Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque
Una mostra a Palazzo Mazzetti di Asti
In mostra dal 26 novembre 2022 al 10 aprile 2023 a Palazzo Mazzetti di Asti il mondo di Giovanni Boldini, genio della pittura che più di ogni altro ha saputo restituire le atmosfere rarefatte di un’epoca straordinaria. Uno degli artisti italiani più amati di ogni tempo, viene celebrato in una mostra a cura di Tiziano Panconi. 80 opere - tra cui Signora bionda in abito da sera (1889 ca.), La signora in rosa (1916), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.) - sono protagoniste di una narrazione cronologica e tematica al tempo stesso.
La mostra pone l’accento sulla capacità dell’artista di psicoanalizzare i suoi soggetti, le nobildonne - le sue “divine”, facendole posare per ore, per giorni, sedute di fronte al suo cavalletto, parlando con loro senza esitare a porre le domande più sconvenienti, fino a comprenderle profondamente, scrutandone l’anima. Le nobili protagoniste dell’epoca che si fecero ritrarre da Boldini venivano così “svestite” dei panni di un’aristocratica superbia di cui era munificamente dotata ogni gran dama degna del proprio blasone. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze e infine concedersi, anche solo mentalmente, facendo cadere il muro ideologico dell’alterigia, oltre il quale si celavano profonde fragilità, da cui scaturiva l’anima più intima e misteriosa.
Negli anni della maturità e poi della senilità, le lunghe e vorticose pennellate, impresse come energiche sciabolate di colore, rimodellavano in senso dinamico i corpi delle sue “divine” creature e il suo stile, a un tempo classico e moderno, costituiva la miglior risposta alle vocazioni estetiste e progressiste manifestate dagli alti ceti sociali.
Quando passeggiava a Parigi le voci sussurravano: “Ecco Boldini lo stregone, Boldini il fauno, Boldini il pittore”. Sotto la sua bombetta il pittore guardava chiunque dall’alto in basso, pur dal suo metro e cinquantaquattro di altezza, ricambiando un saluto con una smorfia di distaccato disappunto. Lui, figlio del modesto pittore-restauratore Antonio, sapeva cosa fosse il disagio, avendo provato sulla sua pelle l’umiliazione della miseria. Boldini era infatti un ragazzo della provincia padana venuto dal basso, finito nei salotti dell’alta società, nel cuore pulsante della civiltà e di un’epoca che lo avrebbe consacrato quale uno dei suoi più iconici protagonisti.
La mostra si articola in sei sezioni tematiche - Il viaggio da Ferrara a Firenze, verso Parigi; La Maison Goupil; La fine del rapporto con Berthe, Gabrielle e i caffè chantant; Il “soffio vitale” nel ritratto ambientato; Il gusto fin de siècle; Le nouveau siècle - che seguono gli anni di attività dell’artista e ne narrano la completa parabola espressiva.
La mostra pone l’accento sulla capacità dell’artista di psicoanalizzare i suoi soggetti, le nobildonne - le sue “divine”, facendole posare per ore, per giorni, sedute di fronte al suo cavalletto, parlando con loro senza esitare a porre le domande più sconvenienti, fino a comprenderle profondamente, scrutandone l’anima. Le nobili protagoniste dell’epoca che si fecero ritrarre da Boldini venivano così “svestite” dei panni di un’aristocratica superbia di cui era munificamente dotata ogni gran dama degna del proprio blasone. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze e infine concedersi, anche solo mentalmente, facendo cadere il muro ideologico dell’alterigia, oltre il quale si celavano profonde fragilità, da cui scaturiva l’anima più intima e misteriosa.
Boldini coglieva l’attimo fuggente, quel momento unico in cui un’occhiata più sincera rivelava lo stato d’animo e la mimica del corpo si faceva più espressiva, l’istante in divenire fra un’azione e l’altra, quando la forza motoria di un gesto si esauriva, rigenerandosi prontamente in quello successivo.
Negli anni della maturità e poi della senilità, le lunghe e vorticose pennellate, impresse come energiche sciabolate di colore, rimodellavano in senso dinamico i corpi delle sue “divine” creature e il suo stile, a un tempo classico e moderno, costituiva la miglior risposta alle vocazioni estetiste e progressiste manifestate dagli alti ceti sociali.
Quando passeggiava a Parigi le voci sussurravano: “Ecco Boldini lo stregone, Boldini il fauno, Boldini il pittore”. Sotto la sua bombetta il pittore guardava chiunque dall’alto in basso, pur dal suo metro e cinquantaquattro di altezza, ricambiando un saluto con una smorfia di distaccato disappunto. Lui, figlio del modesto pittore-restauratore Antonio, sapeva cosa fosse il disagio, avendo provato sulla sua pelle l’umiliazione della miseria. Boldini era infatti un ragazzo della provincia padana venuto dal basso, finito nei salotti dell’alta società, nel cuore pulsante della civiltà e di un’epoca che lo avrebbe consacrato quale uno dei suoi più iconici protagonisti.
La mostra si articola in sei sezioni tematiche - Il viaggio da Ferrara a Firenze, verso Parigi; La Maison Goupil; La fine del rapporto con Berthe, Gabrielle e i caffè chantant; Il “soffio vitale” nel ritratto ambientato; Il gusto fin de siècle; Le nouveau siècle - che seguono gli anni di attività dell’artista e ne narrano la completa parabola espressiva.