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"Semiramide", Atto II, Scena sesta

Il libretto di Semiramide è di Gaetano Rossi, tratto dall’omonima tragedia di Voltaire. L’opera, che si svolge in due atti, fu eseguita per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 3 febbraio 1823, e narra di 
Semiramide, Regina di Babilonia, che, con la complicità dell’amante, il principe Assur, si è macchiata del sangue del proprio consorte, Nino, per impadronirsi del trono. Semiramide, per garantire ad Assur la successione al trono, gli ha promesso la mano della principessa ereditaria Azema. Assur, però, non si fida della regina, che, infatti, si è infatuata di Arsace, un giovane comandante militare, e ha deciso di sposarlo, rinnegando la promessa fatta ad Assur. Ad opporsi alle nozze è il Gran Sacerdote Oroe, che legge nei segni celesti il presagio di una grave minaccia. Nel finale del primo atto, l’ombra di Nino si manifesta per invocare vendetta da Arsace, afflitto dall’imposizione di sposare Semiramide. Lui, infatti, è innamorato di Azema, a cui ha salvato la vita.
Nel secondo atto, Arsace scopre di essere il figlio di Semiramide e di Nino e scende nella tomba di quest’ultimo per uccidere Assur che vi si è nascosto. Semiramide non ha riconosciuto in Arsace il proprio figlio. Il giovane, involontariamente, uccide la madre e, sconvolto, sta per suicidarsi, ma Oroe lo ferma mentre il popolo, festante, lo proclama imperatore.

Nella 'Semiramide', meglio che in qualsiasi altra opera, si coglie la suggestione del canto rossiniano: il fascino astratto delle cabalette, l’indicibile bellezza di duetti con 'travesti' richiamanti il mondo leggendario dei castrati, il valore di un virtuosismo acrobatico posto al servizio dell’espressione musicale
Alberto Zedda, musicologo


Atto II, Scena sesta
Idreno e detti, indi cori di Donzelle, di Grandi e Indiani.