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Pierfranco Bruni. Manlio Sgalambro
Un filosofo asistematico
Credo che Sgalambro sia un filosofo che ha segnato un percorso fondamentale nella storia del pensiero, recuperando le problematiche metafisiche che vanno dal XVIII secolo fino al XX, all’interno di un viaggio in cui al centro ci sono sia l’uomo, sia la ricerca del divino.
Nel suo primo libro La morte del sole c’è la crisi di una civiltà che si rivolge agli archetipi che danno la possibilità di leggere il tempo presente attraverso il tempo passato.In Sgalambro c’è l'incontro, che potrebbe essere paradossale, tra il Dio cristiano e gli dèi del mito greco e questo ha fatto di lui un punto di sintesi del post Novecento.
Nel Trattato dell’empietà del 1987, la mancanza di pietà ci fa riscoprire l’esistenza del pathos, quello tra pietà ed empietà diventa un gioco filosofico che verifichiamo nel momento in cui Sgalambro cerca di confrontarsi con il tempo in cui si trova a vivere.Il senso della memoria che noi troviamo in Sgalambro non è altro che la rappresentazione del ricordare di Schopenhauer che viene recuperata da Nietzsche a Giovanni Gentile.
La filosofia mediterranea è molto ampia e abbraccia diverse visioni come quella di Maria Zambrano che diceva che bisogna abitare il proprio dolore per abitare la propria possibilità di speranza e nel saggio di Sgalambro del 1959 Crepuscolo e notte si avverte tutto questo.Per Sgalambro la tradizione è un mistero e un cumulo di macerie e questo cumulo di macerie sono i ricordi. Il concetto di ricordo è fondamentale in letteratura e in filosofia e il ricordo non può essere collettivo ma solo personale.
La misantropia è questo senso di solitudine di cui abbiamo bisogno, sappiamo che le società sono nella solitudine perenne, soprattutto in questo concetto di progresso che abbandona la tradizione. In Sgalambro è forte la lezione di Giambattista Vico, il ciclo delle civiltà, che è il tempo che ritorna costantemente, come notiamo soprattutto nel suo libro Trattato dell’età del 1999, un libro che non è un trattato dell’età ma un riflettere sul tempo che trascorre e ci abbandona nel tramontare della vita.
Sgalambro è un filosofo asistematico perché usa il pensiero, non è uno storico della filosofia, è un filosofo vero e proprio.
Sgalambro si è confrontato sistematicamente con la musica, non solo con la musica di Franco Battiato, ma con la complessità della musica e scrive anche un trattato sulla canzone, facendo nascere questo suo pensare proprio dal buio e dal silenzio della caverna di Platone, dove si possono ascoltare gli echi dei propri passi. La musica è questo passo che nasce dall’anima e si diffonde all’interno di un processo profondamente filosofico.
In un mio recente testo ho definito Sgalambro il filosofo imperfetto, perché anche se si cerca a tutti i costi di trovare una compiutezza in ogni autore, io credo che la grandezza di un filosofo sia nell’incompiutezza, come dimostra l’opera di Kafka, che ci ha insegnato il senso dell’incompiutezza: noi dobbiamo lasciare l’incompiutezza perché fino a quando siamo vivi siamo incompiuti, quindi il testo deve parlare per noi e quando non ci saremo più chi ci leggerà potrà compiere l’ultimo viaggio nella nostra incompiutezza. Soprattutto in filosofia non si può trovare la compiutezza nel tempo in cui oggi viviamo, il filosofo contemporaneo che si confronta con la realtà e con il destino non può trovare la compiutezza, non può scrivere la parola fine, deve cercare costantemente.
C’è tutto un discorso poetico e letterario che abita la filosofia di Sgalambro, un grande filosofo, la cui filosofia nasce da un linguaggio poetico. Una filosofia che è tutta da rileggere e da ricontestualizzare all’interno del Novecento e che chiede un confronto con la filosofia europea e soprattutto orientale.
Cosa serve all'uomo la certezza di Descartes? Il «cogito ergo sum» è una via sicura per la filosofia, ma che significa «sum»? Non significa «vivo»? E allora se per la filosofia il dubbio è finito per l'uomo non comincia ora?
Manlio Sgalambro, Crepuscolo e notte, 1959
Pierfranco Bruni è nato in Calabria e vive tra Roma e la Puglia. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario, già direttore archeologo presso il Ministero della Cultura. Esperto di Letteratura dei Mediterranei, vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia. Ha pubblicato oltre 120 libri, tra poesia saggistica e narrativa. È presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”. Ricopre incarichi istituzionali inerenti la promozione della cultura e della letteratura. Quest’anno con decreto del Ministero della Cultura Mic , è stato nominato Presidente della Commissione per il conferimento del titolo di “Capitale italiana del Libro 2024“. Recente è inoltre l’incarico assegnato sempre dal Mic di Componente della Giunta del Comitato nazionale per il centenario della morte di Eleonora Duse (21 aprile 1914 – 21 aprile 2024), direttore scientifico nazionale del Progetto Undulna Duse 100 e del Progetto nazionale Manlio Sgalambro a 100 anni dalla nascita. Entrambi indetti dal Ministero della Cultura (MiC).