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Alpi 2020: la terza tappa

Valnontey, Alpe Money

1 agosto 2020 – Valnontey, Alpe Money

Valnontey è una conca meravigliosa a nord del Gran Paradiso. Qui, di primo mattino, caricata l’attrezzatura necessaria negli zaini, ci immergiamo nel bosco di larici che popolano il fondo valle ancora in ombra, con i ghiacciai che si scorgono arroccati in lontananza sopra l’anfiteatro di grandi falesie già illuminate dal sole. Dopo pochi minuti di cammino, lasciamo il fondo valle per prendere un sentiero sulla destra idrografica della valle e saliamo un ripido pendio che ci porta in località Alpe Money, un alpeggio posto su un piccolo altipiano con un magnifico affaccio sulla valle.

Lungo il sentiero ritroviamo il punto da cui Mario Gabinio, nel 1903, aveva realizzato una fotografia panoramica della Valnontey, con un’ampia visione sui ghiacciai Money, Grand Croux e Tribolazione; mi accorgo subito che sicuramente oggi realizzerò un confronto di grande valore estetico e scientifico.

Arrivati agli alpeggi impiego quasi due ore per individuare la posizione esatta da cui era stata scattata una fotografia della collezione di Agostino Ferrari, archiviata presso la Fondazione Sella. Spesso la combinazione di lenti e formati di cui non ho trovato informazioni e la presenza di oggetti in primo piano complicano molto la ricostruzione della prospettiva originale. Mi bagno la testa, fa molto caldo, e mi sposto di una ventina di metri nella posizione di uno scatto di Jules Brocherel del 1920 che inquadra sempre gli alpeggi di Money con il ghiacciaio della Tribolazione e Grand Croux sullo sfondo.
Attendo Riccardo che sta finendo di realizzare un’immagine gigapixel con la testa panoramica, ci ristoriamo con qualche barretta e un po’ di pane e formaggio e ci incamminiamo velocemente verso valle.
Le temperature, nonostante fossimo a 2300 metri, erano straordinariamente elevate, quasi insopportabili nelle ore centrali della giornata; anche questo un chiaro segnale dei cambiamenti climatici in corso.

Il maltempo ci obbliga a restare in valle per un paio di giorni, ma le giornate non trascorrono invano: abbiamo tutto il materiale fotografico e video da scaricare ed elaborare, oltre alla stesura di questo diario che cerco sempre di scrivere a caldo, una volta scesi a valle, per non perdere la memoria viva e le emozioni della giornata.

4 agosto 2020 – Valnontey, Casolari di Herbetet
Oggi, di primo mattino, ci ha raggiunto a Cogne Daniele Cat Berro, ricercatore della Società Meteorologica Italiana e uno dei climatologi più esperti delle Alpi Occidentali. L’obiettivo della giornata è raggiungere gli alpeggi dell’Herbetet da cui ripetere alcune fotografie di Vittorio Sella e di Emilio Gallo del 1894. Nonostante il dislivello maggiore rispetto alla salita precedente, oggi il cielo è velato da nuvole provvidenziali che rendono l’ascesa meno faticosa, riparandoci dal sole.

In bassa valle, a circa 2000 metri di quota, troviamo un’incisione del 1866, scolpita dall'abate Jean Pierre Carrel e dall'esploratore genovese Enrico D’Albertis, che indica un accesso al ghiacciaio molto più in basso di dove si trova attualmente: venne
Poco sopra i 2400 metri raggiungiamo l’alpeggio e iniziamo a cercare l’elegante prospettiva della fotografia in cui Sella aveva incorniciato la fronte del ghiacciaio Money fra le due casette dell’Herbetet. Mentre attendiamo l’orario esatto per avere le ombre nella stessa posizione della fotografia storica, Daniele ci racconta l’importante lavoro della Società Meteorologica Italiana di studio sul clima e ci espone le sue preoccupazioni sugli effetti dei cambiamenti climatici sui ghiacciai alpini, anche rispetto alle conseguenze sulle attività umane.

Ripetuta la fotografia storica smontiamo velocemente le attrezzature e scendiamo lungo il sentiero di qualche centinaio di metri alla ricerca di un affaccio da cui Vittorio Sella ed Emilio Gallo avevano scattato altre due immagini del ghiacciaio Money.

6 agosto 2020 – Vetta del Breithorn
A partire dal 1881,Vittorio Sella ha raggiunto la cima delle principali vette alpine per realizzare fotografie panoramiche, ottenute unendo lastre singole scattate in formato30x40 o 20x25 cm. Imprese a dir poco eroiche se si considerano le pesanti e ingombranti attrezzature fotografiche dell’epoca le vie di salita spesso alpinistiche.

Oggi, a distanza di 138 anni e con un ottimo lavoro di squadra, siamo riusciti a ripetere la sua famosa panoramica dalla vetta del Breithorn (4164 metri) in direzione del Cervino, composta da ben 8 lastre affiancate.
Saliti con gli impianti da Cervinia fino ai 3400 metri del Plateau Rosa ci leghiamo in cordata per attraversare il ghiacciaio. Il dislivello non è particolarmente significativo, poco più di 700 metri, ma considerando la quota e gli zaini carichi di attrezzatura si rivela un ostacolo meno semplice del previsto.
Ciò che risulta, tuttavia, veramente complicato è la realizzazione della fotografia panoramica dalla vetta: questo tipo di immagini, se si considera la scelta che contraddistingue il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”di utilizzare fotocamere di grande formato per replicare le medesime caratteristiche delle fotografie storiche, richiede delle procedure e delle attenzioni particolari, soprattutto in un ambiente di alta quota: trovarsi su una vetta di oltre 4000 metri con poco spazio intorno e il vento teso da nord, la necessità di stabilizzare il cavalletto sulla precaria neve di cresta, di cambiare lastra ad ogni scatto e di calcolare l’angolo di rotazione del cavalletto in relazione alla lente scelta, sono tutte azioni per cui serve lucidità e precisione. Qualunque errore potrebbe comprometterebbe l’intero lavoro, del cui risultato si è certi solo dopo aver sviluppato le lastre in laboratorio.

Arrivati in vetta ho posizionato il solido cavalletto in carbonio, calcando con forza i puntali nella neve per stabilizzarlo al meglio. Poi ho individuato la lente adatta per ripetere fedelmente le inquadrature delle foto storiche. Infine ho scattato due sequenze, una con 8 lastre 4x5 pollici e una utilizzando il più piccolo formato 6x9 cm. Tutta l’operazione ci ha impegnati in vetta per oltre due ore, con il vento freddo che cominciava a farsi sentire: Marco mi ha aiutato nel tenere a mente la complicata sequenza dei passaggi di scatto; Dario, oltre a scattare le fotografie di backstage, ha mediato con diplomazia il passaggio sulla vetta degli alpinisti che sarebbero inesorabilmente risultati nell’immagine finale;  Riccardo aiutava Federico nella realizzazione delle riprese video anch’esse particolarmente complicate a causa del vento e del nevischio di cresta.

Devo confessare che è stata per me una vera emozione vedere l’impegno e la determinazione di tutta la squadra, unita dalla consapevolezza di collaborare alla realizzazione di un’immagine così importante per la documentazione degli effetti dei cambiamenti climatici.