Reza Aramesh: NUMBER 207
Nella chiesa di San Fantin a Venezia i riflettori sull'uso del potere e della brutalità
In concomitanza con la biennale Reza Aramesh torna nella città lagunare – dopo aver preso parte al padiglione iraniano della 56º Biennale – con la sua prima esposizione personale: la mostra Reza Aramesh: NUMBER 207 visibile dal 16 aprile al 2 ottobre 2024, realizzata in collaborazione con la Diocesi Patriarcato di Venezia e curata dal newyorkese Serubiri Moses.
Ogni opera di Aramesh fa riferimento a immagini di archivio e reportage di guerra dalla metà del XX secolo ad oggi; la curatela e l'allestimento della mostra nella Chiesa di San Fantin rispondono alla storia del sito stesso, sede dell'Ordine di San Fantin, un ordine ecclesiastico post-medievale che ospitava e amministrava i condannati in attesa dell'esecuzione.
L'installazione di Reza Aramesh nella chiesa di San Fantin a Venezia con le opere scolpite e lucidate in marmo di Carrara: A destra: Luogo della Caduta – Studio del Giardino Rinascimentale ACTION 245: Alle 16:00, venerdì 8 settembre 1950, 109,5x75x240cm 2024. A sinistra: Luogo della Caduta – Studio del Giardino Rinascimentale ACTION 218: Alle 20:26, giovedì 16 novembre 2017, 100,5 cm, 72,5 x 250 cm 2024. Crediti fotografici Luca Asta. Per gentile concessione dello studio Reza Aramesh
L'immaginario moderno dell'artista è reso universale dalla realtà travolgente della guerra e del conflitto, qui intesi come un aspetto persistente della condizione umana. In NUMBER 207, il contesto storico secolare di punizione e riforma intrinseco nella storia della Chiesa di San Fantin incontra l'immaginario di Aramesh, in riferimento ai prigionieri di oggi e alla loro tortura, in un intenso appello all'umanità e al suo precario equilibrio tra empatia e crudeltà.
Reza Aramesh, “Action 364: Yarze Prison, 27 March 2005, Progression #117” 2023. Marmo Bianco Michelangelo scolpito e lucidato a mano, 50 x 35 x 8 cm. Fotografia di Manuel Carreon Lopez. Per gentile concessione dello studio Reza Aramesh.
L’'esposizione trova il suo punto focale nella serie Study of Sweatcloth, che si compone di 207 pezzi di biancheria intima maschile a grandezza naturale, scolpiti in marmo di Carrara e disseminati sul pavimento della chiesa. Spogliato del corpo, l'umile indumento rappresenta l'ultimo brandello materiale di dignità e autonomia corporea del prigioniero, come testimonianza della sua identità e come simbolo della sua successiva perdita. Nel sottolineare la graduale assenza della corporeità, la biancheria intima attira efficacemente l'attenzione sul corpo come luogo politico.
Le opere presentate nella Chiesa di San Fantin provengono da diverse serie avviate a partire dal 2022, che ho scelto di chiamare "Azioni". Il mio obiettivo per questa mostra è quello di stimolare una conversazione tra la struttura esistente della chiesa e ciò che essa rappresenta, per rivelare nuovi e inaspettati abbinamenti con il mio lavoro. Fin dall'inizio della mia pratica, più di vent'anni fa, mi sono concentrato su immagini di reportage, per lo più tratte da conflitti in tutto il mondo, per trasformarle in forme scultoree rappresentate attraverso la storia dell'arte dell'Europa occidentale. Le figure che evoco parlano di impotenza; mi interessa come un pubblico possa riflettere su questa condizione, soprattutto quando può scegliere se avere reazioni crudeli o empatiche.”
Reza Aramesh
L'installazione, messa in scena con l'ambiente architettonico della Chiesa di San Fantin, rappresenta un corpus di sculture di tre prigionieri realizzato in marmo di Carrara dall’artista appositamente per la mostra.
