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L'Odissea. Il poema dell'ospitalità
Umberto Curi
Ci sono tre episodi in particolare che possono essere citati a sostegno di questa interpretazione. Il primo è quello che descrive l’arrivo a Pilo di Telemaco e Mentore che sono alla ricerca di Ulisse. I due giungono alla reggia di Nestore durante un banchetto e vengono accolti e rifocillati senza nemmeno essere prima interrogati sulla loro identità e provenienza. Solo alla fine del banchetto Nestore chiede agli ospiti chi fossero e riconosce il figlio di Ulisse.Scritta presumibilmente nel IX secolo a. C. l’Odissea è, con l’Iliade e i poemi di Esiodo, uno dei grandi testi fondativi della tradizione culturale dell’occidente. Ma mentre l’Iliade, descrivendo una molteplicità di duelli tra gli eroi greci e troiani, è stata considerata il grande poema della forza, l’Odissea può essere definita il poema dell’ospitalità.
Il secondo episodio è quello di Nausicaa che accoglie Ulisse naufragato sulle coste dell’isola dei Feaci.
Il terzo episodio, il più famoso è quello che descrive il duello tra Ulisse e Polifemo, il gigantesco e mostruoso ciclope con un solo occhio posto al centro della fronte. Nella cultura greca antica il linguaggio del vedere coincide con quello del conoscere, per cui il deficit visivo implica anche un deficit di conoscenza. Soprattutto ciò che suscita indignazione è l’atteggiamento di Polifemo nei confronti della xenia, delle regole che disciplinavano il rapporto con lo straniero. Mentre Ulisse è portatore di doni ospitali, Polifemo risponde con il cannibalismo, si ciba delle carni dei suoi ospiti.Mentre le ancelle fuggono alla vista dello straniero dall’aspetto inquietante con la barba incolta, i capelli intrisi di salsedine e gli abiti laceri, Nausicaa si avvicina a Ulisse e rimprovera le ancelle. Ricorda loro che esiste l’obbligo di prendersi cura degli stranieri e dei mendicanti perché vengono tutti da Dio e ciò che ricevono, anche se poco, è gradito.
Lo sdegno di Omero è evidente, perché la xenia per almeno un millennio, tra Omero e primi secoli dell’era cristiana, resta uno degli istituti fondamentali e inderogabili della civiltà greca antica: lo straniero è sempre immediatamente anche ospite e come tale va sempre accolto assistito e di lui dobbiamo prenderci cura.
L’identità linguistica tra xenos come straniero e xenos come ospite implica l’immediato riconoscimento in colui che non appartiene alla città dello statuto di ospite, proprio perché è straniero.
Umberto Curi è professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università di Padova, ha insegnato presso l’Università San Raffaele di Milano. È stato visiting professor presso numerosi atenei europei e americani. Nei suoi studi si è occupato della storia dei mutamenti scientifici per ricostruirne la dinamica epistemologica e filosofica, rivolgendosi a uno studio della tradizione filosofica imperniato sulla relazione tra dolore e conoscenza e sui concetti di logos, amore, guerra, verità, pena, approfondendo anche il rapporto tra cinema e filosofia. Tra le sue opere recenti: Straniero (Milano 2010); L’apparire del bello. Nascita di un’idea (Torino 2013); La porta stretta. Come diventare maggiorenni (Torino 2015); I figli di Ares. Guerra infinita e terrorismo (Roma 2016); Le parole della cura. Medicina e filosofia (Milano 2017); Veritas indaganda (Nocera Inferiore SA 2018); Il colore dell’inferno. La pena tra vendetta e giustizia (Torino 2019); Parola ai film (con B. Ayroldi Sagarriga, Milano 2021); Fedeli al sogno. La sostanza onirica da Omero a Derrida (Torino 2021).