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Nicoletta Cusano. Niente, Essere, ente
Heidegger nel pensiero di Severino
Nicoletta Cusano, intervistata in occasione del congresso internazionale Heidegger nel pensiero di Severino. Metafisica, Religione, Politica, Economia, Arte, Tecnica, che si è tenuto dal 13 al 15 giugno a Brescia, illustra i punti essenziali della sua relazione, di cui pubblichiamo di seguito il testo dell’abstract.
Questo intervento si rivolge al nucleo teoretico che sta alla base dell’intera riflessione di Martin Heidegger. L'ordine dei termini del titolo - Niente, Essere, ente - indica l’articolazione logico- concettuale di tale nucleo: dalla impensabilità del nihil absolutum Heidegger ricava la necessità di ripensare il Niente fuori dalla “Logica di identità-non contraddizione” (d’ora in poi Logica) e perviene al Niente originario (“ursprüngliches Nichts”) quale Essere che è essenzialmente altro dall’ente. Dal nulla assoluto al Niente cioè all’Essere quale altro dall’ente (Differenza ontologica).
Si consideri più analiticamente la sequenza del ragionamento heideggeriano, premettendo che si traduce il termine Nichts con la parola ‘Niente’ per sfruttare la disponibilità del vocabolo italiano ad esprimere la Differenza ontologica (ni-ente), mentre si traduce con il termine ‘nulla’ ciò che Heidegger a volte chiama «nihil negativum» a volte «etwas Nichtiges» («qualcosa di nullo»).
Il punto di partenza dell’intero ragionamento è l’impensabilità del nulla assoluto: in conformità alla plurimillenaria tradizione filosofica anche Heidegger ritiene che ogni tentativo di pensare il nulla assoluto dia inevitabilmente luogo a «un vuoto gioco di parole («eine leere Spielerei mit Worten»54) che «va contro sé stesso» («sich selbst fortgesetzt ins Gesicht schlägt»55), perché, per dire che il nulla è nulla, finisce col dire ciò che esso «è» e dunque col trattarlo come un essente.
Ricostruendo la genealogia del nulla assoluto, Heidegger mostra che esso è l’esito del «non» e dell’atto del negare ossia deriva da quella Logica che sa solo contrapporre l’«essere» al «non essere» e perciò riesce a pensare il Niente unicamente come «negazione di ogni essente, della totalità dell’essente» («Verneinung von allem Seienden, von Seienden insgesamt»). Poiché stando all’interno della Logica il Niente è sempre e soltanto pensabile come nihil negativum e ciò dà luogo alla contraddittorietà sopra rilevata, per pensare il niente incontraddittoriamente si deve oltrepassare la Logica. Si sottolinei il motivo (cfr. oltre): perché stando in tale Logica ci si contraddice (“si va contro sé stessi”, «sich selbst fortgesetzt ins Gesicht schlägt»).
Uscendo dalla Logica si incontra il Niente originario (ursprüngliches Nichts): “originario” perché antecedente ogni negazione e ogni opposizione; “niente” perché è un “nientificare” che è poi la stessa essenza dell’Essere: «il nientificare nell’essere è quell’essenza che io chiamo Niente» («das Nichtende im Sein ist das Wesen dessen, was ich das Nichts nenne»56). In quanto il nientificare è l’essenza dell’Essere, l’Essere è per essenza il nientificante. In questo senso l’Essere è Ni-ente. Ma cosa nientifica l’Essere?
In Was ist Metaphysik? Heidegger mostra come questo «originario nientificare» sia essenzialmente collegato all’angoscia (Angst) e ne afferma il tratto essenziale: esso è condizione della rivelazione dell’ente. Esplicitando il discorso di Heidegger si può dire che l’Essere-Niente “nientifica” in quanto sottraendo sé stesso rende manifesto l’ente. Esso è dunque la stessa rivelazione dell’ente, la sua manifestazione, il suo apparire. (Qui, per inciso, si può rilevare che in quanto l’Essere-Niente, che è l’apparire dell’ente, è essenzialmente oltre la logica di non contraddizione, l’apparire anche per Heidegger è essenzialmente estraneo all’identità-non contraddizione. Questo è a mio avviso il modo in cui Heidegger prosegue la lezione di Husserl al di là delle differenze tra le due posizioni. Heidegger intende infatti tale ‘apparire’ come Lichtung (radura), Ereignis (evento), Epoché e cooriginarietà di essere e uomo con tutto ciò che questo intreccio concettuale indissolubile porta con sé).
