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Daniele Menozzi. Ricordo di Augusto Del Noce
Il confronto tra cattolicesimo e modernità
Fin dall’inizio il percorso di Augusto De Noce è stato segnato dall’esigenza di rapportarsi alle grandi questioni della cultura mantenendo ferma la sua tradizione familiare cattolica.
Il momento decisivo nell'esperienza di Del Noce è il suo trasferimento a Roma negli anni Quaranta dove incontra Franco Rodano e il gruppo dei cattolici comunisti. La critica marxista alla religione non è una critica al Dio del cristianesimo, ma è una critica al modo in cui questo Dio è stato letto dalla borghesia moderna. In questa prospettiva Del Noce aderisce ai cattolici comunisti, mantenendo ferma la filosofia cattolica tradizionale e assumendo il metodo di analisi della società marxista, testimoniando così il suo interesse fondamentale al tema del confronto tra il cattolicesimo e la modernità.
Del Noce abbandona presto i cattolici comunisti e intraprende il percorso che lo porterà alla carriera universitaria.
Di fronte ad una Chiesa che dall’inizio del Novecento in poi ha contestato la modernità e che negli anni Sessanta ha cominciato ad articolare il suo giudizio su di essa, considerando positiva la secolarizzazione e negativo il secolarismo, Del Noce reagisce contra la sua riflessione sulla verifica delle aperture alla secolarizzazione, ammissibili per lui ma solo con grande cautela e attenzione, per evitare il rischio che portino al secolarismo ossia alla negazione della trascendenza.Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, all’interno del cattolicesimo si inizia a distinguere tra secolarizzazione e secolarismo, dove il secolarismo, che è la negazione di Dio, viene respinto, mentre la secolarizzazione viene accettata, in quanto è una forma di purificazione da sovrastrutture che sono incrostate sul cristianesimo e che hanno deturpato o in qualche modo messo in questione il nucleo proprio del messaggio evangelico.
Nel pontificato di Giovanni Paolo II, Del Noce troverà il pieno riconoscimento delle sue tesi e questo, dal mio punto di vista, è il momento meno felice del suo percorso filosofico, perché la capacità critica che aveva sempre mantenuto scompare e lui finisce per diventare un’apologeta pontificato di Wojtyła.
Daniele Menozzi è professore emerito di storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei e membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana-Treccani e della Fondazione Romolo Murri. Fa parte della direzione della Rivista di storia del cristianesimo e di Modernism. Ha studiato il rapporto tra cattolicesimo e società dall’età dei lumi ai nostri giorni. Tra le sue recenti monografie: Chiesa e diritti umani. Legge naturale e modernità politica dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri (2012); «Giudaica perfidia». Uno stereotipo antisemita tra liturgia e storia (2014); Da Cristo Re alla città degli uomini. Cattolicesimo e politica nel ’900 (2019); “Crociata». Storia di un’ideologia religiosa dalla Rivoluzione francese a Bergoglio (2020); Il potere delle devozioni. Pietà popolare e uso politico dei culti in età contemporanea (2022).