Addio a Enzo Mari
Il grande designer è scomparso a 88 anni
L’apparente ricchezza formale degli oggetti che l’attuale società dei consumi fa proliferare, quasi sempre coincide con un loro decadimento anche formale. Infatti la breve durata, richiesta da continue e urgenti necessità di produzione che favoriscono il susseguirsi delle mode determina, per forza di cose, una loro nascita affrettata mediante processi superficiali e approssimativi che spesso si risolvono nella riproposta o variazione di particolari formali
Enzo Mari 1970
La più grande capacità di Enzo Mari (1932-2020) è stata quella di creare un design funzionale, frutto di una progettazione “illuminista” e specchio di una visione etica ed umana. La figura di Mari rappresenta un unicum incomparabile nel mondo del design, sia per la quantità di opere e oggetti creati, dall’arte figurativa al design, fino alla grafica e agli allestimenti, sia per le idee estetiche, politiche e sociali espresse nei suoi numerosi saggi, per i quali, è considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e mondiale. Mari non ha mai aderito design radicale dei suoi coetanei (Sottsass, La Pietra, Pesce, Pettena, Dalisi, Mendini), la sua visione estrema ha prodotto una critica approfondita del sistema culturale avvinghiato alle catene del consumismo.
In tutto il mio lavoro, la ricerca era quella della dignità. Come fare qualche cosa che corrispondesse a una dignità, per me e per gli altri ?
Enzo Mari
Mari era nato a Cerano, in provincia di Novara e ha vissuto sempre a Milano dove da giovane aveva svolto piccoli lavori presso noti studi d’architettura fra cui Albini, BBPR e Ponti. Dopo la Scuola Superiore di Arte Applicata e Industria, Mari frequentava l'Accademia di Brera approfondendo studi sulla spazialità e la percezione visiva; amava Giotto e Piero della Francesca. Ben presto, dalla teoria passa alle prime prove pratiche sui fenomeni percettivi con rappresentazioni di ambienti e modelli tridimensionali: Le Strutture, sono oggetti realizzati a basso costo con filo, lamiera, carta, legno, alluminio, ottone e plastica.
Milano, Aprile 2011. Ritratto di Enzo Mari, designer e architetto di Carlos Jones/Contrasto
L’esordio pubblico è del 1957, con una personale presso lo studio d’architettura B24 di Milano: Enzo Mari: esperimenti colore-volume. Per il giovane artista arrivano le prime conferme negli ambienti dell’Arte Concreta e nel 1959, Bruno Munari e Max Bill curano l’introduzione ad una sua monografia, citando le Strutture come risultato della riflessione tra arte e plastica, tra pensiero creativo e progetto logico. Per Mari l’opera d’arte è oggettiva, prodotta con un metodo ferreo basato su continue verifiche, un approccio scientifico contrario a quello romantico del genio saturnino. Già la metodologia di Mari si avvicina alla progettazione architettonica e al design, a parole d'ordine come progettualità, comunicabilità, complessità, scambio tra opera e utenza.
Quando un pittore del Rinascimento faceva un certo discorso usava dei mezzi comprensibili a tutti; quando un pittore della nostra epoca fa il suo discorso, usa dei mezzi comprensibili a se stesso soltanto. Ciò è assurdo perché l’arte deve essere comunicabile
Enzo Mari, 1963
Mari non era il solo a muoversi in questa direzione. Nel 1959 nasceva a Milano Gruppo T (Anceschi, Boriani, Varisco, De Vecchi, Colombo) e a Padova Gruppo N (Chiggio, Costa, Landi, Massironi), con i quali, nel '63, firmava il Manifesto dell’Arte Programmata, per un’arte collettiva, capace di attivare la coscienza rivoluzionaria.
Mari chiarisce le problematiche del rapporto arte e industria anche grazie alla solidale amicizia con Munari, che influenzerà parte del suo lavoro. A lui si ispira per i 16 animali, puzzle a incastro progettato nel 1956 e messo in vendita da Danese nel '57, un'azienda che allora che stava crescendo e nella quale Mari sperimenterà i vincoli tecnologici e le regole del mercato seriale.
Negli anni Sessanta, Mari espone a “Nuova Tendenza” di Zagabria e nel 1965, diventata il coordinatore dell’evento, dedicando al multiplo d’arte la manifestazione. Tra il 1961 e il '67, Danese proponeva le sue serigrafie Serie della natura, forme semplici e scarne provenienti dal mondo animale e vegetale. A differenza degli oggetti pop e radical, spesso colorati e ridondanti, quelli di Mari sono quasi pedagogici, forme archetipe di immediato coinvolgimento.
Mari ha approfondito il tema del lavoro secondo la filosofia marxista: il primo fruitore del progetto è l’operaio che lo realizza e solo dopo, colui che lo acquista e lo usa. Gesto estremo contro il consumismo, la sua proposta dell’autoprogettazione, un modo per sostenere che il design è tale solo se comunica conoscenza. Con Sedia 1 (1974), anticipa il concetto Ikea, "do it yourself".
La pulsione al progetto è uno dei bisogni fondamentali dell'uomo, uguale a quello della fame, cioè della sopravvivenza dell'individuo e uguale a quello del sesso, cioè della sopravvivenza della specie.
Enzo Mari
Nel 1963, Mari inizia a tenere corsi presso la Scuola Umanitaria e nella facoltà di Disegno Industriale e Architettura del Politecnico di Milano, mentre a Parma, insegna Storia dell'Arte. Nel 1967, fu premiato con il primo Compasso d'Oro, ne seguiranno altri cinque, l'ultimo nel 2011.
Mari ha progettato più di 1.500 oggetti, soprattutto per grandi aziende italiane; oltre a Danese, Zanotta, Driade, Alessi, Artemide, Olivetti, Ideal Standard, Flou e altre ancora. Oggetti iconici come le sedie Delfina e Mariolina, la libreria Glifo, il calendario a parete Formosa, l'appendiabiti Togo e tanti altri, rimangono immagini vivide nella nostra memoria.
Io amo lavorare solo per chi dimostra vera passione per il progetto. Come si fa a riconoscere chi ha questa passione? Prima di tutto chiedendosi se quel determinato committente metterebbe nella propria casa l’oggetto progettato. Un progetto è innovativo quando porta una novità nella tecnologia o nel linguaggio. Questo risultato si raggiunge lavorando all’interno di un’azienda, perché per fare un buon articolo si deve sbagliare, rifare. Devi sbatterci la testa sopra per anni. Con queste premesse, sfido chiunque a creare una sedia nuova e sfido chiunque a contestare quello che sto dicendo. Per far design occorre un bagaglio di conoscenze, oltre che grande esperienza …
Enzo Mari
Tra i suoi libri più noti, 25 modi per piantare un chiodo (2011), importante riflessione di un professionista che ha vissuto e fatto l'epoca del design italiano. Enzo Mari ne è stato la coscienza; una vena critica e ironica al tempo stesso, gli ha permesso di non cedere alle lusinghe del successo commerciale, preferendo insistere sulle numerose contraddizioni di quello che per lui è stato un mestiere sociale in un contesto capitalista.