Il nientificare dell’Essere-Niente, che è assolutamente oltre il «non» e la «negazione» e cioè oltre la Logica, è per ciò stesso oltre il sub-jectum e il senso tradizionale-occidentale dell’essere. Nel chiarirlo, Heidegger fa alcune precisazioni decisive: «Il Niente non è mai nulla ed è altrettanto poco qualcosa nel senso di un oggetto; esso è l’essere stesso, dalla cui verità l’uomo è sopraggiunto solo quando si è oltrepassato come soggetto, ciò significa quando non si rappresenta più l’ente come oggetto» («Das Nichts ist niemals Nichts, es ist ebensowenig ein Etwas im Sinne eines Gegenstandes; es ist das Sein selbst, dessen Wahrheit der Mensch dann übereignet wird, wenn er sich als Subjekt überwunden hat, und d. h., wenn er das Seiende nicht mehr als Objekt vorstellt»»57). La verità dell’essere (quale Niente) può «sopraggiungere» solo se ci si porta oltre il sub-jectum di stampo cartesiano, quale rap-presentare («vor-stellen») che riduce l’ente a ob-jectum58, e oltre la concezione del Niente come «assoluta e totale negazione di ogni essente, dell’essente nella sua totalità» («unbedingte und vollständige Verneinung von allem Seienden, von Seienden insgesamt»59).
Sempre per chiarire che il Niente originario non ha nulla a che vedere con il nulla assoluto, in un altro passo Heidegger afferma che «questo Niente, che non è l’ente e che ugualmente si dà, non è nulla di nullo» («Dieses Nichts, das nicht das Seiende ist und das es gleichwohl gibt, ist nichts Nichtiges»60). Il Niente originario, che è identico all’Essere, non è nulla di nullo («nichts Nichtiges»).
In entrambi i passi citati Heidegger chiarisce che il Niente-Essere “non è qualcosa di nullo” (etwas Nichtiges) e “non è mai nulla” (das Nichts ist niemals Nichts). Ciò significa: non è nulla assoluto.
Si consideri ora come l’argomentazione heideggeriana dia luogo a una serie di contraddizioni.
1. Heidegger parte dalla evidenza dell’impensabilità del nulla assoluto, ma implica il contrario senza rendersene conto: per dire infatti che il Niente originario non è nulla assoluto, implica che il significato del nulla assoluto sia già incontraddittoriamente posto e pensato. Se in generale al sostenitore dell’aporia del nulla si deve far notare che può affermare che il nulla assoluto è impensabile solo in quanto il significato della assoluta nullità gli è già presente e dunque in quanto implica che il nulla sia pensabile nell’atto in cui cerca di affermare il contrario (se non gli fosse presente, non potrebbe dire che è impensabile: l’impensabilità del nulla si basa infatti sulla presenza-conoscenza della nullità assoluta, che si pone come irriducibile a qualsiasi “entificazione”), a Heidegger si deve mostrare che una parte del suo discorso – essendo interamente costruita sulla posizione del nulla assoluto - smentisce quell’altra in cui si fa agire l’impossibilità di pensare il nulla assoluto per ricavare la necessità di ripensare il Nulla in termini di Ni-ente/Essere. A implicare che il nulla assoluto sia incontraddittoriamente pensabile – e cioè a togliere il proprio punto di partenza - è proprio il ragionamento heideggeriano: mentre implica che il nulla assoluto sia incontraddittoriamente pensabile, ne sostiene l’impensabilità e perciò la necessità di ripensare il Niente fuori dalla Logica di identità- non contraddizione, con la motivazione che rimanendo in essa ci si contraddice.
