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Paolo Ercolani. Dall'essere all'apparire
La realizzazione della società dello spettacolo
Gli antichi greci usavano una parola sola, cioè logos, per esprimere i tre presupposti della conoscenza, che sono lo studio, il pensiero e la parola, conoscenza che è possibile perché sussiste un dato fondamentale, ossia l’accessibilità e la riconoscibilità universali di una ragionevole verità.
Oggi però viviamo in un contesto sociale e culturale in cui questo dato fondamentale è venuto meno, in quanto si è compiutamente realizzata “la società dello spettacolo” di cui parlava Guy Debord, quella in cui il vero è un momento del falso e lo stesso spettacolo si rivela come l’affermazione della vita in quanto semplice apparenza. Con l'imperativo categorico che ciò che è vero appare e ciò che appare è vero.
In assenza di una verità ragionevolmente riconoscibile, vero e falso diventano irrilevanti.
Ma se vengono meno il vero e il falso, e con essi lo studio che serve per distinguerli, a prevalere è solo la logica quantitativa, la teologia mercatistica del numero, per cui a risultare vero e vincente è colui che viene visto da un grande numero di persone o di followers.
Se il logos afferisce alla dimensione della qualità, a garanzia innanzitutto della centralità dell’essere umano, la legge del numero è sottomessa alla dittatura della quantità e alla logica del profitto, che ormai ha colonizzato l’umano stesso.
Lo spettacolo sottomette gli uomini, nella misura in cui l’economia li ha totalmente sottomessi, così che se il capitalismo moderno, come diceva Debord, si fondava su una degradazione dell’essere in avere, il capitalismo postmoderno ci pone di fronte al passaggio ulteriore dall’avere all’apparire. È proprio dall’apparire che oggi ogni avere effettivo deve desumere il proprio prestigio immediato e la propria funzione ultima.
Un’economia che si serve del nulla per affermare come tutto i suoi prodotti commerciali è un’economia che ha trionfato, ma a discapito dell’umano.
Paolo Ercolani insegna Filosofia dell’educazione, Storia della filosofia e Teoria e tecnica dei nuovi media presso l’Università di Urbino. Si occupa di liberalismo e del passaggio epocale dalla società industriale a quella in Rete. Scrive per varie testate, tra cui “L’Espresso” e ha collaborato con “la Lettura” del “Corriere della Sera” e con Rai Educational Filosofia. Fondatore e membro del comitato scientifico dell’Osservatorio filosofico, è autore di vari articoli e libri, tra cui, Il Novecento negato. Hayek filosofo politico (Perugia 2006); System Error. La morte dell’uomo nell’era dei media (Perugia 2007); La storia infinita. Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche (Napoli 2011); L’ultimo Dio. Internet, il mercato e la religione stanno costruendo una società post-umana (Bari 2012); Qualcuno era italiano. Dal disastro politico all’utopia della Rete (Milano 2013); Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio (Venezia 2016); Figli di un io minore. Dalla società aperta alla società ottusa (Venezia 2019) e Nietzsche l'iperboreo. Il profeta della morte dell'uomo nell'epoca dell'intelligenza artificiale (Genova 2022).