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La Collezione Genesi
Una mostra itinerante in collaborazione con il FAI
Associazione Genesi presenta Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani, grande iniziativa artistico-culturale dedicata al tema dei diritti umani, che si svilupperà nel corso di un intero anno, dal 21 settembre 2021 al 21 settembre 2022.
Progetto Genesi si articola in un intreccio concettuale, temporale e tematico costituito da una mostra itinerante, in collaborazione con il FAI, della nuova raccolta d'arte contemporanea Collezione Genesi, da un ricco programma di attività educative rivolte al pubblico di tutte le età e da un ciclo di dodici conversazioni online in collaborazione con l'Università Cattolica. Il cuore di Progetto Genesi è costituito da un vivace gioco di rispecchiamenti tra iniziative parallele, fondato proprio sulla peculiarità della Collezione e della missione dell'Associazione.
Il progetto messo a punto è composito e interdisciplinare, si basa sulla sincronia tra momento espositivo e momento formativo. Il momento espositivo si compone di una mostra itinerante delle opere della Collezione Genesi che percorrerà l'Italia da Nord a Sud, toccando quattro città – Varese, Assisi, Matera e Agrigento – particolarmente rilevanti perché sedi sia di siti UNESCO che di Beni del FAI.
In questa galleria fotografica vi proponiamo una selezione di alcune opere tratte dalla Collezione Genesi:
FOTO N. 1: Souk de Boumia, Moyen-Atlas (Les Marocains), 2011, Stampa Lambda / Lambda print, 180 x 120 cm [Ph. Courtesy Fondation Leila Alaoui e / and GALLERIA CONTINUA]
La memoria di un popolo. Le opere di questa sezione indagano come le tradizioni e la storia di ogni comunità siano da considerarsi una memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale. Souk de Boumia, Moyen-Atlas (2011) di Leila Alaoui fa parte della serie fotografica Les Marocains, in cui l’artista costituisce un archivio visivo degli usi e costumi a rischio di scomparsa del suo paese di provenienza: il Marocco.
FOTO N. 2: Autocartography III, 2012, Acquarello, acrilico e matita colorata su pergamena di cotone / Watercolor, acrylic and colored pencil on cotton vellum, 229 x 236,2 cm. [Ph. Copyright e / and Courtesy Mequitta Ahuja]
Un’identità multiculturale. Le opere di questa sezione parlano di un’identità molteplice e dell’importanza del dialogo, dell’interscambio e il rispetto reciproco tra culture. Mequitta Ahuja in Autocartography III (2012) delinea un suo triplice autoritratto attingendo alle sue radici indiane, africane, americane, all’iconografia religiosa, ai murales popolari, agli antichi manoscritti miniati e alle miniature indù.
FOTO N.3: Collective Objects, 2021, Chiffon, mussola, cotone, poliestere, velluto, cartolina, ecopelle, stampa a getto d’inchiostro su chiffon, carta, vinile trasparente e tessuto trovato / Chiffon, muslin, cotton,
polyester, velvet, postcard, faux leather, inkjet print on chiffon, paper, clear vinyl and found fabric, 203 x 350,5 cm. [Ph. Nabil J. Harb. Courtesy Hangama Amiri e / and albertz benda]
La memoria di un popolo. Le opere di questa sezione indagano come le tradizioni e la storia di ogni comunità siano da considerarsi una memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale. Hangama Amiri in Collective Objects (2021) fa riemergere il ricordo del suo paese di nascita, il Pakistan, unendo tessuti e immagini trovate nelle comunità di afghani come lei stessa emigrati a New York.
FOTO N. 4: Kurdistan 3, 2020, Acrilico, pennarello su mappa / Acrylic, felt pen on map, 150 x 100 cm. [Ph. Ludovica Magnini. Courtesy Zehra Doğan]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Zehra Doğan sottolinea come il patriarcato nella società curda ha portato lei stessa e altre donne a vivere l’esperienza drammatica del carcere, durante la quale – e anche in seguito – l’artista ha realizzato opere con materiali e supporti di recupero (il tappeto di Shahmeran, 2020, e la mappa dell’Impero Ottomano di Kurdistan 3, 2020).
FOTO N. 5: Muholi Muholi, Room 107 Day Inn Hotel, Burlington, Vermont, 2017, Stampa alla gelatina sali d’argento / Silver gelatin print, 86,5 x 60,5 cm. [Ph. Copyright Zanele Muholi. Courtesy Stevenson,
Amsterdam/Cape Town/Johannesburg e / and Yancey Richardson, New York]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Muholi Muholi, Room 107 Day Inn Hotel, Burlington, Vermont (2017) di Zanele Muholi Vermont fa parte della serie fotografica in cui l’artista si mostra come donna lesbica di colore che stabilisce un contatto visivo con lo spettatore attraverso uno sguardo incrollabile di autocoscienza e determinazione.
