Il "Libro d'Ore Durazzo"
Un prezioso Codice della Biblioteca Berio di Genova
Nell’anno di “Genova Capitale Italiana del Libro”, la “Biblioteca civica Berio” apre le celebrazioni per il proprio Bicentenario con un evento imperdibile, un’occasione che arricchisce anche l’edizione autunnale dei “Rolli sfogliano la Storia” (I Rolli Days d’autunno sfogliano la storia): l’esposizione straordinaria de “Il Libro d’Ore Durazzo”, o “Offiziolo Durazzo”, capolavoro della miniatura italiana del Rinascimento parmense.
Il “Libro d’Ore” costituisce la prova più eccelsa del pittore e miniatore di Parma, Francesco Marmitta (1464–1505), raffinato autore di codici prestigiosi, nonché della “Pala di San Quintino” custodita al Museo del Louvre di Parigi.
Il testo è opera del massimo maestro dell’arte calligrafica del tempo, Pietro Antonio Sallando (1460-1540), originario di Reggio Emilia e docente di grammatica e calligrafia all’Università di Bologna.
L’”Offiziolo Durazzo” è una raccolta di salmi e preghiere in latino, gli “Uffici”, da recitare nelle diverse ore canoniche della giornata (da cui la definizione di “Libro d’ore”): il mattutino, le lodi, l’ora prima, terza, sesta e nona, i vespri e la compieta.
Molto diffuso nel Tre e Quattrocento, specialmente in Francia e nei Paesi Bassi, il “Libro d’Ore” era destinato all’uso di signori e generalmente, si apriva con un Calendario illustrato del “Ciclo dei Mesi” e relative occupazioni.
L’“Offiziolo” di Parma presenta sei miniature a piena pagina e quindici più piccole, alle quali si aggiungono la serie dei mesi e oltre duecento iniziali figurate.
Oggi si ritiene che il personaggio rappresentato a mezza figura di tre quarti, dipinto dal Parmigianino, fosse non tanto un prelato, come ipotizzato fin dall'Ottocento senza prove certe, ma un “collezionista”, appunto, forse il proprietario di allora riconosciuto anche in altri dipinti dell’epoca.
L'uomo, col busto di tre quarti rivolto a destra e il volto ruotato verso lo spettatore, con gli occhi che evitano il contatto visivo diretto, è illuminato da una forte fonte di luce frontale, che evidenzia l’incarnato liscio dai toni quasi smaltati. Il “collezionista” indossa un ampio mantello nero bordato di pelliccia, vero oggetto di lusso, oltre al cappello dello stesso colore dal quale fuoriescono i capelli lunghi a caschetto. Questi, incorniciano il viso dallo sguardo attento e altero che ispira fierezza, nobiltà e integrità morale.
Nella mano sinistra regge l'"Offiziolo", dalla legatura finemente decorata e nella destra, appoggiata sul tavolo, esibisce un anello d'oro con pietra preziosa al mignolo; sul tavolo, un bronzetto di una divinità, tre medaglie di bronzo e un'antica moneta argentea.
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Il “Libro d’Ore” costituisce la prova più eccelsa del pittore e miniatore di Parma, Francesco Marmitta (1464–1505), raffinato autore di codici prestigiosi, nonché della “Pala di San Quintino” custodita al Museo del Louvre di Parigi.
Il “Libro d’Ore”, prende il nome dal suo ultimo proprietario, Marcello Luigi Durazzo che lo lasciò alla “Biblioteca Berio” per testamento nel 1847. Dell’”Offiziolo Durazzo”, se ne ha prima notizia nel 1826, quando compare a Genova nell’inventario dell’eredità del genovese Antonio Bacigalupo, dove è descritto come «Ufficio in pergamena pavonazza con tutte le lettere in oro”.La delicatissima opera fu esposta al pubblico l’ultima volta solo negli anni Sessanta
Il lusso è la cifra dell’”Offiziolo Durazzo”: una preziosità manifesta nella legatura in argento cesellato con fermagli ornati di piccoli rubini. Ma non è tutto, il piccolo “Offiziolo” si distingue tra i manoscritti per il colore purpureo della pergamena e la crisografia, cioè la scrittura a lettere d’oro.Realizzato quasi certamente a Parma, nei primi anni del Cinquecento, il codice si presenta come un “libretto da mano” di piccolo formato destinato a un pubblico colto e raffinato
Il testo è opera del massimo maestro dell’arte calligrafica del tempo, Pietro Antonio Sallando (1460-1540), originario di Reggio Emilia e docente di grammatica e calligrafia all’Università di Bologna.
L’”Offiziolo Durazzo” è una raccolta di salmi e preghiere in latino, gli “Uffici”, da recitare nelle diverse ore canoniche della giornata (da cui la definizione di “Libro d’ore”): il mattutino, le lodi, l’ora prima, terza, sesta e nona, i vespri e la compieta.
Molto diffuso nel Tre e Quattrocento, specialmente in Francia e nei Paesi Bassi, il “Libro d’Ore” era destinato all’uso di signori e generalmente, si apriva con un Calendario illustrato del “Ciclo dei Mesi” e relative occupazioni.
L’“Offiziolo” di Parma presenta sei miniature a piena pagina e quindici più piccole, alle quali si aggiungono la serie dei mesi e oltre duecento iniziali figurate.
Ma la sua inconfondibile legatura, cesellata in argento e pietre preziose, consente di riconoscere l’”Offiziolo” nel libricino esibito da un misterioso personaggio circondato da oggetti antichi, ritratto intorno al 1524 circa dal Parmigianino (Girolamo Francesco Maria Mazzola, Parma 1503 – Casalmaggiore 1540), in un dipinto oggi conservato alla National Gallery di Londra e titolato “Ritratto di un collezionista”.Chi era il committente dell’Offiziolo Durazzo? Nulla si sa per certo
Oggi si ritiene che il personaggio rappresentato a mezza figura di tre quarti, dipinto dal Parmigianino, fosse non tanto un prelato, come ipotizzato fin dall'Ottocento senza prove certe, ma un “collezionista”, appunto, forse il proprietario di allora riconosciuto anche in altri dipinti dell’epoca.
L'uomo, col busto di tre quarti rivolto a destra e il volto ruotato verso lo spettatore, con gli occhi che evitano il contatto visivo diretto, è illuminato da una forte fonte di luce frontale, che evidenzia l’incarnato liscio dai toni quasi smaltati. Il “collezionista” indossa un ampio mantello nero bordato di pelliccia, vero oggetto di lusso, oltre al cappello dello stesso colore dal quale fuoriescono i capelli lunghi a caschetto. Questi, incorniciano il viso dallo sguardo attento e altero che ispira fierezza, nobiltà e integrità morale.
Nella mano sinistra regge l'"Offiziolo", dalla legatura finemente decorata e nella destra, appoggiata sul tavolo, esibisce un anello d'oro con pietra preziosa al mignolo; sul tavolo, un bronzetto di una divinità, tre medaglie di bronzo e un'antica moneta argentea.
Sullo sfondo, a sinistra e ben illuminato, appare un bassorilievo di “Marte, Venere e Cupido”, tema neoplatonico e a sinistra, un paesaggio contenuto in una cornice, un “quadro nel quadro” che mostra un albero frondoso e un cielo all'aurora.Tali oggetti chiariscono gli interessi raffinati del gentiluomo
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