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Jacopo De Michelis, La stazione
Nelle viscere della Centrale
È la stazione di Milano, con la sua mole massiccia e la sua popolazione di diseredati, la vera protagonista del romanzo di Jacopo De Michelis, La stazione, pubblicato da Giunti. Riccardo Mezzanotte, un giovane poliziotto, ingiustamente trasferito alla Ferroviaria dalla Omicidi, indaga sugli animali squartati che vengono ritrovati in giro tra l’ilarità e il fastidio dei suoi colleghi. Nel frattempo Laura, una studentessa di medicina di buona famiglia, comincia a fare volontariato nel Centro d’ascolto della stazione. Entrambi hanno dentro una ferita: per Riccardo si tratta del conflitto irrisolto con il padre, che è stato una leggenda in polizia ed è morto per mano di un sicario prima di potersi rappacificare con il figlio; per Laura del terribile dono di sentire le sofferenze e le pulsioni delle persone che la circondano. Quando Laura finisce nelle grinfie del serial killer degli animali, è Riccardo a sottrarla a una fine orribile. Ma non ci sono solo i nemici esterni; c’è molto di marcio all’interno della polizia e Riccardo lo scopre a sue spese. Nel romanzo ha spazio anche il passato della stazione, con i binari da cui sono partiti i famigerati treni della deportazione nazista degli ebrei. Con stile incalzante Jacopo De Michelis conduce il lettore alla scoperta di un mondo parallelo dai contorni inquietanti.
Jacopo De Michelis è nato a Milano nel 1968 e vive a Venezia, dove lavora come editor presso Marsilio Editori. È stato traduttore, curatore di antologie, consulente editoriale e docente di narratologia alla NABA di Milano. Appassionato di fotografia, pubblica i suoi scatti su Instagram come @geidiemme.L’area della Centrale, soprattutto dopo il tramonto, era una terra di nessuno impastata di degrado, miseria e violenza, un far west popolato di emarginati e delinquenti dove le uniche leggi erano quelle del più forte e del più furbo. I viaggiatori in arrivo o in partenza la attraversavano a testa bassa e passo veloce, trattenendo il respiro finché non si sentivano fuori pericolo. Gli abitanti si asserragliavano in casa e chi era costretto a lavorarci - negozianti, tassisti, ferroviari, autisti dell’ATM – si guardava costantemente le spalle e, se ci credeva, raccomandava l’anima a Dio.