Omaggio ad Anna Magnani
Davanti a lei tremava tutta Roma
Il film che le ha dato il successo internazionale fu Roma città aperta del 1945 di Roberto Rossellini, padre del Neorealismo. Si innamorarono follemente durante le riprese. Rossellini raccontava che la Magnani nella scena in cui inseguiva la camionetta che portava via suo marito, correva e poi cadeva sul selciato. Non simulava la scena anzi, mai soddisfatta, la ripeteva. A fine riprese le gambe erano ricoperte da sbucciature, graffi. Un’interpretazione completa. Senza rete. Come lei. Una donna priva di filtri, autentica, folgorante. E’ noto che Rossellini la lasciò per Ingrid Bergman. Si ritrovarono in seguito e divennero grandissimi amici. Quando la Magnani si ammalò, il regista le stette vicino fino alla fine. E fece tumulare il corpo della grande attrice, nella sua tomba di famiglia al Verano. Un gesto intimo. D’amore.
E l’amore ha contato molto nella vita di Anna Magnani. Come molti grandi attori, era stata rifiutata dai genitori. Prima dal padre che non aveva mai conosciuto, poi da piccolissima, anche dalla madre che si era trasferita ad Alessandria d’Egitto, lasciando la bambina alle cure della nonna e delle zie. Era cresciuta così, prima a Via Candia a Roma e poi nella splendida Via di San Teodoro, di fronte ai Fori Romani. Amava quella casa, ricordava la piccola terrazza dalla quale vedeva i Fori e tutta Roma. Anni dopo raccontò che aveva tanto desiderato rivederla quella casa, suonare al campanello, dire “salve, abitavo qui una volta, posso entrare? Me la fate rivedere?”. Ma non lo fece mai. Forse una fantasia deve restare tale. Solo un bellissimo ricordo.
Figlia di una ragazza madre, come si diceva allora, fu anche lei sola, a crescere il suo unico figlio, Luca, nato dall’amore con l'attore Massimo Serato. E non era affatto facile. Anna Magnani si impegnò al massimo tra le cure al figlio adorato e la carriera. Si diceva l’amore come chiave di lettura del personaggio Magnani, nella vita e sullo schermo. L’amore del 1948 fu anche l’ultimo film che girò con Rossellini prima della fine del loro rapporto. Film in due episodi, ne La voce umana, da un dramma di Jean Cocteau, è una donna che viene lasciata dal suo uomo al telefono. Un monologo magistrale, di pianti, urla, disperazione. L’incarnazione del dolore, della follia dell’abbandono, della solitudine. Anna Magnani non si risparmiava mai. E conosceva l’abbandono. Molto bene.
Malgrado l’assenza di madre e padre era stata una bambina molto amata. Dalla nonna, dalle zie che l’avevano cresciuta al meglio delle loro possibilità, con tanto amore. Anna studiava, suonava il pianoforte. A volte pensava alla bellissima mamma lontana. Quando finalmente andò a trovarla ad Alessandria d’Egitto, da adolescente, il suo bisogno di affetto non fu appagato e tornò a Roma delusa e intristita. La mamma aveva una figlia dal nuovo matrimonio, una vita brillante. Ad Anna mancò il suo affetto e poi aveva nostalgia della nonna, delle zie, tornò a Roma ferita. Se è vero che le carenze affettive hanno spinto molti attori eccellenti, a chiedere al loro pubblico l’amore, non è dato sapere. Molti anni dopo, nel 1956 quando vinse l’Oscar (ma anche un Bafta e un Golden Globe) per La rosa tatuata di Daniel Mann, prima attrice italiana ad ottenere tale riconoscimento come miglior attrice protagonista, i festeggiamenti furono "alla Magnani”. Non andò a Hollywood, rimase a casa sua a Roma, a palazzo Altieri, circondata dagli amici di sempre. La prima telefonata che ricevette, la trovò in vestaglia e spettinata, a notte fonda, era di un giornalista italiano che le dava la notizia. Lei pensò fosse uno scherzo e riattaccò. Poi dopo altre telefonate concitate si arrese alla notizia. Aveva vinto. Erano le sei di mattina. C'erano amici che andavano e venivano, cesti colmi di rose, i suoi fiori preferiti, le interviste, mille sigarette, le risate e su tutti un telegramma che le piacque più degli altri:
Ecco la Magnani era così. Amava gli animali, soprattutto cani e gatti, ne aveva decine. Tante foto lo testimoniano. Quando si separò dal suo unico marito, il regista Goffredo Alessandrini, lui le regalò una cavalla dicendole: ”te la regalo perché ti somiglia”. Era una cavalla indomabile. Ma con Alessandrini, che l’aveva tradita, rimase in ottimi rapporti d’amicizia. Gli incontri nella sua vita lasciarono sempre tracce profonde, non amava gli strappi. Quando nel 1959 stava girando con Marlon Brando il film Pelle di serpente, raccontò che per tutta la durata della lavorazione erano stati in conflitto. Brando cercava di "impallarla", controllava la lunghezza delle battute, la grandezza dei nomi in locandina. Una battaglia continua. Ma vinse lei e guadagnò la stima di Brando dopo una lite furiosa in cui spiegò all’attore che tutto quello che aveva, se lo era sudato e non intendeva perderlo per i suoi capricci:Tutti i nostri complimenti. Abbasso le bone, inviato dal giovane figlio di Suso Cecchi D’Amico, sceneggiatrice sua grande amica. Lei rispose : Alla vostra età ci vogliono anche le bone, comunque grazie.
