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Cesare Pavese long-seller
Il successo di Pavese in libreria
Cesare Pavese è un long-seller, come lo definisce il critico letterario Guido Davico Bonino, vale a dire uno scrittore destinato a vendere incessantemente tutti i libri della sua produzione. Questo video è un omaggio a Pavese attraverso alcune testimonianze, intervallate dalla lettura di alcune pagine dello stesso autore. Dalle opinioni raccolte tra gli studenti di un liceo, emerge l’attualità dello scrittore, rinvenibile soprattutto nella tematica della incomunicabilità e della crisi dei valori. Il forte dissidio interiore, che attraversa l’opera di Pavese così come la sua biografia, avvicina lo scrittore alla realtà giovanile. Lorenzo Mondo parla di un Pavese che, muovendo da istanze neorealiste, approda ad una letteratura suo malgrado carica di valenze simboliche e metaforiche. Mondo rimarca inoltre la rappresentatività di Cesare Pavese, la sua capacità - superiore a quella di qualsiasi altro scrittore del Novecento - di descrivere la solitudine dell’uomo, la sua lacerazione, il suo essere perennemente in contraddizione con se stesso e con il mondo.
Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950), è stato poeta, scrittore, saggista, traduttore e critico letterario, fu senz'altro uno dei più importanti autori e intellettuali della storia della letteratura italiana. Pavese era nato il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino ma le colline del suo paese rimarranno per sempre impresse nella sua anima, assieme al ricordo del padre, che muore molto presto. Negli anni del liceo Pavese è assai riluttante ad impegnarsi attivamente nella lotta politica, verso la quale non nutre grande interesse, anche perché tende a fondere sempre il motivo politico con quello più propriamente letterario. A ventidue anni si laurea con una tesi su Walt Whitman e comincia a lavorare alla rivista La cultura, mentre si intensifica la sua attività di traduttore. La morte della madre avvenuta nel 1931 lo scuote e lo segna profondamente. Nel 1933 Pavese partecipa alla nascita della casa editrice Einaudi, grazie all’amicizia che lo lega a Giulio. Nel 1935 la relazione con una donna impegnata nella lotta al fascismo – “la donna dalla voce rauca”, come chiamava l’amore entrato nella sua vita dagli ultimi anni degli studi universitari – gli costerà l’accusa di sospetto antifascismo e la condanna al confino. Al suo rientro, nel 1936, la donna ha già sposato un altro. La delusione lo sprofonda in una crisi tale da indurlo a meditare il suicidio. Finita la guerra, Pavese si iscrive al partito comunista, ma il suo impegno è prevalentemente letterario: scrive articoli di ispirazione etico-civile, riprende il lavoro per la Einaudi, elabora quella teologia del mito che prenderà corpo nei Dialoghi con Leucò. Intanto, a Roma, conosce l’attrice Constance Bowling, che rinnoverà in lui prima il sentimento dell’amore, poi il dolore dell’abbandono. Pavese scrive Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Alla delusione d’amore, alle crisi politiche e religiose che riprendono a sconvolgerlo, alla nuova ondata di solitudine e di senso di vuoto non riesce più a reagire. Logorato, stanco, ma in fondo perfettamente lucido, si toglie la vita in una camera dell’albergo Roma di Torino ingoiando una forte dose di barbiturici. Solo un’annotazione, sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, sul comodino della stanza: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.
Pavese è uno scrittore di quelli che uno specialista americano di marketing definirebbe un "long seller", è uno scrittore che si vende continuamente con un passo assolutamente regolare, sia per quanto riguarda i romanzi e i racconti che restano certo i titoli più appetiti dal mercato, sia per quanto riguarda le poesie, i saggi e lo stesso diario - Guido Davico Bonino
Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950), è stato poeta, scrittore, saggista, traduttore e critico letterario, fu senz'altro uno dei più importanti autori e intellettuali della storia della letteratura italiana. Pavese era nato il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino ma le colline del suo paese rimarranno per sempre impresse nella sua anima, assieme al ricordo del padre, che muore molto presto. Negli anni del liceo Pavese è assai riluttante ad impegnarsi attivamente nella lotta politica, verso la quale non nutre grande interesse, anche perché tende a fondere sempre il motivo politico con quello più propriamente letterario. A ventidue anni si laurea con una tesi su Walt Whitman e comincia a lavorare alla rivista La cultura, mentre si intensifica la sua attività di traduttore. La morte della madre avvenuta nel 1931 lo scuote e lo segna profondamente. Nel 1933 Pavese partecipa alla nascita della casa editrice Einaudi, grazie all’amicizia che lo lega a Giulio. Nel 1935 la relazione con una donna impegnata nella lotta al fascismo – “la donna dalla voce rauca”, come chiamava l’amore entrato nella sua vita dagli ultimi anni degli studi universitari – gli costerà l’accusa di sospetto antifascismo e la condanna al confino. Al suo rientro, nel 1936, la donna ha già sposato un altro. La delusione lo sprofonda in una crisi tale da indurlo a meditare il suicidio. Finita la guerra, Pavese si iscrive al partito comunista, ma il suo impegno è prevalentemente letterario: scrive articoli di ispirazione etico-civile, riprende il lavoro per la Einaudi, elabora quella teologia del mito che prenderà corpo nei Dialoghi con Leucò. Intanto, a Roma, conosce l’attrice Constance Bowling, che rinnoverà in lui prima il sentimento dell’amore, poi il dolore dell’abbandono. Pavese scrive Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Alla delusione d’amore, alle crisi politiche e religiose che riprendono a sconvolgerlo, alla nuova ondata di solitudine e di senso di vuoto non riesce più a reagire. Logorato, stanco, ma in fondo perfettamente lucido, si toglie la vita in una camera dell’albergo Roma di Torino ingoiando una forte dose di barbiturici. Solo un’annotazione, sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, sul comodino della stanza: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.