C'è tempo per le nespole. Nuove narrazioni dalla Grande Guerra
I luoghi della memoria e lo sguardo degli artisti contemporanei
La mostra intende sollevare interrogativi intorno al tema del monumento e della memoria proponendo una selezione di opere degli artisti Fabrizio Bellomo, Riccardo Cecchetti, Claudio Gobbi, Stefano Graziani, Hitnes, Alessandro Imbriaco, Taiyo Onorato & Nico Krebs, Moira Ricci.
«Questa mostra organizzata dall’ICCD - afferma il Ministro della Cultura Dario Franceschini - unisce l’importanza della memoria storica alla forza creativa dell’arte contemporanea, un’alleanza fruttuosa tra passato e presente per non dimenticare gli anni bui della Grande Guerra. Un'attenzione che passa anche attraverso il programma di tutela e valorizzazione di fortificazioni, monumenti e parchi della Rimembranza che vede impegnato il Ministero».
La decisione di costituire i parchi e i viali della Rimembranza per ricordare i soldati morti in guerra risale al decreto Lupi del 27 dicembre 1922, il quale stabilì che fosse creato un viale o un parco in ogni Comune d’Italia e affidò alle scolaresche il compito di piantare un albero per ciascun caduto. I parchi e i viali della rimembranza sono riconosciuti come patrimonio culturale così come i monumenti ai caduti, tra cui l’Altare della Patria a Roma è il più noto.
Di questi luoghi della memoria sparsi su tutto il territorio mancava fino ad oggi una mappatura completa che ne rilevasse l’esatta posizione e lo stato di conservazione. Il progetto che ha preceduto la mostra ha dato avvio ad un capillare censimento che ha portato alla catalogazione di oltre 2100 beni tra parchi, giardini, monumenti, viali, sacrari e lapidi, incrementando così gli oltre 9500 catalogati in precedenza. Tutti i beni sono stati georiferiti, corredati di documentazione e di una planimetria del parco con le specie botaniche ancora presenti.
Al censimento dei beni è stata affiancata la committenza delle opere in mostra, destinate alle Collezioni di Fotografia Contemporanea dell’ICCD e realizzate riflettendo i diversi approcci che ciascun artista ha messo in atto.
Lungi dal voler fornire soluzioni univoche per la valorizzazione e comprensione di questi luoghi, il progetto si pone come un interrogativo aperto. Un innesco per nuove narrazioni attraverso il punto di vista inedito e senza pregiudizi dell’arte.Si tratta di lavori eterogenei che spaziano dalla performance all’installazione, dalla fotografia di documentazione all’illustrazione, e che indagano i molteplici aspetti connessi al tema della memoria e del monumento: l’aspetto formale, la connotazione architettonica e il rapporto col paesaggio, l’uso nel tempo, il legame con la memoria privata, le tante implicazioni storiche, simboliche, sociali.
La performance di Fabrizio Bellomo riattiva una delle tante storie esemplari dei profughi della Grande Guerra, incarnata nella singolare vicenda di Mandurino Weiss e Trento Dinoi, nati lo stesso giorno del 1916. L’intreccio geografico dei nomi, uno riferito al Trentino e l’altro alle terre pugliesi, testimonia un gesto di riconoscenza e affetto reciproco che le famiglie dei due bambini si scambiarono quando a Manduria vennero accolti i trentini. Nell’azione performativa l’artista si pone provocatoriamente e ironicamente come “palo umano” e, reggendo un cartello stradale con i nomi, si posiziona nei pressi di un ponte di Manduria affinché esso venga intitolato ai due bambini. Oltre alle fotografie sono riportati, come parte organica del lavoro, una serie di screenshots e ritagli stampa, utilizzati dall’artista per sottoporre la sua azione all’attenzione dei politici locali.
L’illustratore Riccardo Cecchetti affronta due temi, tra esperienza privata e storia ufficiale: da una parte le lettere dei soldati dal fronte cui l’autore reagisce con emozione profonda poiché sono lettere del nonno ritrovate proprio in occasione di questo progetto; dall’altra la tenace opposizione al sistema che ha provocato il conflitto mondiale, l’inutile. L’autore ha operato una sovrapposizione di elementi quali fiori, foto, cartoline, fumetti e poi macchie, tracce, ombre e schizzi con alcuni elementi ricorrenti come lettere, segni rossi di sangue e censura, la figura del Milite ignoto, l’uccellino usato in trincea come allarme antigas vivente per rilevare eventuali attacchi chimici.
La ricerca di Claudio Gobbi ruota attorno al tema del monumento architettonico in quanto veicolo di contenuti simbolici, con particolare riferimento a quelli costruiti negli anni Venti e Trenta nel Nord-Est d’Italia. Una parziale e circoscritta geografia della memoria che riflette su un fenomeno largamente diffuso che ha segnato in modo capillare il paesaggio italiano. Ogni singola fotografia è il risultato di una pluralità di riprese avvenute dallo stesso punto di vista in fasi diverse della giornata. Luce naturale e luce artificiale, bianco e nero e colore, affiancati per costruire una serie di immagini che incorporano diverse temporalità.