Siamo entusiasti di presentare le opere di Reza Aramesh, la cui esposizione NUMBER 207 posiziona il nuovo corpus di sculture in marmo – basato sull'accumulo di "Azioni" – in stretto dialogo con lo spazio espositivo, la Chiesa di San Fantin a San Marco, fondata nel X secolo con lavori di ristrutturazione nel XV secolo, e la sua architettura ecclesiastica medievale. Ci interessa anche il fatto che l'Ordine di San Fantin abbia confortato i condannati prima della loro esecuzione, il che ha una particolare rilevanza per il gruppo scultoreo di Aramesh e i suoi precedenti lavori fotografici.”
Serubiri Moses, curatore della mostra
L'Ordine di San Fantin operò all'interno della chiesa nel periodo post-medievale. Come avveniva comunemente a quel tempo, le società cristiane e coloniali condannavano molti detenuti a morte. Prima di condurre i condannati all'esecuzione i frati dell'Ordine di San Fantin li confortavano e li ospitavano all'interno della chiesa, un aspetto che ha molta rilevanza in relazione in questi lavori di Reza Aramesh, che indagano la brutalità della condizione umana.
Il marmo che l’artista ha usato per realizzare le sculture proviene dalla Cava Polvaccio di Carrara da cui Michelangelo Buonarroti sceglieva il materiale per i suoi capolavori.
Reza Aramesh, “Action 347: PNP Custodial Center, 16 gennaio 1999, Progressione #100” 2023.¹ “Action 241: Studio della testa come artefatto culturale” 2023.² “Azione 364: Prigione di Yarze, 27 marzo 2005, Progressione # 117” 2023.³ Tutte le immagini per gentile concessione di Reza Aramesh Studio
Scolpendo il marmo – un mezzo tipicamente riservato ai soggetti di venerazione o di potere – Reza Aramesh impartisce un senso di permanenza materiale e di integrità alle vite invisibili andate perse nei moderni atti di guerra e di terrore, trasformando la materialità di questi soggetti storici in forme scultoree riferite alla storia dell'arte europea e alla bellezza al servizio del potere.
Biografia di Reza Aramesh
Nato in Iran, Reza Aramesh vive e lavora tra Londra e New York. Ha conseguito un master in Belle Arti presso la Goldsmiths University di Londra. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive come la 14 Bienal de la Habana; Asia Society Museum di New York; The Metropolitan Museum of Art Breuer di New York; SCAD Museum di Atlanta, Georgia; Akademie der Kunste Berlin; la 56. Biennale di Venezia; Art Basel Parcours; Frieze Sculpture Park di Londra; Sculpture in the City di Londra; l’Armory Show Off-Site al Collect Pond Park di New York e al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, tra gli altri. Aramesh ha orchestrato una serie di spettacoli e situazioni in spazi come The Barbican Centre, la Tate Britain e l’ICA di Londra. Le sue opere sono entrate in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, tra cui Argentina, Germania, Lituania, Polonia, USA, Belgio, Israele, Francia, Iran, Libano, Italia e Regno Unito.
Sperimentando con vari medium – scultura, disegno, ricamo, ceramica, video e performance – in un susseguirsi di “Azioni”, Reza Aramesh trae ispirazione dalla copertura mediatica dei conflitti internazionali risalenti alla metà XX secolo fino ai giorni nostri. Questo concetto viene poi trasformato in volumi scultorei in collaborazione con dei modelli non professionisti. Nel risultato finale non rimane nessun segno diretto della guerra, e i personaggi sembrano estrapolati dai loro contesti iniziali. L'opposizione tra bellezza e brutalità permette all'artista di svelare l'assurdità e la futilità di queste azioni. Aramesh de-contestualizza queste scene di violenza dalle loro origini, esplorando le narrazioni di rappresentazione e iconografia del corpo maschile in diversi contesti di razza, classe e sessualità, al fine di creare una conversazione critica con il canone storico dell'arte occidentale.
Nel servizio oltre all'intervista con l'artista interviene lo storico dell'arte Bjorn Stern.
Nella foto di copertina: Veduta d'insieme dell'installazione di Reza Aramesh nella Chiesa di San Fantin