Le architetture dei regimi totalitari
La proiezione del futuro
Rai Cultura ha incontrato il professor Aristotle Kallis, storico e docente dell'Università di Lancaster (borsista della British School at Rome nel 2012) per riflettere sull'architettura dei regimi totalitari del '900. In particolare la testimonianza di Kallis si concentra sulle architetture italiane del ventennio fascista – fra classicismo, romanità e Razionalismo – viste come punto centrale su un'asse che parte dalla Germania nazista, dominata dai progetti di Albert Speer, per giungere alle tensioni fra avanguardia e tradizione nell'Unione Sovietica.
Il rapporto tra arte e potere è sempre stato un mezzo di propaganda. L’architettura nei regimi totalitari è la proiezione del futuro, la cristallizzazione dell’ideologia e il successo di una rivoluzione. Fra gli anni ‘20 e ’30, l’Italia fascista si diversifica profondamente in senso architettonico, poiché occupa una posizione intermedia nel suo panorama artistico fatto di molteplici fascismi. Costruisce la sua immagine sull’onda della poetica futurista, ma trova ispirazione anche nel fasto del classicismo dell’antica Roma, o nello stile neobarocco. Ma la vera innovazione sta nella nascita di una nuova corrente: Il Razionalismo.
«Tra il passato nostro e il nostro presente non esiste incompatibilità. Noi non vogliamo rompere con la tradizione: è la tradizione che si trasforma, assume aspetti nuovi, sotto i quali pochi la riconoscono.»
Gruppo 7, 1926
Movimento artistico sviluppatosi in Europa durante il primo ventennio del ‘900, il Razionalismo, si fonda sulla concezione di dare una nuova impostazione all’uso progettuale, tentando di rispondere positivamente alle richiesta di rinnovamento estetico nato dallo sviluppo della società industriale. Il Razionalismo Architettonico propone l’applicazione dell’ordine alla realtà, richiama ai processi logici della scienza e della tecnica. Dare alla realtà sociale ed economica una soluzione razionale dei problemi attraverso le esigenze della produzione industriale con l'eliminazione di ogni componente emotiva purificandone la forma con la prassi dei colori fondamentali, come il bianco.