Rai Cultura
1940s: Charlie Parker.
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1944: Billy Eckstine e la sua orchestra si esibiscono al The Aragon Ballroom di Pittsburgh, Pennsylvania. In prima fila: Billy Eckstine, Sarah Vaughan. In seconda fila: Eli "Lucky" Thompson, Sonny Stitt, Charlie Parker, Leo Parker, Gene Ammons. In terza fila: Benny Green, Gail Brockman, Shorty McConnell, Tommy Potter. In quarta fila: Sconosciuto, Theodore "Fats" Navarro, Howard McGhee, Dizzy Gillespie, Art Blakey.
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1947: Charlie Parker durante un’esibizione dal vivo. Con lui, Charles Thomas “Tommy” Potter (contrabbasso) e Miles Davis, (tromba).
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1947: Charlie Parker.
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1949: Charlie Parker e l’orchestra d'archi con la quale, tra il 1947 e il 1952, incise numerosi standard americani. A sinistra, Buddy Rich (batteria) e Ray Brown (contrabbasso). New York City.
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1949: Charlie Parker, Sven Bollhem e Max Roach.
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Senza data: Charlie Parker.
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Senza data: uno dei più famosi ritratti fotografici di Charlie “Bird” Parker.
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Senza data: Charlie Parker.
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Senza data: Charlie Parker.
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Senza data: Charlie Parker.
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Senza data: al centro, Charlie Parker e Dizzy Gillespie dal vivo sul palco.
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Senza data: Charlie Parker.
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1950: Charlie Parker e la moglie Chan.
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1950s: Charlie Parker passeggia nel Central Park di New York con la moglie Chan e il figlio Baird.
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1952: Kinescope di Charlie Parker e Max Roach in un’apparizione televisiva, New York.
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1953:. Max Roach (batteria), Dizzy Gillespie (tromba) e Charlie Parker. Toronto, Massey Hall.
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1954: Charlie PARKER.
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Senza data: Dizzy Gillespie (1917-1993), trombettista, protagonista del movimento be-bop assieme a Charlie Parker, gode di un momento di relax dietro le quinte mentre è in tournée in Inghilterra.
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Senza data: Jack Kerouac. Lo scrittore e poeta americano, come tutti gli altri protagonisti della Beat Generation, fu sedotto dal be-bop, fino a considerare Charlie Parker una sorta di divinità.
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1955: il funerale di Charlie Parker. Harlem, New York City.
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22. Senza data: il trombonista Jay Jay Johnson, membro dei “Charlie Parker All Stars”. Gli altri componenti del gruppo sono: Howard McGhee (tromba), Sonny Stitt (sax alto), Walter Bishop (piano), Tommy Potter (contrabbasso), Kenny Clarke (batteria).
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1956: Dizzy Gillespie si esibisce al Festival Internazionale del Jazz di Montreux.
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1957: Allen Ginsberg, Jack Kerouac e Gregory Corso al Greenwich Village, New York City. La musica di Charlie Parker fu una sorta di colonna sonora della vita e della letteratura dei beatnik.
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1959: Lo scrittore Gregory Corso a un Beat Party alla Seven Arts Coffee Gallery di New York. Alla morte del grande sassofonista, Gregory Corso scrisse la poesia ‘Requiem per Charlie Parker’.
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1966: Jack Kerouac durante la registrazione di un’intervista, in uno studio della Rai, a Milano. A destra, si scorge appena Fernanda Pivano.
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1988: nel film “Bird”, di Clint Eastwood, Forest Whitaker interpreta il ruolo di Charlie Parker.
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1988: nel film “Bird”, di Clint Eastwood, Forest Whitaker interpreta il ruolo di Charlie Parker.
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1988: Clint Eastwood e Forest Whitaker durante le riprese del film “Bird”.
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1996: nel film di Robert Altman “Kansas City”, Albert J. Burnes (a dx) interpreta il ruolo di Charlie Parker.
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2009: dischi di Charlie Parker su uno scaffale, nell’appartamento dello scrittore Ror Wolf, a Magonza, Germania.
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Charlie Parker: fra allucinazione e coscienza

"Bird" a cento anni dalla nascita

Affascinante, talentuoso, narcisista, creativo, indisciplinato, ingordo di cibo, eroina, alcool e sesso. Charlie Parker, “Bird”, entra ed esce dagli ospedali psichiatrici e sembra incarnare il genio e la sregolatezza dell’eroe tragico, romantico o beat. Una vita e una musica in precario equilibrio fra allucinazione e coscienza, pervase da mostruosi fantasmi interiori, che lo condurranno, fatalmente, verso una morte prematura.