FOTO N. 6: Stories of Martyrdom (Women of Allah Series), 1994, Stampa RC e inchiostro / RC print and ink, 121,41 x 81,53 cm. [Ph. Copyright Shirin Neshat, Courtesy Shirin Neshat e / and Gladstone Gallery, New York and Brussels]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Stories of Martyrdom (Women of Allah Series) (1994) di Shirin Neshat restituisce la figura della donna nella dualità dei ruoli attribuitile nella società iraniana post-rivoluzionaria: da un lato sottomessa ai rigidi dettami religiosi (l’obbligo del chador), dall’altro partecipe e guerriera (la presenza del fucile). I testi in lingua farsi scritti sulle mani esplorano le sfere dell’intimità, della sessualità, del femminismo.
FOTO N. 7: In a Place Yet Unknown, 2017, Tessuto, serbatoio in metallo, inchiostro, tintura / Woven fabric, metal reservoir, ink, dye, 266 x 180 cm. [Ph. Courtesy Otobong Nkanga e / and Mendes Wood DM,
São Paulo, Brussels, New York]
Un’identità multiculturale. Le opere di questa sezione parlano di un’identità molteplice e dell’importanza del dialogo, dell’interscambio e il rispetto reciproco tra culture. In a Place Yet Unknown (2017), Otobon Nkanga visualizza una metafora: il processo di trasformazione dell’arazzo, che cambia di colore mentre filtra l’inchiostro nero dalla piccola vasca al suolo, è metafora dei processi di trasformazione della società capaci di renderla multiculturale.
FOTO N. 8: #life is your hands#, 2019, Inchiostro, acrilico e posca su tela / Ink, acrylic and posca on canvas, 200 x 170 cm. [Ph. Copyright Jean David Nkot. Courtesy AFIKARIS e / and Jean David Nkot]
Le vittime del Potere. Le opere di questa sezione ricordano le violenze perpetrate o tollerate, in alcune aree del mondo, dagli stessi governi sui propri cittadini, vittime di costrizioni, censure, genocidi, guerre, sfruttamento. Jean David Nkot in #life is your hands# (2019) ritrae una lavoratrice emigrante con il suo strumento da lavoro che ci osserva, interrogandoci sulle condizioni disumanizzanti degli emigranti nel mondo.
FOTO N. 9: Mugshot Portraits: Women of the Montgomery Bus Boycott, Charlie Mae Slaughter, 2018, Grafite e matita su carta / graphite and pencil on paper, 119,38 x 83,82 cm. [Ph. Courtesy Lava Thomas e / and Rena Bransten Gallery]
Il colore della pelle. Questa sezione include opere di artisti di colore nati negli Stati Uniti, che raccontano storie vere legate ai pregiudizi e alle ingiustizie avvenute nel loro paese nei confronti delle persone di colore. Mugshot Portraits: Women of the Montgomery Bus Boycott, Charlie Mae Slaughter (2018) di Lava Thomas è un ritratto desunto da una foto segnaletica di una donna incriminata negli anni Cinquanta in base alle leggi anti-boicottaggio dell’Alabama. Il Montgomery Bus Boycott citato nel titolo fu una protesta che iniziò nel 1955 a Montgomery quando Rosa Parks rifiutò di cedere il posto su un autobus a un bianco e molte altre donne di colore seguirono il suo esempio.
FOTO N. 10: Omelia Contadina, Dario Sforza, Sepoltura, Castel Giorgio, Italie, 2019, (2019), Stampa a colori, Dibond, Plexiglas opaco, cornice a cassetta a filo in acero / Color print, Dibond, mat Plexiglas, American flushed maple frame, 190 x 140 x 9 cm. [Ph. Ela Bialkowska, OKNO Studio. Courtesy JR e / and GALLERIA CONTINUA]
La tutela dell’ambiente. Le opere di questa sezione indagano sui danni causati dalle attività umane sull’ecosistema e l’urgenza di preservare l’equilibrio tra essere umano e natura mediante uno sviluppo sostenibile.
La fotografia di JR della serie Omelia contadina (2019) è un omaggio ai contadini che lottano ogni giorno per difendere i loro territori dalle monoculture intensive. La gigantografia di un contadino è posta in una fossa, come i defunti vengono accolti nei cimiteri ma anche come i semi vengono riposti al suolo per generare nuova vita.
Progetto Genesi si concluderà a Roma, a un anno esatto dal suo inizio, il 21 settembre 2022, con l’organizzazione di una grande manifestazione di chiusura.