2. Si è messo in corsivo l’ultima parte della precedente affermazione perché dà luogo a un’altra contraddizione: per non finire imbrigliati nella contraddizione in cui rimane avvolto chi cerca di pensare il nulla assoluto (per non finire in «un vuoto gioco di parole, che fa a pugni con sé stesso»), Heidegger afferma che si deve uscire dalla Logica di identità-non contraddizione. Ma questo cosa significa se non aprirsi alla contraddizione e cioè per non contraddirsi, accettare di contraddirsi?
3. Tale contraddizione è strettamente legata a queste due successive. Se da un lato per Heidegger all’interno della Logica non si può comprendere l’identità Essere-Niente, dall’altro il suo ragionamento si alimenta di quella Logica per dire cosa e come è in verità l’Essere-Niente: esso è Lichtung, Ereignis, Epoché in quanto non è «non è» nulla assoluto, «non è» un ente (ein Seiendes), «non è» un oggetto (Gegenstand). La posizione heideggeriana dell’Essere- Niente è fondata completamente sull’identità-innegabilità. Il negare di essere nulla assoluto (etwas Nichtiges), il negare di essere «ente» (ein Seiendes) e il negare di essere
«oggetto» (ein Gegenstand) sono la «verità» dell’Essere-Niente, ciò che esso autenticamente
«è». E cos’è questo «negare di essere altro» in cui consiste l’«esser sé» dell’Essere-Niente se non il cuore dell’identità-non contraddizione?
4. Non solo. In quanto non è nulla assoluto, l’Essere-Niente è «qualcosa di essente» (etwas Seiendes); in quanto «non è» un «ente» (ein Seiendes), l’Essere-Niente «è» in modo diverso da come è l’ente. Tanto è vero che per distinguerli Heidegger dice che l’ente «è» (ist), mentre l’essere «si dà» (es gibt). Segue che l’Essere e l’Ente sono tutti «qualcosa di essente» (etwas Seiendes) in quanto non sono nulla assoluto (etwas Nichtiges), ma allo stesso tempo che l’Essere-Niente non è quel tipo particolare di essente che è l’«ente».
In questo secondo caso siamo davanti a quella distinzione, rilevata anche da Emanuele Severino61 tra un significato esteso di «essente» (etwas Seiendes), che consiste nel non essere nulla assoluto e comprende tanto l’Essere-Niente quanto l’ente, e un significato ristretto di «ente» che non solo non è nulla assoluto, ma non è nemmeno quel particolare non-nulla assoluto che è l’Essere- Niente. Quest’ultima differenza (tra Essere ed ente) è quella che lui definisce «ontologica» e che ritiene essere fondamentale. Ora si è visto che non è quella veramente fondamentale all’interno del suo discorso.
La contraddittorietà del nucleo teoretico del pensiero di Heidegger non può che porre molti
interrogativi sul motivo del suo successo e del suo seguito in contesto contemporaneo. Riprendendo quanto già detto in Sintesi e separazione62, si può mostrare che esiste un motivo profondo, fondamentale, che spiega sia in generale il successo in ambito contemporaneo della via proposta da Heidegger (verità del Sein-Nichts quale oltrepassamento del Seiend) sia in particolare il ricorrere alla via indicata da Heidegger – in sinergia con un essenziale e non casuale neoplatonismo - da parte di tutte quelle riflessioni che, imbattutesi nella riflessione filosofica di Severino, ne hanno criticato il concetto di “sintesi originaria” e la risoluzione dell’aporia del nulla che su esso si fonda. Qui si accenni soltanto che il motivo fondamentale del “successo” della via proposta da Heidegger affonda le sue radici nella concezione dell’ente come sintesi non originaria di determinazione ed essere, che è stata e sta alla base di tutta la filosofia così come si è realizzata storicamente.
Nicoletta Cusano, dal 2010 docente di filosofia teoretica per la cattedra di Ontologia Fondamentale (Università Vita-Salute San Raffaele), dal 2020 ha assunto l’incarico di direzione del Centro di ricerca in filosofia (CRIF Bolzano), per cui dirige attualmente un progetto di ricerca rivolto al rapporto tra filosofia, neuroscienze e Intelligenza Artificiale. Dal 2013 dirige la Rivista scientifica semestrale di filosofia teoretica La Filosofia Futura (Mimesis editore) di cui Emanuele Severino è stato Presidente dalla sua fondazione.
