Canova Ispettore delle Belle Arti
Un racconto di Maria Vittoria Marini Clarelli
Nel febbraio del 1798, il generale di Napoleone, Louis-Alexandre Berthier con le sue truppe occupano Roma e lo Stato Pontificio dando vita alla Repubblica Romana, sorella della Prima Repubblica Francese.Capolavori, sculture, dipinti, gioielli e reperti archeologici furono trafugati dall’Italia e dal Vaticano con destinazione Parigi
Memorie di Antonio Canova, biografia scritta dall’amico scultore Antonio D’Este che dal 1795 fu anche direttore del suo studio, ci riporta a quel momento e allo stato d'animo dell'artista di fronte all’invasione di Roma e la nascita della Repubblica:
Canova preferì ritirarsi nella sua città natia di Possagno dove rimase per alcuni anni a lavorare. Ma Roma gli mancava e nell’autunno del 1799 tornava a vivere tra i monumenti antichi e le magnificenze della città, fonte di ispirazione."È noto che il 2 febbraio del 1798, le armi francesi si resero padrone di Roma, ed entrarono in città, mentre il sommo Pontefice Pio VI era nella cappella al Quirinale. Fu recata al Canova tal notizia, ed è facile immaginare qual duolo egli provasse, e quali angustie sentisse, pensando alle conseguenze; io procurava confortarlo, ma inutilmente; poiché nella sua fantasia egli non vedeva che rovine, e una particolare desolazione pei suoi compagni di arte. Vero è, che i Francesi anziché recare nocumento alcuno al Canova, specialmente i Generali, fecero a gara per distinguerlo ed accarezzarlo, e sommi riguardi ebbe per lui il commissario Mourgue, il quale alla scienza, di cui il suo spirito era adorno, accoppiando un carattere dolce, emperava in qualche parte l’acerbità degli ordini che dovea eseguire in quei momenti di trambusto. Passarono appena poche settimane del cambiamento di governo, che fu qui eretto l’Istituto nazionale. Appena stabilita quell’adunanza scientifica, il Canova ne fu eletto membro. Egli di buon grado accettò tale onore, in vista di poter essere utile a Roma ed agli artisti.
Per l’apertura dell’Istituto, fu fissata una sera, in cui vennero convocati i membri che lo componevano nelle sale del palazzo vaticano; il Canova vi si recò, e postosi a sedere, gli fu proposto di prestare il giuramento, il quale era così concepito: “Giuro odio ai sovrani ec.” Egli che intese questo principio, si alzò dalla sedia, pronunciando nel patrio dialetto: “Mi non odio nissun.” E così dicendo, andò via. Alto rumore si suscitò nell’adunanza, e si proponeva da quei membri di qual pena dovea caricarsi il Canova, ad altrui esempio. Appena l’artista fu uscito dalla sala vaticana, recossi al Palazzo, in allora dell’Accademia di Francia al Corso, a trovare il commissario Mourgue, e narragli l’accaduto, gli dimandò il passaporto”
In quegli anni, Roma vide un importante cambiamento. Nel marzo del 1800 fu eletto Papa Pio VII e proprio da lui, nel 1802, Canova riceveva la nomina di Ispettore delle Belle Arti. I compiti di tale incarico erano molti, in primis, frenare l’esportazione di opere e recuperare quelle trafugate.
Contemporaneamente, Canova viene sommerso da nuove commissioni che arrivano da tutta l’Europa.
In questo servizio girato nell’ambito della mostra Canova. Eterna Bellezza, la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli racconta il delicato compito di Canova, Ispettore delle Belle Arti.
LA MOSTRA
Canova. Eterna Bellezza
Museo di Roma Palazzo Braschi
19 maggio - 21 giugno 2020