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Mario Carparelli. La falsa accusa di plagio contro Vanini

Uno stratagemma per sfuggire alla censura

Mario Carparelli, Vicepresidente del Centro Internazionali di Studi Vaniniani (CISV), intervistato a Napoli, presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in occasione delle celebrazioni del 399esimo anniversario del rogo di Tolosa in cui trovò la morte Giulio Cesare Vanini (Taurisano, Lecce, 1585 - Tolosa 1619) accusato di empietà dall'Inquisizione, parla dell'accusa di plagio, mossa alle opere di Giulio Cesare Vanini da Luigi Corvaglia negli anni '30 del XX secolo, accusa che condannò il grande filosofo salentino a decenni di oblio.
Carparelli dimostra che si trattava in realtà una accusa falsa, di un plagio solo letterale, usato da Vanini come stratagemma per nascondere il suo reale pensiero agli inquisitori.

I meravigliosi segreti della natura regina e dea dei mortali, la sua opera più famosa, l’unica che fu messa all’indice dall’Inquisizione, in un primo momento era passata all'esame della censura, ma il suo grande successo editoriale in Francia insospettì l'Inquisizione, che riesaminò l’opera e condannò Vanini per “ateismo, bestemmia empietà e altri eccessi”, in seguito a un processo definito da Hegel “non chiaro”, e lo condannò a morte.


Mentre veniva condotto dal carcere al rogo Vanini disse ai suoi aguzzini: “Andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofo” .