Questo intervento si rivolge al nucleo teoretico che sta alla base dell’intera riflessione di Martin Heidegger. L'ordine dei termini del titolo - Niente, Essere, ente - indica l’articolazione logico- concettuale di tale nucleo: dalla impensabilità del nihil absolutum Heidegger ricava la necessità di ripensare il Niente fuori dalla “Logica di identità-non contraddizione” (d’ora in poi Logica) e perviene al Niente originario (“ursprüngliches Nichts”) quale Essere che è essenzialmente altro dall’ente. Dal nulla assoluto al Niente cioè all’Essere quale altro dall’ente (Differenza ontologica).
Si consideri più analiticamente la sequenza del ragionamento heideggeriano, premettendo che si traduce il termine Nichts con la parola ‘Niente’ per sfruttare la disponibilità del vocabolo italiano ad esprimere la Differenza ontologica (ni-ente), mentre si traduce con il termine ‘nulla’ ciò che Heidegger a volte chiama «nihil negativum» a volte «etwas Nichtiges» («qualcosa di nullo»).
Il punto di partenza dell’intero ragionamento è l’impensabilità del nulla assoluto: in conformità alla plurimillenaria tradizione filosofica anche Heidegger ritiene che ogni tentativo di pensare il nulla assoluto dia inevitabilmente luogo a «un vuoto gioco di parole («eine leere Spielerei mit Worten»54) che «va contro sé stesso» («sich selbst fortgesetzt ins Gesicht schlägt»55), perché, per dire che il nulla è nulla, finisce col dire ciò che esso «è» e dunque col trattarlo come un essente.
Ricostruendo la genealogia del nulla assoluto, Heidegger mostra che esso è l’esito del «non» e dell’atto del negare ossia deriva da quella Logica che sa solo contrapporre l’«essere» al «non essere» e perciò riesce a pensare il Niente unicamente come «negazione di ogni essente, della totalità dell’essente» («Verneinung von allem Seienden, von Seienden insgesamt»). Poiché stando all’interno della Logica il Niente è sempre e soltanto pensabile come nihil negativum e ciò dà luogo alla contraddittorietà sopra rilevata, per pensare il niente incontraddittoriamente si deve oltrepassare la Logica. Si sottolinei il motivo (cfr. oltre): perché stando in tale Logica ci si contraddice (“si va contro sé stessi”, «sich selbst fortgesetzt ins Gesicht schlägt»).
Uscendo dalla Logica si incontra il Niente originario (ursprüngliches Nichts): “originario” perché antecedente ogni negazione e ogni opposizione; “niente” perché è un “nientificare” che è poi la stessa essenza dell’Essere: «il nientificare nell’essere è quell’essenza che io chiamo Niente» («das Nichtende im Sein ist das Wesen dessen, was ich das Nichts nenne»56). In quanto il nientificare è l’essenza dell’Essere, l’Essere è per essenza il nientificante. In questo senso l’Essere è Ni-ente. Ma cosa nientifica l’Essere?
In Was ist Metaphysik? Heidegger mostra come questo «originario nientificare» sia essenzialmente collegato all’angoscia (Angst) e ne afferma il tratto essenziale: esso è condizione della rivelazione dell’ente. Esplicitando il discorso di Heidegger si può dire che l’Essere-Niente “nientifica” in quanto sottraendo sé stesso rende manifesto l’ente. Esso è dunque la stessa rivelazione dell’ente, la sua manifestazione, il suo apparire. (Qui, per inciso, si può rilevare che in quanto l’Essere-Niente, che è l’apparire dell’ente, è essenzialmente oltre la logica di non contraddizione, l’apparire anche per Heidegger è essenzialmente estraneo all’identità-non contraddizione. Questo è a mio avviso il modo in cui Heidegger prosegue la lezione di Husserl al di là delle differenze tra le due posizioni. Heidegger intende infatti tale ‘apparire’ come Lichtung (radura), Ereignis (evento), Epoché e cooriginarietà di essere e uomo con tutto ciò che questo intreccio concettuale indissolubile porta con sé).
