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1984, il capolavoro di George Orwell
Storia di un romanzo
Era una luminosa e fredda giornata d’aprile, e gli orologi battevano tredici colpi. Winston Smith, tentando di evitare le terribili raffiche di vento col mento affondato nel petto, scivolò in fretta dietro le porte di vetro degli Appartamenti Vittoria: non così in fretta tuttavia, da impedire che una folata di polvere sabbiosa entrasse con lui.
L’ingresso emanava un lezzo di cavolo bollito e di vecchi e logori stoini. A una delle estremità era attaccato un manifesto a colori, troppo grande per poter essere messo all’interno.
Vi era raffigurato solo un volto enorme, grande più di un metro, il volto di un uomo di circa quarantacinque anni, con folti baffi neri e lineamenti severi ma belli. Winston si diresse verso le scale. Tentare con l’ascensore, infatti, era inutile. Perfino nei giorni migliori funzionava raramente e al momento, in ossequio alla campagna economica in preparazione della Settimana dell’Odio, durante le ore diurne l’erogazione della corrente elettrica veniva interrotta.
George Orwell è lo pseudonimo dello scrittore inglese Eric Blair (nato a Motihari, Bengala il 25 giugno 1903). Dopo aver compiuto gli studi in Inghilterra, torna in India e per cinque anni lavora nella polizia imperiale indiana in Birmania. Su questo soggiorno è basato il suo primo romanzo Giorni birmani (1934). Tornato in Europa, vive tra Parigi e Londra, facendo vari mestieri: le esperienze di questo periodo sono descritte in Senza un soldo a Parigi e a Londra (1933). Stabilitosi a Londra, scrive La figlia del reverendo (1934), Fiorirà l’aspidistra (1936), La strada di Wigan Pier (1937). Partecipa alla guerra civile spagnola e resta ferito: di qui nasce Omaggio alla Catalogna (1938), cui seguono una serie di saggi. La fattoria degli animali (1946) consacra la sua fama in Europa e in America. Il suo ultimo romanzo è 1984 (1949).