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"Mavra", opera buffa in un atto

Una svolta nel pensiero musicale di Stravinsky

L’avventura dell’ussaro travestito da domestica: così il “Radiocorriere” n. 7 del 1957 titolava l’articolo che annunciava l’imminente trasmissione televisiva (Programma Nazionale, 20 febbraio, ore 21,00) di Mavra, opera buffa in un atto di Boris Kochno, da un racconto in versi di Puškin, con musiche di Stravinsky, qui riproposta.

L’arte di Igor Stravinsky è una vera e propria bazza pei signori critici. Gli improvvisi scarti, le continue rinnegazioni, le inaspettate riprese del maestro russo offrono materia ideale a chi, per professione, ha l’obbligo di indagare, di giustificare e spiegare. Lui stesso, Stravinsky, il quale spesse volte compie le sue prodezze senza determinati e predisposti piani, senza rendersi d’esse un chiaro conto logico, ma così, guidato da supremo capriccio, da curiosità incessante e da sfrenata fantasia, dà buona corda ai critici e agli esegeti con il suo malizioso gusto di esemplificare, di essere il primo a costringere in termini sistematici, con dichiarazioni e discorsi, i liberi frutti della propria immaginazione e del proprio spirito di avventura
Giulio Confalonieri, ‘L’avventura dell’ussaro travestito da domestica’, in ‘Radiocorriere’, n. 7, 1957, p. 11

Mavra (1921-1922) è il primo lavoro importante del cosiddetto periodo neoclassico di Stravinsky. L’opera nacque per fare da prologo a La bella addormenta di Čajkovskij, programmata da Djagilev per i Ballets Russes. Stravinsky pensò di comporre una sorta di omaggio al melodramma russo ottocentesco precedente al Gruppo dei Cinque (Balakirev, Kjui, Musorgskij, Rimskij-Korsakov e Borodin), rivolgendo il proprio sguardo, quindi, essenzialmente, a Michail Glinka (1804-1857), l'iniziatore riconosciuto della scuola nazionale russa, e allo stesso Čajkovskij: un repertorio allora poco noto nell’Europa occidentale e che, a sua volta, s’ispirava a Rossini, Donizetti e Bellini.

Stravinsky non si limitò ad una semplice rievocazione del passato: la scrittura strumentale crea qui, infatti, l’effetto di distanziare la musica dalla drammaturgia, oggettivizzandola. In questo processo risulta fondamentale l’accompagnamento orchestrale, che si opporne ai contenuti espressivi del canto anche attraverso sonorità penetranti, conseguite per mezzo del netto prevalere degli strumenti a fiato (tre ottavini, due cornette, clarinetto piccolo, due clarinetti, quattro fagotti, quattro corni, quattro trombe, tre tromboni, basso tuba) con l'aggiunta di tre violoncelli, tre contrabbassi, timpani e dell'intervento sporadico di due violini e una viola: un riferimento al jazz, già rintracciabile in l’Histoire du soldat, e del ragtime. I modelli sette-ottocenteschi, poi, sono contaminati con l’immissione di motivi popolari russi e zigani.

La prima rappresentazione di Mavra si svolse all’Opéra di Parigi il 3 giugno 1922 e fu un insuccesso clamoroso. Stravinsky ne fu amareggiato in modo particolare e in più occasioni tornò a difendere questo lavoro, che riteneva tutt'altro che marginale nell'ambito della propria produzione artistica.

Sebbene fosse stata eseguita con la più grande coscienziosità dal direttore d’orchestra polacco Fitelberg, che si divideva allora il repertorio dei Ballettes Russes con Ansermet, ‘Mavra’ venne considerata come uno sconcertante scherzo da parte mia e fu un vero e proprio fallimento. Nello stesso modo fu considerata da tutta la critica […]. L’opera fu condannata senza appello, senza che le si riconoscesse la minima importanza, e come se non meritasse di essere esaminata a fondo. Solo alcuni musicisti della nuova generazione l’apprezzarono e si resero conto della svolta che essa segna nell’evoluzione del mio pensiero musicale
Igor Stravinsky, ‘Cronache della mia vita’, 1935


La trama
Paraša sta ricamando in un salotto borghese quando l'ussaro Vasilij si affaccia alla finestra. Paraša intona una malinconica canzone in cui si lamenta della prolungata assenza dell'innamorato. Vasilij le risponde intrecciando il proprio canto con il suo, fino a quando si allontana, lasciandola a terminare la sua aria. Fa il suo ingresso in scena la madre di Paraša, che si lamenta per la mancanza di una cuoca dopo la morte della vecchia Fyokla. La madre, allora, manda Paraša a cercare una nuova domestica mentre s’intrattiene con una vicina. Paraša fa ritorno a casa assieme a una robusta ragazza, Mavra, che presenta come la nuova cuoca, ma che altri non è se non Vasilij travestito. Rimasti soli, i due innamorati intonano un duetto; poi, anche Paraša si allontana. Rimasto sola in casa, Vasilij/Mavra ne approfitta per radersi, ma viene sorpresa dall'improvviso ritorno di Paraša e della madre, che sviene. Rinvenuta, la madre vede Mavra che, dopo aver cantato un'aria alquanto frettolosa, fugge dalla finestra, mentre la figlia grida: “Vasilij, Vasilij!”.

Mavra, opera buffa in un atto
Personaggi, ruoli e interpreti.
Paraša (soprano): Edda Vincenzi
Vicina (mezzosoprano): Fernanda Cadoni
Madre (contralto): Oralia Dominguez
Mavra/Vasilij (tenore): Alvinio Misciano

Orchestra Sinfonica di Milano della Rai diretta da Ettore Gracis
Scene e costumi: Franco Rognoni
Animazioni fantastiche: Maria Perego
Luci: David Altschüler
Regia: Tatiana Pavlova

Libretto: Boris Kochno, dal poema La casetta di Kolomn di Aleksandr Puškin

Musica: Igor Stravinsky
1.    Ouverture
2.    Aria di Paraša
3.    Canzone gitana dell'ussaro
4.    Dialogo (la Madre e Paraša)
5.    Aria della Madre
6.    Dialogo (la Madre e la Vicina)
7.    Duetto (la Madre e la Vicina)
8.    Dialogo (la Madre, la Vicina, Paraša e Mavra)
9.    Quartetto (la Madre, la Vicina, Paraša e Mavra)
10.    Dialogo (la Madre, la Vicina, Paraša e Mavra)
11.    Duetto (Paraša e Mavra)
12.    Dialogo (Paraša, Mavra e la Madre)
13.    Aria di Mavra
14.    Coda (Mavra, Paraša, la Madre e la Vicina)