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L'essenza della tecnica nel pensiero di Severino
Giulio Goggi
Si pensa che la tecnica, guidata dalla scienza moderna, sia un semplice mezzo per la realizzazione degli scopi dell'agire umano e che le forze che si contendono il dominio del mondo, come il capitalismo, la democrazia, il cristianesimo e le istituzioni che incarnano queste differenti visioni del mondo si servano della tecnica. Ma, secondo Severino, in una situazione conflittuale, è inevitabile che il potenziamento della tecnica finisca per diventare il vero scopo delle forze che si contendono il dominio del mondo e che pertanto si assista ad un rovesciamento di posizioni, per cui la tecnica da mezzo di cui si servono le forze contendenti ne diventi lo scopo principale. Lo scopo principale diventa il potenziamento infinito dell'apparato tecnologico.Severino ha spiegato le ragioni per cui il mondo è destinato al dominio della tecnoscienza e l'avvento della civiltà della tecnica è qualcosa di inevitabile. La tesi è che queste ragioni affondano le proprie radici nella ontologia dell’occidente. La riflessione di Severino sul senso e sul futuro della tecnica è inseparabile dalla sua riflessione critica sul senso dell'essere, che sta alla base dell'intera storia dell'occidente.
Contro questa tendenza le grandi voci della tradizione, come la cultura umanistica o quella cristiana, impongono alla tecnoscienza di non oltrepassare certi limiti. Fintanto che si continua a pensare che esistano dei limiti inviolabili, delle verità oggettive e immutabili alle quali la tecnica deve adeguarsi, allora questa dialettica per cui la tecnica da mezzo diventa fine può essere ostacolata e si può continuare a pensare alla tecnica come strumento.
Ma la filosofia contemporanea da due secoli ha mostrato che non esistono limiti inoltrepassabili, che non possono esistere realtà eterne e verità definitive, che regolino il divenire del mondo e quando la tecnica presta ascolto a questa filosofia, a quel a quel punto il rovesciamento, per cui la tecnica da mezzo diventa scopo, si fa inevitabile.
Per Severino la filosofia contemporanea tiene ferma come verità assoluta unicamente l’esistenza del divenire del mondo e sulla base di essa afferma l’inesistenza di ogni realtà eterna che ne regoli lo sviluppo. La filosofia contemporanea nella sua essenza si libera dall’incoerenza della filosofia tradizionale, che pensa di poter tenere insieme il divenire e l’immutabile.
La tecnica è destinata a governare il mondo perché il pensiero del nostro tempo mostra che non esistono verità inviolabili, che impongano alla tecnica di restare entro certi limiti.La morte di Dio è la morte di ogni immutabile, è la morte di tutti quei limiti assoluti che si vogliono imporre al divenire e quindi anche all’agire tecnico.
La potenza della tecnica è la forma in cui oggi ha cominciato ad incarnarsi la volontà del superuomo nicciano.
Il senso autentico della tecnica è dato dall’incontro tra la potenza dell’apparato tecnologico, guidato dalla scienza moderna e quello che Severino chiama il sottosuolo essenziale del pensiero filosofico del nostro tempo, che emerge in particolare da autori come Leopardi, Nietzsche e Giovanni Gentile.
Oggi lo scontro decisivo che è in atto è quello tra le forze della tradizione e l’emergente civiltà della tecnica e il suo esito inevitabile sarà il pieno dispiegamento dell’età della tecnica.Nel suo senso essenziale la filosofia contemporanea è l’autocoscienza della tecnica. È la filosofia che rende possibile il dominio della tecnica, una volta liberata dagli immutabili della tradizione.
Nel tempo della piena dominazione della tecnica accadrà che la politica, la morale, la religione, l’economia, il diritto non saranno più principi regolatori, ma materia regolata, ossia saranno mezzi a servizio dell’etica della tecnica, che prescrive di agire assumendo come scopo l’accrescimento infinito della potenza della tecnica.
Tutto questo discorso non intende affatto essere un’apologia della tecnica ma il percorso della follia, quella follia che per l’occidente è la certezza fondamentale, ossia il pensare che le cose passino dall’essere al non essere e viceversa. Follia perché questo significherebbe che esiste un tempo in cui un ente, ossia un non niente, sia un nulla, un tempo in cui i non identici siano identici, significherebbe cioè trovarsi nella contraddizione più radicale.
Il trionfo della tecnica per Severino è l’inveramento della follia, il nichilismo sotteso dal pensiero che l’essente sia niente.
Il compiuto dispiegamento della civiltà della tecnica, che Severino chiama il paradiso della tecnica, è destinato a capovolgersi in una situazione infernale, perché la logica di cui la tecnica si avvale per trasformare il mondo è una logica ipotetica, il sapere scientifico è un sapere probabilistico e quindi il dominio che si crede di esercitare sul mondo è un dominio essenzialmente ipotetico. Il paradiso della tecnica è la situazione in cui, superate le conflittualità ideologiche, la tecnica apparirà come capace di realizzare la felicità dell’uomo. di soddisfare i suoi bisogni materiali e spirituali. Ma è inevitabile che appaia che questo carico smisurato di felicità promesso dalla tecnica è un sapere che in quanto ipotetico non ha verità, è controvertibile.
Crescerà la felicità costruita sulla non verità e crescerà di pari passo il timore di perderla, tanto che Severino dirà che la tecnica è destinata a spingere l’uomo verso l’angoscia più estrema.
Emergendo progressivamente dal proprio sottosuolo essenziale, il pensiero del nostro tempo si porta verso la tecnica e la spinge a volgersi verso di esso e a costituire insieme ad esso il senso autentico e non riduttivo della tecnica – il senso che non viene scorto né dalla superficie della filosofia contemporanea, né dalla concezione riduttiva, scientistico-tecnicistica della tecnica. Intendo dire che la necessità della morte della verità e del Dio della tradizione occidentale mostra alla volontà di potenza della tecnica che essa non si trova più di fronte alcun limite assoluto che le impedisca la dominazione del mondo
Emanuele Severino, Immortalità e destino, Rizzoli, Milano 2006, p. 72
Gentile, Nietzsche, Leopardi mostrano l’impossibilità di un eterno teologico. Sono non solo i veri filosofi dell’età della tecnica, ma la condizione concreta senza di cui la potenza della tecnica non sarebbe illimitata, e senza di cui la tecnica resterebbe nell’impotenza rispetto alla tradizione che della tecnica vuole servirsi
Emanuele Severino, Educare al pensiero, Editrice La Scuola, Brescia 2012, p. 147
La civiltà della tecnica è la forma culminate della Follia perché è la forma più radicale del nichilismo, cioè della persuasione che le cose e innanzitutto le cose del mondo siano nulla»
Emanuele Severino, Il destino della tecnica, BUR, Milano 2009, pp. 194-195
Giulio Goggi è dottore di ricerca in Filosofia teoretica; vicepresidente di ASES (Associazione Studi Emanuele Severino) e direttore scientifico della Rivista «Eternity and Contradiction», nel 2017 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a professore di prima fascia per il settore concorsuale di Filosofia teoretica.