Agnol Domenico Pica racconta l'amico Sironi
Ritratto d'autore, 1972
Per la fortunata serie Rai “Ritratto d'autore” (di Franco Simongini, regia Paolo Gazzara, 1972), condotta da Giorgio Albertazzi, in questo estratto della puntata dedicata a Mario Sironi (1885-1961), veniva presentata un'intervista all'architetto e critico d'arte Agnol Domenico Pica (1907-1990), fedele amico dell'artista.
La passione per l'arte, dopo la laurea in Architettura Civile a Milano (1931), e diverse collaborazioni con riviste quali "Domus", "Le Arti", "Spazio" e "Casabella", avvicinava Pica agli artisti di "Corrente" e della Galleria del Milione. In particolare, l'acuto critico d'arte fu tra i primi a curare mostre e a compilare una fondamentale monografia su Sironi (Mario Sironi pittore, 1955), compagno a lui affine anche per scelte culturali e politiche.
Pica fu un suo irriducibile sostenitore e anche dopo la guerra, ammise con franchezza che Sironi era stato come lui fascista e che a modo suo, lo era ancora.
Sironi voleva abolire l'arte "da salotto" promossa da facoltosi collezionisti, per portarla nelle piazze e nei muri che tutti potevano vedere. Per questo, nel 1944, lo scultore Arturo Martini dichiarava che Sironi "credeva di essere fascista, invece era d'animo bolscevico", sottolineando così quel senso "personale" del fascismo sironiano di vocazione sociale (Sironi, un pittore "difficile").
Qui, Pica individua come opera massima ed espressiva di tali ideali un grande mosaico realizzato all’interno del Palazzo dell'Informazione di Milano: "L'Italia corporativa" (1938). Il critico, che conosceva da vicino l'operato dell'artista, sottolinea la sua maestria tecnica e padronanza scaturita dalla conoscenza profonda delle antiche arti, nel disporre le piccole tessere cromatiche, posate una per una, con particolare attenzione alla luce riflessa.
La passione per l'arte, dopo la laurea in Architettura Civile a Milano (1931), e diverse collaborazioni con riviste quali "Domus", "Le Arti", "Spazio" e "Casabella", avvicinava Pica agli artisti di "Corrente" e della Galleria del Milione. In particolare, l'acuto critico d'arte fu tra i primi a curare mostre e a compilare una fondamentale monografia su Sironi (Mario Sironi pittore, 1955), compagno a lui affine anche per scelte culturali e politiche.
Pica fu un suo irriducibile sostenitore e anche dopo la guerra, ammise con franchezza che Sironi era stato come lui fascista e che a modo suo, lo era ancora.
L'adesione al regime di Sironi espressa negli anni Trenta in grandi opere di contenuto ideologico, mai propagandistico, a detta del critico ha condizionato il giudizio sulla sua pittura molto più di quanto non sia accaduto per altri artisti.Ma cos'era per Pica e Sironi, quello che il critico nel dopoguerra chiamava "il nostro fascismo"?
Per Sironi, come si deduce dai suoi scritti, il fascismo significava essenzialmente il sogno di una rinascita dell'Italia e dell'arte italiana, unita al desiderio di "andare verso il popolo", come diceva Mussolini.Quello che per secoli era stato l'impegno religioso e sacro per i pittori, si traduce in Sironi in impegno civile
Agnol Domenico Pica
Sironi voleva abolire l'arte "da salotto" promossa da facoltosi collezionisti, per portarla nelle piazze e nei muri che tutti potevano vedere. Per questo, nel 1944, lo scultore Arturo Martini dichiarava che Sironi "credeva di essere fascista, invece era d'animo bolscevico", sottolineando così quel senso "personale" del fascismo sironiano di vocazione sociale (Sironi, un pittore "difficile").
Qui, Pica individua come opera massima ed espressiva di tali ideali un grande mosaico realizzato all’interno del Palazzo dell'Informazione di Milano: "L'Italia corporativa" (1938). Il critico, che conosceva da vicino l'operato dell'artista, sottolinea la sua maestria tecnica e padronanza scaturita dalla conoscenza profonda delle antiche arti, nel disporre le piccole tessere cromatiche, posate una per una, con particolare attenzione alla luce riflessa.