Storia e restauro del cavallo "Rai"
Tutto sulla scultura del cavallo simbolo della RAI di Francesco Messina
Lo scultore siciliano Francesco Messina (Linguaglossa, Catania, 15 dicembre 1900 – Milano, 13 settembre 1995) è autore di alcuni dei maggiori monumenti del Novecento italiano.
Tra questi, il grande cavallo in bronzo alto circa cinque metri, che fu installato nel 1966 nel giardino all’ingresso della sede generale della RAI in Viale Mazzini 14 a Roma e che è diventato oramai un simbolo dell’Azienda. La scultura, un’opera certamente di grande rilievo e anche di notevole impegno economico, gli venne commissionata nel 1964 dall'allora Vice Direttore Generale Marcello Bernardi.
Verso la fine degli anni Novanta Vittorio Emiliani, attento alla salvaguardia del patrimonio artistico da sempre, grazie alla frequentazione quotidiana del palazzo di viale Mazzini in quanto consigliere di amministrazione della RAI, notò che la superfice bronzea del cavallo “non stava bene” e chiese al grande esperto di restauro Giuseppe Basile una verifica tecnica approfondita.
Risultò che la scultura era seriamente in pericolo e necessitava di un urgente intervento per la sua conservazione. L’istituto Centrale per il Restauro si dimostrò interessato e generoso e ne curò a titolo gratuito il restauro, che la RAI ha documentato in tutte le sue fasi. Le riprese sono state integrate con uno straordinario filmato - Un Cavallo, un mito - realizzato nel 2000 da Fernando Ferrigno, un colto e appassionato giornalista della RAI e esperto in particolare di beni culturali, che per anni ha curato la trasmissione Bell’Italia e in seguito ha continuato a occuparsi di arte al TG3.
Il restauro del cavallo, molto impegnativo per lo stato di degrado in cui versava la scultura, venne organizzato dall’Istituto Centrale del Restauro come cantiere didattico. Giuseppe Basile, scomparso nel 2013, in quest’intervista realizzata da Rai Cultura nel 2013, ci illumina su come il cavallo fosse stato pensato all’origine dallo scultore quale elemento di un’opera celebrativa del grande Libertador venezuelano Simón Bolívar, eroe delle lotte per l'indipendenza dell'America Latina che nei primi decenni dell'Ottocento liberò Venezuela, Perù e l’attuale Bolivia, territorio quest’ultimo che fu reso indipendente nel 1825 e prese il nome di Repubblica di Bolívar in onore del suo liberatore.
Tra questi, il grande cavallo in bronzo alto circa cinque metri, che fu installato nel 1966 nel giardino all’ingresso della sede generale della RAI in Viale Mazzini 14 a Roma e che è diventato oramai un simbolo dell’Azienda. La scultura, un’opera certamente di grande rilievo e anche di notevole impegno economico, gli venne commissionata nel 1964 dall'allora Vice Direttore Generale Marcello Bernardi.
Verso la fine degli anni Novanta Vittorio Emiliani, attento alla salvaguardia del patrimonio artistico da sempre, grazie alla frequentazione quotidiana del palazzo di viale Mazzini in quanto consigliere di amministrazione della RAI, notò che la superfice bronzea del cavallo “non stava bene” e chiese al grande esperto di restauro Giuseppe Basile una verifica tecnica approfondita.
Risultò che la scultura era seriamente in pericolo e necessitava di un urgente intervento per la sua conservazione. L’istituto Centrale per il Restauro si dimostrò interessato e generoso e ne curò a titolo gratuito il restauro, che la RAI ha documentato in tutte le sue fasi. Le riprese sono state integrate con uno straordinario filmato - Un Cavallo, un mito - realizzato nel 2000 da Fernando Ferrigno, un colto e appassionato giornalista della RAI e esperto in particolare di beni culturali, che per anni ha curato la trasmissione Bell’Italia e in seguito ha continuato a occuparsi di arte al TG3.
Il restauro del cavallo, molto impegnativo per lo stato di degrado in cui versava la scultura, venne organizzato dall’Istituto Centrale del Restauro come cantiere didattico. Giuseppe Basile, scomparso nel 2013, in quest’intervista realizzata da Rai Cultura nel 2013, ci illumina su come il cavallo fosse stato pensato all’origine dallo scultore quale elemento di un’opera celebrativa del grande Libertador venezuelano Simón Bolívar, eroe delle lotte per l'indipendenza dell'America Latina che nei primi decenni dell'Ottocento liberò Venezuela, Perù e l’attuale Bolivia, territorio quest’ultimo che fu reso indipendente nel 1825 e prese il nome di Repubblica di Bolívar in onore del suo liberatore.