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Remo Rapino, Cronache dalla terra di Scarciafratta
Il paese abbandonato
Mengo ha abitato per tutta la vita sul pizzo più petroso di Scarciafratta. Quando il paese abruzzese si è definitivamente svuotato, l’hanno portato nella casa di cura Villa Adriatica. È il novembre 1968 e un anno dopo, mentre gli astronauti sbarcano sulla luna, Mengo muore. Durante quell’anno, trascorso tra pareti dal bianco angosciante, l’uomo ha passato il tempo a scrivere. Dopo il terremoto che ha devastato il paese, ha trovato un registro con nomi, date di nascita, di sposalizi e di morte, e desidera restituire alle persone che ha conosciuto la loro storia. In Cronache dalla terra di Scarciafratta (minimum fax) Remo Rapino torna a raccontare la figura di un emarginato, di un uomo solo immerso nelle sue fantasticherie, dando a questo nuovo libro una struttura corale alla Spoon River. Degli abitanti di Scarciafratta conosciamo i drammi maggiori (la madre che aspetta il figlio partito per la guerra di Russia, il minatore morto in Belgio, il disperso in Spagna), i dolori quotidiani, le gioie scarse. Rapino riesce a far rivivere un piccolo borgo immaginario e il paesaggio che lo circonda con intima adesione alle storie degli altri.
Remo Rapino è nato nel 1951 a Casalanguida in provincia di Chieti. È stato insegnante di filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017). Con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (minimum fax 2019) ha vinto il Premio Campiello 2020.Un uomo con un’anima a parte, che viveva da sempre dentro i limiti di quelle terre, ma era come se vivesse in mille altre contrade sotto mille altri cieli. Non aveva mai fretta, nei suoi occhi convivevano timori e visioni immaginarie del tempo che trascina via ogni cosa, e quel tempo aveva residenza nel suo sguardo, perso a volte per orizzonti solo suoi, disincantato ma pure vigile, attento. Mengo coltivava due passioni, una per le persone che andavano via, l’altra per le pietre che morivano.