Il tuo browser non supporta video HTML5
In volo con Gianni Caproni
100 anni di Storie
La prima guerra moderna è segnata dalla conquista dei cieli. Quella del pilota non è una figura qualsiasi, è quasi una creatura leggendaria. L'aviatore si batte fra cielo e terra e per questa sua particolarità gli si attribuisce il titolo di Asso dell’aviazione. Lo ottiene chi abbatte almeno cinque aerei nemici. E subito il pensiero va al tedesco Manfred von Richthofen il Barone rosso o all’Italiano Francesco Baracca.
Nelle attività belliche l’Italia era stata la prima ad utilizzare gli aeroplani già nel 1911 durante la campagna di Libia, ma nel maggio del 1915 quando entra in guerra, può contare soltanto su un’ottantina di velivoli.
Tuttavia, all’inizio del secolo, la fabbricazione di motori nel paese è arretrata e molto scarsa rispetto alle altre potenze come la Francia che conta un’elevata produzione di cellule di aeroplani, o come la Germania, famosa per la costruzione di motori di elevata tecnica aeronautica. In Italia chi fabbrica aeroplani è solo la ditta Caproni.
Le intuizioni di Gianni Caproni saranno fondamentali per gli sviluppi dell’uso bellico dell’aviazione, sancito definitivamente dalla prima guerra mondiale. Imprenditore e ingegnere trentino, vedeva da anni la necessità di uno sviluppo bellico dell'aviazione. Grande progettista di aeroplani, durante l’epoca pionieristica dell’aviazione, nel periodo fra le due guerre, è stato uno degli industriali più importanti del suo tempo. Dopo gli studi ingegneristici a Monaco e a Liegi, Caproni si trasferisce in Lombardia, sceglie l’Italia abbandonando per sempre il Terentino all’epoca sotto il dominio asburgico.
Nel 1910 fonderà la Caproni che, pur cambiando nome sociale più volte, rimarrà una costante nella realtà industriale aeronautica italiana anche tramite i suoi progetti personali.
Sebbene l’attività di industriale lo avesse condotto a vivere fra Milano e Roma, egli non dimenticò mai il suo paese natale. Alla fine del secondo conflitto mondiale Caproni attraverserà difficoltà politiche ed economiche che porteranno alla chiusura dell'azienda nel 1950.