Rai Cultura

Carmine Castoro, Filosofia del totalitarismo "luminoso"

Dalla ghigliottina al miraggio del digitale

Partendo dal presupposto che la società in cui siamo immersi è orribilmente guasta, Carmine Castoro in Filosofia del totalitarismo “luminoso”, Dalla ghigliottina al miraggio del digitale, Potere e massa negli ultimi tre secoli, pubblicato da SSML Salerno, analizza le distorsioni del presente. Ma che cos’è il totalitarismo luminoso? Castoro lo definisce come il regime confusionario e concentrazionario di nuova generazione in cui viviamo. Il Crillastocene è per lui  “un Antropocene che rifugge dal Giusto”, che non si accorge più del male che fa, “perché tutto scivola, abbaglia, lubrifica, lussureggia e vaneggia come un meraviglioso Diamante rotante”: esprimiamo pareri senza sapere cosa diciamo. Mentre prima c’era un tiranno a cui opporsi, la battaglia da combattere ora è quella contro i fantasmi che ci assediano; il Potere si autoassolve, tutto si assomiglia e si ricombina con tutto. Nei programmi televisivi, nelle pubblicità dominano volatilità, volgarità, volubilità. Le vittime sacrificali di questo stato di cose sono le giovani generazioni, indifferenti alla Storia, assediate da alcol e droghe, e bisognose soprattutto di uscire dai propri ristretti confini. Mentre dominano digitalizzazione, liberalizzazione, omogeneizzazione e mediatizzazione, la conoscenza ha perso la sua centralità. Un libro dai toni volutamente apocalittici, che si chiude con un'immagine forte, presa dal recente film La zona di interesse di Jonathan Glazer: quella della villa piena di fiori in cui vive con la sua famiglia il direttore del campo di concentramento di Auschwitz; certo la polvere che esce dai forni crematori è spiacevole, così come disturba il rumore di fondo delle grida delle vittime, ma ci si può sempre turare il naso e tappare le orecchie per godersi il proprio giardino.

Ci troviamo di fronte a un minimalismo sventurato, opaco e osceno al contempo, bicefalo: quello di un’oggettività pilotata dai mercati, dai media mainstream e da uno Stato paternalistico e burocratizzato, incline a un’inautenticità che ci sagoma e scolora, dentro la quale siamo intrappolati come consumatori, spettatori, imitatori di modelli; e quello del ripiegamento, dell’andatura che si allontana senza gravità dal consorzio umano, del farsi-orlo, icona di sconfitta ma anche alea discreta di un nuovo ritorno e di un trionfo vero, un’energia in attesa di essere nuovamente disinibita, riattivata.


Carmine Castoro è filosofo della comunicazione, giornalista professionista dal 1997, collaboratore e inviato per quotidiani e magazine nazionali. Come autore televisivo ha firmato numerosi programmi per RAI Notte e per canali Sky. È professore incaricato di Semiotica dei linguaggi digitali e di Visual Storytelling a Lettere, e di Sociologia della devianza alla Magistrale di Scienze giuridiche della sicurezza, tutti presso l’università di Foggia; e di Etica del giornalismo di inchiesta e di Filosofia, Media e Tecnologia presso la Fondazione Teseo – SSML Salerno. Ha ricoperto incarichi anche alla Link Campus University e alla SSML San Domenico, a Roma, e alla UCM di Malta. A Foggia ha insegnato anche Semiotica dei linguaggi digitali e Sociologia dell’industria culturale al DEMET e Intelligence nelle telecomunicazioni ai Master di Criminologia e Psicologia investigativa. Tra i suoi ultimi libri: Filosofia dell’osceno televisivo, Clinica della tv, Il sangue e lo schermo, per Mimesis, e Covideocracy.