon 'Bix' Beiderbecke e atto d'amore nei confronti del jazz, e Fratelli e sorelle (1992), sui legami familiari. Nei successivi Magnificat (1993) e L'arcano incantatore (1996), ha rievocato un Medioevo religioso, nel primo, e le amate atmosfere gotiche e nere del XVIII secolo, nel secondo, e quindi, dopo una parentesi più intimista (per es., Il testimone dello sposo, 1998), si è immerso nella dimensione magica, storica e avventurosa dell'epopea crociata in I cavalieri che fecero l'impresa (2001).
Massimiliano Perrotta è nato a Catania nel 1974 e vive a Roma. Regista e scrittore, ha pubblicato le raccolte poetiche “Riva occidentale” (Sikeliana, 2017) e “Dopoguerra” (Torri del Vento, 2020); le opere teatrali “Cornelia Battistini o del fighettismo” (La Cantinella, 2006), “Hammamet” (Sikeliana, 2010, Premio Giacomo Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri), “Masino Scacciapensieri” (Torri del Vento, 2019).