Il nientificare dell’Essere-Niente, che è assolutamente oltre il «non» e la «negazione» e cioè oltre la Logica, è per ciò stesso oltre il sub-jectum e il senso tradizionale-occidentale dell’essere. Nel chiarirlo, Heidegger fa alcune precisazioni decisive: «Il Niente non è mai nulla ed è altrettanto poco qualcosa nel senso di un oggetto; esso è l’essere stesso, dalla cui verità l’uomo è sopraggiunto solo quando si è oltrepassato come soggetto, ciò significa quando non si rappresenta più l’ente come oggetto» («Das Nichts ist niemals Nichts, es ist ebensowenig ein Etwas im Sinne eines Gegenstandes; es ist das Sein selbst, dessen Wahrheit der Mensch dann übereignet wird, wenn er sich als Subjekt überwunden hat, und d. h., wenn er das Seiende nicht mehr als Objekt vorstellt»»57). La verità dell’essere (quale Niente) può «sopraggiungere» solo se ci si porta oltre il sub-jectum di stampo cartesiano, quale rap-presentare («vor-stellen») che riduce l’ente a ob-jectum58, e oltre la concezione del Niente come «assoluta e totale negazione di ogni essente, dell’essente nella sua totalità» («unbedingte und vollständige Verneinung von allem Seienden, von Seienden insgesamt»59).
Sempre per chiarire che il Niente originario non ha nulla a che vedere con il nulla assoluto, in un altro passo Heidegger afferma che «questo Niente, che non è l’ente e che ugualmente si dà, non è nulla di nullo» («Dieses Nichts, das nicht das Seiende ist und das es gleichwohl gibt, ist nichts Nichtiges»60). Il Niente originario, che è identico all’Essere, non è nulla di nullo («nichts Nichtiges»).
In entrambi i passi citati Heidegger chiarisce che il Niente-Essere “non è qualcosa di nullo” (etwas Nichtiges) e “non è mai nulla” (das Nichts ist niemals Nichts). Ciò significa: non è nulla assoluto.
Si consideri ora come l’argomentazione heideggeriana dia luogo a una serie di contraddizioni.
1. Heidegger parte dalla evidenza dell’impensabilità del nulla assoluto, ma implica il contrario senza rendersene conto: per dire infatti che il Niente originario non è nulla assoluto, implica che il significato del nulla assoluto sia già incontraddittoriamente posto e pensato. Se in generale al sostenitore dell’aporia del nulla si deve far notare che può affermare che il nulla assoluto è impensabile solo in quanto il significato della assoluta nullità gli è già presente e dunque in quanto implica che il nulla sia pensabile nell’atto in cui cerca di affermare il contrario (se non gli fosse presente, non potrebbe dire che è impensabile: l’impensabilità del nulla si basa infatti sulla presenza-conoscenza della nullità assoluta, che si pone come irriducibile a qualsiasi “entificazione”), a Heidegger si deve mostrare che una parte del suo discorso – essendo interamente costruita sulla posizione del nulla assoluto - smentisce quell’altra in cui si fa agire l’impossibilità di pensare il nulla assoluto per ricavare la necessità di ripensare il Nulla in termini di Ni-ente/Essere. A implicare che il nulla assoluto sia incontraddittoriamente pensabile – e cioè a togliere il proprio punto di partenza - è proprio il ragionamento heideggeriano: mentre implica che il nulla assoluto sia incontraddittoriamente pensabile, ne sostiene l’impensabilità e perciò la necessità di ripensare il Niente fuori dalla Logica di identità- non contraddizione, con la motivazione che rimanendo in essa ci si contraddice.
2. Si è messo in corsivo l’ultima parte della precedente affermazione perché dà luogo a un’altra contraddizione: per non finire imbrigliati nella contraddizione in cui rimane avvolto chi cerca di pensare il nulla assoluto (per non finire in «un vuoto gioco di parole, che fa a pugni con sé stesso»), Heidegger afferma che si deve uscire dalla Logica di identità-non contraddizione. Ma questo cosa significa se non aprirsi alla contraddizione e cioè per non contraddirsi, accettare di contraddirsi?