Nasce a Kansas City nel 1920, Charlie Parker, ed è lì che debutta nel 1937, con orchestre mainstream e gruppi blues. È con uno di questi che, nel 1941, arriva sulla scena newyorkese. In quel periodo, ha già intrapreso la strada verso un stile personalissimo, estremamente innovativo, che svilupperà ulteriormente, fino a fare di lui uno dei padri fondatori del jazz moderno. Nel 1947, si stabilisce definitivamente a New York e, assieme a Dizzy Gillespie, Thelonius Monk, Charlie Christian, Kenny Clarke, Bud Powell, Max Roach e altri giovani musicisti afroamericani, che avvertono l’esigenza di evadere dalla prigione dello swing, ormai industrializzato e stereotipato dalle grandi orchestre bianche, dà origine a melodie insolite, decisamente non orecchiabili, costruite con frasi staccate, energiche, e intervalli a dir poco inusitati: è il be-bop, che esordisce nei locali della 52ª strada, sconvolgendo chi va ad ascoltarlo.

Appena fummo entrati, quei tipi afferrarono i loro strumenti e si misero a suonare quella loro roba folle. Uno si interrompeva improvvisamente, un altro cominciava a suonare senza una ragione al mondo. Noi non avremmo mai saputo dire quando un assolo avrebbe dovuto cominciare o terminare. Poi tutti quanti smisero di suonare di punto in bianco e se ne andarono dal podio. Ci spaventarono
Testimonianza dei musicisti dell’orchestra di Woody Herman

Parker, con il suo sax alto, è ineguagliabile per tecnica e immaginazione. Un solista stupefacente, esplosivo, in grado di improvvisare a velocità sorprendente.

Bird e i bopper strappano dal jazz l’etichetta di «espressione popolare» e considerano sé stessi, per la prima volta nella storia di questa musica, musicisti “seri”, artisti, non semplicemente esecutori. Assumono atteggiamenti del tutto originali, diventando presto simboli di un radicale anticonformismo sociale, oggetto – come la loro musica - di derisione da parte dell’opinione pubblica più conservatrice.

Lo stesso accadrà, pochissimi anni dopo, con i giovani poeti e scrittori della Beat Generation, prevalentemente bianchi, alla ricerca di alternative alla vita “in giacca e cravatta” proposta loro dal sistema: Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso, William Burroughs e altri ancora si fanno cantori di questa generazione, lasciandosi sedurre, non a caso, dalla musica e dalle abitudini dei bopper, e facendo di Charlie Parker quasi una divinità, in vita e in morte.

Charley Parker, perdonami/Perdonami se non rispondo ai tuoi occhi/Se non ho dimostrato/Ciò che sai inventare/Charley Parker, prega per me/Prega per me e per tutti/Nei Nirvana della tua mente/Dove ti nascondi, indulgente e immenso […]/Charley Parker, libera dalla sventura/me, e tutti quanti
Jack Kerouac, ‘Mexico City Blues’

Leggere (meglio se ad alta voce) una pagina di Kerouac è come ascoltare un assolo di Charlie Parker: il fraseggio dell’uno è quello dell’altro, le pause sono ridotte al minimo, il brano (s)corre tutto d’un fiato (salvo interrompersi bruscamente), poco importa se battuto sui tasti di una macchina per scrivere o su quelli di un sax. L’addio alla struttura tradizionale del romanzo è servito, così come quello ai ritmi delle grandi orchestre da ballo: è la strada che irrompe, prepotentemente, nelle note e nelle parole.

Charlie Parker muore nel 1955. Il suo corpo (e la mente) è talmente segnato dall’uso ultradecennale di sostanze e da altri eccessi, che il medico che esamina la salma non è in grado di stabilire le cause della morte. E ne stima l'età a cinquantatré anni, mentre ne ha solamente trentaquattro.

BIRD era più perso del suono/rompeva la barriera con un acuto di sax/BIRD era più su della luna/BIRD vagava anche sui tetti/
come uno strano monaco s’inchinava/sax in mano, alto sopra tutti/a guardare quella gente sotto/con strani occhi socchiusi/dicendo fra sé: «sì, sì»/come se niente contasse assolutamente niente/[…].BIRD è morto/ BIRD è morto/[…] piangete per BIRD/perché BIRD è morto
Gregory Corso, ‘Requiem per Charlie Parker’