Tutte le informazioni si possono trovare su: https://associazionegenesi.it/.
Progetto Genesi si articola in un intreccio concettuale, temporale e tematico costituito da una mostra itinerante, in collaborazione con il FAI, della nuova raccolta d'arte contemporanea Collezione Genesi, da un ricco programma di attività educative rivolte al pubblico di tutte le età e da un ciclo di dodici conversazioni online in collaborazione con l'Università Cattolica. Il cuore di Progetto Genesi è costituito da un vivace gioco di rispecchiamenti tra iniziative parallele, fondato proprio sulla peculiarità della Collezione e della missione dell'Associazione.
Il progetto messo a punto è composito e interdisciplinare, si basa sulla sincronia tra momento espositivo e momento formativo. Il momento espositivo si compone di una mostra itinerante delle opere della Collezione Genesi che percorrerà l'Italia da Nord a Sud, toccando quattro città – Varese, Assisi, Matera e Agrigento – particolarmente rilevanti perché sedi sia di siti UNESCO che di Beni del FAI.
In questa galleria fotografica vi proponiamo una selezione di alcune opere tratte dalla Collezione Genesi:
FOTO N. 1: Souk de Boumia, Moyen-Atlas (Les Marocains), 2011, Stampa Lambda / Lambda print, 180 x 120 cm [Ph. Courtesy Fondation Leila Alaoui e / and GALLERIA CONTINUA]
La memoria di un popolo. Le opere di questa sezione indagano come le tradizioni e la storia di ogni comunità siano da considerarsi una memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale. Souk de Boumia, Moyen-Atlas (2011) di Leila Alaoui fa parte della serie fotografica Les Marocains, in cui l’artista costituisce un archivio visivo degli usi e costumi a rischio di scomparsa del suo paese di provenienza: il Marocco.
FOTO N. 2: Autocartography III, 2012, Acquarello, acrilico e matita colorata su pergamena di cotone / Watercolor, acrylic and colored pencil on cotton vellum, 229 x 236,2 cm. [Ph. Copyright e / and Courtesy Mequitta Ahuja]
Un’identità multiculturale. Le opere di questa sezione parlano di un’identità molteplice e dell’importanza del dialogo, dell’interscambio e il rispetto reciproco tra culture. Mequitta Ahuja in Autocartography III (2012) delinea un suo triplice autoritratto attingendo alle sue radici indiane, africane, americane, all’iconografia religiosa, ai murales popolari, agli antichi manoscritti miniati e alle miniature indù.
FOTO N.3: Collective Objects, 2021, Chiffon, mussola, cotone, poliestere, velluto, cartolina, ecopelle, stampa a getto d’inchiostro su chiffon, carta, vinile trasparente e tessuto trovato / Chiffon, muslin, cotton,
polyester, velvet, postcard, faux leather, inkjet print on chiffon, paper, clear vinyl and found fabric, 203 x 350,5 cm. [Ph. Nabil J. Harb. Courtesy Hangama Amiri e / and albertz benda]
La memoria di un popolo. Le opere di questa sezione indagano come le tradizioni e la storia di ogni comunità siano da considerarsi una memoria collettiva da preservare in quanto elemento identitario fondamentale. Hangama Amiri in Collective Objects (2021) fa riemergere il ricordo del suo paese di nascita, il Pakistan, unendo tessuti e immagini trovate nelle comunità di afghani come lei stessa emigrati a New York.
FOTO N. 4: Kurdistan 3, 2020, Acrilico, pennarello su mappa / Acrylic, felt pen on map, 150 x 100 cm. [Ph. Ludovica Magnini. Courtesy Zehra Doğan]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Zehra Doğan sottolinea come il patriarcato nella società curda ha portato lei stessa e altre donne a vivere l’esperienza drammatica del carcere, durante la quale – e anche in seguito – l’artista ha realizzato opere con materiali e supporti di recupero (il tappeto di Shahmeran, 2020, e la mappa dell’Impero Ottomano di Kurdistan 3, 2020).
FOTO N. 5: Muholi Muholi, Room 107 Day Inn Hotel, Burlington, Vermont, 2017, Stampa alla gelatina sali d’argento / Silver gelatin print, 86,5 x 60,5 cm. [Ph. Copyright Zanele Muholi. Courtesy Stevenson,
Amsterdam/Cape Town/Johannesburg e / and Yancey Richardson, New York]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Muholi Muholi, Room 107 Day Inn Hotel, Burlington, Vermont (2017) di Zanele Muholi Vermont fa parte della serie fotografica in cui l’artista si mostra come donna lesbica di colore che stabilisce un contatto visivo con lo spettatore attraverso uno sguardo incrollabile di autocoscienza e determinazione.
