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Duke Ellington, professione orchestra
Il 24 maggio 1974 ci lasciava il "Duca" del jazz
Anche se quel «Duke» è sempre stato interpretato come un titolo, in realtà si trattava di un soprannome che un vicino di casa della famiglia gli aveva attribuito quando era ancora un bambino, semplicemente perché trovava che gli stesse bene. Da allora, Edward Ellington (Washington 29 aprile 1899 - New York 24 maggio 1974) è sempre stato «Duke» Ellington, per diventare, poi, l’indiscusso «Duca» del jazz.
Pianista, direttore d'orchestra, arrangiatore, compositore, soprattutto. Forse l’unico, nel jazz, nel vero senso della parola. Tutte attività comunque indissolubilmente connesse: la musica di Ellington sorgeva e (quasi sempre) tramontava per le formazioni a cui egli stesso dava vita. Più che il pianoforte, era l'orchestra, con certe, determinate voci, il suo strumento vero e proprio, quello con cui si esprimeva più pienamente.
Appartenente alla cosiddetta «aristocrazia nera» (il padre era maggiordomo presso una famiglia benestante di Washington), il giovane Duke, dopo aver studiato pianoforte e manifestato un certo talento per il disegno e la pittura, e aver frequentato le scuole fino al compimento dei diciott’anni, iniziò presto a lavorare per rendersi indipendente dalla famiglia: fattorino, pittore di manifesti e insegne, pianista, naturalmente, e organizzatore di serate musicali su commissione. “Musica per tutte le occasioni” prometteva un annuncio pubblicitario che aveva fatto pubblicare sulle pagine dell’elenco telefonico. A diciannove anni (1908) era già sposato con Edna Thompson, che metterà al mondo il figlio Mercer.
Nel frattempo (1923), erano nati i Washingtonians, il suo primo “complesso”, che, tre anni dopo, ampliò, creando le basi per un nuovo linguaggio musicale, che si reggeva su composizioni originali e in un perfetto equilibrio tra l’assieme orchestrale e l’improvvisazione solistica.
Dal genere “jungle” degli anni Trenta a una certa prossimità col bop e all’influenza, che alcuni critici ravvisarono, della musica “colta” di Debussy, Ravel e Stravinsky, il successo dell’orchestra di Duke Ellington quasi non conobbe pause (a eccezione dei primi anni Cinquanta), forte, oltreché del suo leader, della presenza di straordinari solisti come, tra gli altri, Clark Terry e Ray Nance (tromba), Sam Woodyard (batteria), Ben Webster e Paul Gonsalves (sax tenore) e, soprattutto, Johnny Hodges (sax alto).
Nel video (circa 1952), Duke Ellington e la sua orchestra eseguono Sophisticated Lady (Ellington, 1932).
Pianista, direttore d'orchestra, arrangiatore, compositore, soprattutto. Forse l’unico, nel jazz, nel vero senso della parola. Tutte attività comunque indissolubilmente connesse: la musica di Ellington sorgeva e (quasi sempre) tramontava per le formazioni a cui egli stesso dava vita. Più che il pianoforte, era l'orchestra, con certe, determinate voci, il suo strumento vero e proprio, quello con cui si esprimeva più pienamente.
Appartenente alla cosiddetta «aristocrazia nera» (il padre era maggiordomo presso una famiglia benestante di Washington), il giovane Duke, dopo aver studiato pianoforte e manifestato un certo talento per il disegno e la pittura, e aver frequentato le scuole fino al compimento dei diciott’anni, iniziò presto a lavorare per rendersi indipendente dalla famiglia: fattorino, pittore di manifesti e insegne, pianista, naturalmente, e organizzatore di serate musicali su commissione. “Musica per tutte le occasioni” prometteva un annuncio pubblicitario che aveva fatto pubblicare sulle pagine dell’elenco telefonico. A diciannove anni (1908) era già sposato con Edna Thompson, che metterà al mondo il figlio Mercer.
Nel frattempo (1923), erano nati i Washingtonians, il suo primo “complesso”, che, tre anni dopo, ampliò, creando le basi per un nuovo linguaggio musicale, che si reggeva su composizioni originali e in un perfetto equilibrio tra l’assieme orchestrale e l’improvvisazione solistica.
Dal genere “jungle” degli anni Trenta a una certa prossimità col bop e all’influenza, che alcuni critici ravvisarono, della musica “colta” di Debussy, Ravel e Stravinsky, il successo dell’orchestra di Duke Ellington quasi non conobbe pause (a eccezione dei primi anni Cinquanta), forte, oltreché del suo leader, della presenza di straordinari solisti come, tra gli altri, Clark Terry e Ray Nance (tromba), Sam Woodyard (batteria), Ben Webster e Paul Gonsalves (sax tenore) e, soprattutto, Johnny Hodges (sax alto).
America Latina, Europa occidentale, Asia, Unione Sovietica. Non ci fu quasi lembo di terra che non fosse percorso da Duke Ellington, sempre più spesso reclamato anche per tenere conferenze nelle Università e per conferirgli lauree ad honorem (ne “collezionò" ben quindici). Per il suo settantesimo compleanno (1969), il Presidente degli U.S.A. Richard Nixon gli conferì la Medal of Freedom (la piú alta onorificenza civile americana) nel corso di un grande ricevimento dato in suo onore alla Casa Bianca, a cui furono invitate numerose personalità del jazz.Alla base del fascino di Ellington c’era […] questa combinazione: una musica capace di comunicare un significato immediato all’ascoltatore e di spingere i musicisti a suonare ai limiti delle proprie possibilità creative
Alyn Shipton, critico musicale
Dopo una lunga malattia, che, comunque, almeno in privato, non lo tenne mai troppo a lungo lontano dal suo pianoforte, Duke Ellington si spense il 24 maggio 1974. I funerali si svolsero nella chiesa di St. John the Divine di New York e vi parteciparono oltre diecimila persone, tra cui il “gotha” del jazz.La tua musica descrive nel modo più perfetto la visione morale, il coraggio e l'inesauribile ricchezza di risorse che hanno caratterizzato la lotta del popolo nero per la giustizia in questa società
Archie Shepp
Tutti i musicisti dovrebbero un certo giorno riunirsi per mettersi in ginocchio e dirti grazie
Miles Davis
Nel video (circa 1952), Duke Ellington e la sua orchestra eseguono Sophisticated Lady (Ellington, 1932).