3. Tale contraddizione è strettamente legata a queste due successive. Se da un lato per Heidegger all’interno della Logica non si può comprendere l’identità Essere-Niente, dall’altro il suo ragionamento si alimenta di quella Logica per dire cosa e come è in verità l’Essere-Niente: esso è Lichtung, Ereignis, Epoché in quanto non è «non è» nulla assoluto, «non è» un ente (ein Seiendes), «non è» un oggetto (Gegenstand). La posizione heideggeriana dell’Essere- Niente è fondata completamente sull’identità-innegabilità. Il negare di essere nulla assoluto (etwas Nichtiges), il negare di essere «ente» (ein Seiendes) e il negare di essere
«oggetto» (ein Gegenstand) sono la «verità» dell’Essere-Niente, ciò che esso autenticamente
«è». E cos’è questo «negare di essere altro» in cui consiste l’«esser sé» dell’Essere-Niente se non il cuore dell’identità-non contraddizione?
4. Non solo. In quanto non è nulla assoluto, l’Essere-Niente è «qualcosa di essente» (etwas Seiendes); in quanto «non è» un «ente» (ein Seiendes), l’Essere-Niente «è» in modo diverso da come è l’ente. Tanto è vero che per distinguerli Heidegger dice che l’ente «è» (ist), mentre l’essere «si dà» (es gibt). Segue che l’Essere e l’Ente sono tutti «qualcosa di essente» (etwas Seiendes) in quanto non sono nulla assoluto (etwas Nichtiges), ma allo stesso tempo che l’Essere-Niente non è quel tipo particolare di essente che è l’«ente».
In questo secondo caso siamo davanti a quella distinzione, rilevata anche da Emanuele Severino61 tra un significato esteso di «essente» (etwas Seiendes), che consiste nel non essere nulla assoluto e comprende tanto l’Essere-Niente quanto l’ente, e un significato ristretto di «ente» che non solo non è nulla assoluto, ma non è nemmeno quel particolare non-nulla assoluto che è l’Essere- Niente. Quest’ultima differenza (tra Essere ed ente) è quella che lui definisce «ontologica» e che ritiene essere fondamentale. Ora si è visto che non è quella veramente fondamentale all’interno del suo discorso.
La contraddittorietà del nucleo teoretico del pensiero di Heidegger non può che porre molti
interrogativi sul motivo del suo successo e del suo seguito in contesto contemporaneo. Riprendendo quanto già detto in Sintesi e separazione62, si può mostrare che esiste un motivo profondo, fondamentale, che spiega sia in generale il successo in ambito contemporaneo della via proposta da Heidegger (verità del Sein-Nichts quale oltrepassamento del Seiend) sia in particolare il ricorrere alla via indicata da Heidegger – in sinergia con un essenziale e non casuale neoplatonismo - da parte di tutte quelle riflessioni che, imbattutesi nella riflessione filosofica di Severino, ne hanno criticato il concetto di “sintesi originaria” e la risoluzione dell’aporia del nulla che su esso si fonda. Qui si accenni soltanto che il motivo fondamentale del “successo” della via proposta da Heidegger affonda le sue radici nella concezione dell’ente come sintesi non originaria di determinazione ed essere, che è stata e sta alla base di tutta la filosofia così come si è realizzata storicamente.
Nicoletta Cusano, dal 2010 docente di filosofia teoretica per la cattedra di Ontologia Fondamentale (Università Vita-Salute San Raffaele), dal 2020 ha assunto l’incarico di direzione del Centro di ricerca in filosofia (CRIF Bolzano), per cui dirige attualmente un progetto di ricerca rivolto al rapporto tra filosofia, neuroscienze e Intelligenza Artificiale. Dal 2013 dirige la Rivista scientifica semestrale di filosofia teoretica La Filosofia Futura (Mimesis editore) di cui Emanuele Severino è stato Presidente dalla sua fondazione.