FOTO N. 6: Stories of Martyrdom (Women of Allah Series), 1994, Stampa RC e inchiostro / RC print and ink, 121,41 x 81,53 cm. [Ph. Copyright Shirin Neshat, Courtesy Shirin Neshat e / and Gladstone Gallery, New York and Brussels]
La condizione femminile. Le opere di questa sezione portano in luce il ruolo della donna all’interno di contesti, privati o pubblici, in cui la supremazia maschile è ancora presente. Stories of Martyrdom (Women of Allah Series) (1994) di Shirin Neshat restituisce la figura della donna nella dualità dei ruoli attribuitile nella società iraniana post-rivoluzionaria: da un lato sottomessa ai rigidi dettami religiosi (l’obbligo del chador), dall’altro partecipe e guerriera (la presenza del fucile). I testi in lingua farsi scritti sulle mani esplorano le sfere dell’intimità, della sessualità, del femminismo.
FOTO N. 7: In a Place Yet Unknown, 2017, Tessuto, serbatoio in metallo, inchiostro, tintura / Woven fabric, metal reservoir, ink, dye, 266 x 180 cm. [Ph. Courtesy Otobong Nkanga e / and Mendes Wood DM,
São Paulo, Brussels, New York]
Un’identità multiculturale. Le opere di questa sezione parlano di un’identità molteplice e dell’importanza del dialogo, dell’interscambio e il rispetto reciproco tra culture. In a Place Yet Unknown (2017), Otobon Nkanga visualizza una metafora: il processo di trasformazione dell’arazzo, che cambia di colore mentre filtra l’inchiostro nero dalla piccola vasca al suolo, è metafora dei processi di trasformazione della società capaci di renderla multiculturale.
FOTO N. 8: #life is your hands#, 2019, Inchiostro, acrilico e posca su tela / Ink, acrylic and posca on canvas, 200 x 170 cm. [Ph. Copyright Jean David Nkot. Courtesy AFIKARIS e / and Jean David Nkot]
Le vittime del Potere. Le opere di questa sezione ricordano le violenze perpetrate o tollerate, in alcune aree del mondo, dagli stessi governi sui propri cittadini, vittime di costrizioni, censure, genocidi, guerre, sfruttamento. Jean David Nkot in #life is your hands# (2019) ritrae una lavoratrice emigrante con il suo strumento da lavoro che ci osserva, interrogandoci sulle condizioni disumanizzanti degli emigranti nel mondo.
FOTO N. 9: Mugshot Portraits: Women of the Montgomery Bus Boycott, Charlie Mae Slaughter, 2018, Grafite e matita su carta / graphite and pencil on paper, 119,38 x 83,82 cm. [Ph. Courtesy Lava Thomas e / and Rena Bransten Gallery]
Il colore della pelle. Questa sezione include opere di artisti di colore nati negli Stati Uniti, che raccontano storie vere legate ai pregiudizi e alle ingiustizie avvenute nel loro paese nei confronti delle persone di colore. Mugshot Portraits: Women of the Montgomery Bus Boycott, Charlie Mae Slaughter (2018) di Lava Thomas è un ritratto desunto da una foto segnaletica di una donna incriminata negli anni Cinquanta in base alle leggi anti-boicottaggio dell’Alabama. Il Montgomery Bus Boycott citato nel titolo fu una protesta che iniziò nel 1955 a Montgomery quando Rosa Parks rifiutò di cedere il posto su un autobus a un bianco e molte altre donne di colore seguirono il suo esempio.
FOTO N. 10: Omelia Contadina, Dario Sforza, Sepoltura, Castel Giorgio, Italie, 2019, (2019), Stampa a colori, Dibond, Plexiglas opaco, cornice a cassetta a filo in acero / Color print, Dibond, mat Plexiglas, American flushed maple frame, 190 x 140 x 9 cm. [Ph. Ela Bialkowska, OKNO Studio. Courtesy JR e / and GALLERIA CONTINUA]
La tutela dell’ambiente. Le opere di questa sezione indagano sui danni causati dalle attività umane sull’ecosistema e l’urgenza di preservare l’equilibrio tra essere umano e natura mediante uno sviluppo sostenibile.
La fotografia di JR della serie Omelia contadina (2019) è un omaggio ai contadini che lottano ogni giorno per difendere i loro territori dalle monoculture intensive. La gigantografia di un contadino è posta in una fossa, come i defunti vengono accolti nei cimiteri ma anche come i semi vengono riposti al suolo per generare nuova vita.
Progetto Genesi si concluderà a Roma, a un anno esatto dal suo inizio, il 21 settembre 2022, con l’organizzazione di una grande manifestazione di chiusura.
Tutte le informazioni si possono trovare su: https://associazionegenesi.it/.