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Marco Bracconi. La mutazione
Contro l'ideologia digitale
Il saggio, racconta l’autore, è stato scritto durante il lockdown, sia per un’esigenza personale di capire quello che stava succedendo, facendosi compagnia con la scrittura in un momento di solitudine, sia per un’esigenza professionale dovuta ad un senso di responsabilità:
il compito del giornalista è anche quello di decodificare il senso comune per poter ampliare la capacità di visione e il senso di consapevolezza delle persone. Un compito che non è stato svolto in maniera adeguata durante il lockdown, ma si è preferito uno schema retorico che attribuiva a questa quarantena globale dell’occidente significati di palingenesi, come se tutti dovessimo diventare migliori solo perché un virus ci costringeva a stare a casa.
In realtà noi abbiamo assistito non ad una rivoluzione ma ad una accelerazione, in quanto i processi tecnologici di digitalizzazione del sistema umano erano già avviati, ma il lockdowna ha dato un’accelerazione talmente forte all’idea stessa con cui percepiamo la rete da rendere impossibile l’esercizio del pensiero critico su di essa.Si è fatta passare l’idea che un virus fosse da considerare un nemico in termini antropocentrici e infatti la metafora della guerra è stata la metafora cardine della chiusura, senza considerare che noi siamo da decenni nella grande questione ecologica e il modo di affrontare una novità naturale devastante come il virus è stato un modo intimamente contraddittorio.
Chi oggi oserà criticare la posizione che abbiamo dato alla rete nel nostro sistema culturale e antropologico dopo che questa ci ha permesso di sopravvivere nei mesi di chiusura?
Marco Bracconi è nato a Roma. Giornalista di «Repubblica», fino al 2014 ha curato il blog «Politica Pop». Dopo alcuni anni a «Robinson», inserto culturale del quotidiano, oggi lavora a Milano, dove è responsabile del supplemento sugli eventi della città. Ha scritto la prefazione all’inchiesta di Matteo Pucciarelli L’armata di Grillo (2012) ed è tra gli autori della raccolta di saggi Alfabeto Grillo (2014).Abbiamo costruito un’ideologia digitale che non ci permetterà più distinguere i benefici e i danni della rete: lo smart working e l’e-lerning rischiano di svuotare i meccanismi della nostra democrazia, smaterializzando i luoghi in cui, attraverso i nostri corpi e il contatto fisico, si produce lo spirito pubblico. E siccome è sul corpo che si gioca la battaglia politica e culturale, la consapevolezza dello strapotere delle reti oggi è il dato di partenza per riprendere il controllo di questo sistema mondo che ci ha resi dipendenti dalla tecnologia, anziché padroni di essa.