Ormai era una stella internazionale, con una carriera americana. Aveva ottenuto ogni possibile riconoscimento e anche la stella sulla celebre Hollywood Walk of Fame. Yury Gagarin, astronauta russo che compì nel 1961 la prima rotazione della terra, disse da lassù : “Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani”. E’ stata tante cose Anna Magnani. Il suo viso mobilissimo passava da una risata fragorosa alla maschera del dolore. I capelli spettinati, gli occhi chiari intensissimi, le scollature sul seno abbondante, le gambe esili come giunchi. La recitazione. Tutto questo. E anche il simbolo migliore, più autentico della romanità. Nella vita e sullo schermo. La madre ambiziosa di Bellissima di Luchino Visconti del 1951, che di fronte alla realtà dura e cinica del cinema fa un passo indietro, è romana. Romana era la Teresa Gullace di Roma città aperta. E la comparsa generica di Cinecittà, in Risate di gioia del 1960 di Mario Monicelli, malinconica con il grande Totò. La prostituta che vuole cambiare vita di Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, del 1962. Nel solco della romanità la sua più bella, benché brevissima, apparizione sul grande schermo resta quella di Roma di Federico Fellini del 1972. Il grande regista aveva “rincorso” Anna Magnani per anni, per averla in un suo film e riteneva che questo in particolare, su Roma, non fosse completo senza la sua presenza. Lei non era convinta ma alla fine cedette al corteggiamento di Fellini. Era il 1972. Anna Magnani è inquadrata di sera mentre rientra da sola a casa sua, a Palazzo Altieri, 50 metri da Piazza Venezia. La voce fuori campo è quella sottile del noto regista:Sapessi quante volte ho perso nella vita. Farebbe bene anche a te
Anna Magnani
e sbatte il portone. Così è finita la carriera di Anna Magnani. Questa è stata la sua ultima apparizione.Questa signora che rientra a casa costeggiando il muro dell’antico palazzetto patrizio, è un’attrice romana. Anna Magnani. Che potrebbe essere anche un po’ il simbolo della città. E lei : Che so io? E Fellini: Una Roma vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona. E lei : De che? E lui: Tetra, buffonesca, potrei continuare fino a domattina…Magnani : Federì, va a dormì, va. E lui: Posso farti una domanda? E la Magnani: No nun me fido, ciao
Federico Fellini, Anna Magnani
Solo l’anno precedente, nel 1971, Anna Magnani aveva recitato sul piccolo schermo nei quattro film per la televisione per la regia di Alfredo Giannetti, donando al suo pubblico nuovi magnifici personaggi femminili. Capita che Luca Magnani l'unico figlio dell'attrice, depositario del loro grande affetto e di ricordi e documenti straordinari, dichiari pubblicamente che sua madre non viene ricordata, celebrata, riconosciuta abbastanza. Ha ragione. Un’attrice come lei nasce ogni cento anni, forse.
Si dice che Anna Magnani fosse ipocondriaca. Che quando si è ammalata la sua cerchia più stretta e lei per prima, non abbiano dato peso alla cosa. E che poi sia stato troppo tardi. Il figlio Luca e Roberto Rossellini non l’hanno mai lasciata sola. Quando Anna Magnani è morta l’Italia si è fermata per un attimo. Non era possibile. Aveva solo 65 anni. E’ tornata a casa, nel piccolo cimitero di San Felice Circeo, dove aveva passato tante estati felici, con il figlio, gli amici, i cani. Sono passati tanti anni. Sembra ieri.