Partendo dal dato che la maggior parte delle strutture commemorative della Prima Guerra Mondiale sono state realizzate in periodo fascista e perciò intrise della retorica dell’epoca, Stefano Graziani ha deciso di rivolgere il suo sguardo direttamente ai territori del conflitto seguendo una strategia da lui stesso definita come estensione del concetto di monumento al paesaggio che lo ospita. Per l’artista, infatti, più che ogni altro manufatto umano, sono le montagne, teatro di violenti ed estenuanti scontri tra l’esercito italiano e quello austroungarico, a incorporare la memoria di quell’atroce carneficina.
Hitnes propone una serie di tavole che illustrano il profondo legame fra i diversi elementi: botanica e memoria, alberi e uomini, didascalie e fotografie tratte dall’immenso archivio storico conservato in ICCD. Un intreccio rafforzato dalla scelta stilistica di sottolineare le somiglianze fra i due elementi rappresentati: alberi e soldati caduti. Il fondo nero delle opere, come suggerisce l’artista stesso, da una parte evoca la morte e l’oblio, dall’altra è funzionale ad esaltare la luce degli uomini e degli alberi che ospita, facendoli emergere in tutta la loro natura di “memorie viventi”.
Alessandro Imbriaco racconta il Parco della Rimembranza di Roma, noto come Villa Glori. Da giardino privato, nel 1924 diventa parco pubblico per commemorare i caduti della Grande Guerra e alla fine degli anni ‘50 è sede di un campeggio del Touring Club (che dà nome al lavoro). In occasione dell’istituzione del Parco furono piantati più di 6000 alberi, soprattutto querce, uno per ogni soldato caduto. I ritratti a figura intera degli alberi, i viali, gli scorci boschivi e i pochi monumenti presenti sono i soggetti delle fotografie realizzate dall’artista rifacendosi alla storia e alla modalità operativa dei fotografi del Gabinetto Fotografico Nazionale.
Segni di luce che modificano il paesaggio creando nuove forme costituiscono la dichiarazione visiva della guerra in senso anti-storico e anti-monumentale del duo artistico Onorato&Krebs. Immagini realizzate nella regione di confine tra Italia e Svizzera attraverso l’uso di droni, gli elementi bellici più tecnologicamente avanzati, che lasciano una traccia destinata a scomparire ma che, catturata dalla macchina fotografica, genera una forma nello spazio, collocandosi come un monumento effimero.
Infine, poetico ed evocativo il lavoro di Moira Ricci fa emergere un tema intimo e dolente: la censura della corrispondenza dei soldati. Nella sua delicata azione di restituzione, l’artista ha rintracciato gli indirizzi di tre lettere censurate, ha fotografato quei luoghi e sovrapposto alle immagini il testo delle lettere mai arrivate a casa, creando delle piccole sculture luminose che riconnettono, seppure dopo cento anni e solo per immagini, mittente e destinatario.
L’ICCD conserva ampie raccolte di fotografie capaci di rappresentare la storia del nostro Paese dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri e che ha nell’inizio del Novecento la sua fase di consolidamento, fatta di campagne fotografiche e di acquisizioni coeve e postume.Anche il titolo della mostra trae ispirazione da un proverbio che compare in una lettera inviata dai familiari a un soldato sul fronte di guerra: «Con il tempo e con la paglia maturano le nespole», un’esortazione a sopportare con pazienza la situazione, in attesa di tempi migliori. Il lavoro ha arricchito la mappa delle conoscenze sul patrimonio legato al primo conflitto mondiale con schede, documenti, studi che raccontano i luoghi della memoria, fornendo così il primo strumento utile per la loro tutela e valorizzazione.
Nell’avvicinamento ai temi del progetto il confronto con l’archivio fotografico, prima di essere un atto dovuto, è stata una naturale necessità di conoscenza.
Le fotografie realizzate dal Gabinetto Fotografico Nazionale (GFN) per le la tutela del patrimonio artistico (opere d’arte, luoghi danneggiati sia dal terremoto della Marsica del 1915 che dal conflitto bellico), si alternano a scatti di vita quotidiana dal fronte realizzati dal principe Chigi a Misurina, o quelli del tenente Giuseppe Pantalena che documentano la ricostruzione intrapresa dall’Arma del Genio.
Questa selezione di immagini vuole essere anche un invito a esplorare un archivio complesso, costituito da documenti e da fotografie che rispondono a committenze, immagini private, retri che in alcuni casi prevaricano le immagini stesse; è anche un tentativo di porre sottotraccia la linea di demarcazione tra la funzione documentaria e lo stile documentario, lasciando allo spettatore il gioco della scelta, tra le tante possibili letture.
C'è tempo per le nespole. Nuove narrazioni dalla Grande Guerra
Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto
15 luglio – 9 ottobre 2022
FOTO DI COPERTINA
Claudio Gobbi, Sacrario militare del Leiten (dettaglio), Asiago. C-print cm. 60 x 43, 2019
APPROFONDIMENTO
Le voci degli artisti sui luoghi della "rimembranza"