Ugo Gregoretti, il coraggio dell'ironia
Un omaggio al regista nato il 28 settembre 1930
Un fine intellettuale dai modi garbati e ironici. Così il pubblico ricorda Ugo Gregoretti, nato a Roma il 28 settembre 1930 e scomparso il 5 luglio 2019 all’età di 88 anni.
Primo in Italia a mescolare televisione, cinema e giornalismo d’inchiesta, Ughetto – come lo chiamavano in famiglia – entra alla Rai il primo dicembre 1953 quando l’Azienda era ancora in fase di sperimentazione e semiclandestina (diventerà ufficiale solo un anno dopo, il primo gennaio del 1954). “Talvolta mi vanto di avere un mese di più della televisione italiana”, raccontava.
Il primo incarico è al telegiornale diretto da Vittorio Veltroni poi, nel 1955, recita la parte di un giovane pigrone, riluttante alla sveglia nel programma Semaforo. Questo documento filmato, firmato da Keti Riccardi, ripercorre le tappe della vita professionale e insieme privata di Gregoretti attraverso la viva voce del protagonista e prezioso materiale di repertorio: dai primi documentari realizzati per la Rai che, seppure istituzionali, sono caratterizzati da un linguaggio originale e spregiudicato, molto innovativo per l’epoca.
Le immagini e le interviste dell’alluvione del 1954 nel salernitano, le sequenze del documentario La Sicilia del Gattopardo (vincitore del Prix Italia nel 1960), i set della rubrica Controfagotto del 1961 in cui sperimenta con coraggio la formula dell’informazione giornalistico-satirica.
Nel 1961 Gregoretti gira anche il suo primo film intitolato I nuovi angeli, da un'idea di Mimmo Guerrini, giornalista de "Il Mondo" di Mario Pannunzio.
Passa un anno e, nel 1964, Gregoretti scrive e dirige il suo primo film narrativo a soggetto unitario, Omicron, interpretato da Renato Salvatori. E’ una satira graffiante che mette sotto accusa, con l’arma della ridicolizzazione, le storture del lavoro in fabbrica. Un film politico, “militante”, lo definì la critica dell’epoca.
Nel suo continuo passare dalla televisione al cinema e viceversa, arriva l’anno dei RAS (personaggi dalle Ridotte Attitudini Sociali). Gregoretti li scova in giro per l’Italia e li porta davanti alle telecamere. Arriva anche il quarto film, Le belle famiglie. Nell’episodio Amare è un po’ morire c’è anche Totò in una delle sue ultime interpretazioni cinematografiche. Nonostante il cast, critica e pubblico bocciano la pellicola così Gregoretti torna alla televisione. L’occasione si presenta quando la Rai gli propone di adattare e dirigere uno sceneggiato tratto dal romanzo di Charles Dickens Il circolo Pickwick. Vengono scritturati Mario Pisu, Leopoldo Trieste, Gigi Proietti, Gigi Ballista. Anche qui le scelte registiche di Gregoretti sono ardite, rivoluzionarie, destinate a stravolgere gli schemi narrativi del teleromanzo classico alla Anton Giulio Majano.
Dopo il documentario di controinformazione dedicato alla vicenda degli operai dell’Apollon, la fabbrica tipografica romana occupata e Contratto, documentario sull’autunno caldo dei metalmeccanici, Gregoretti sembra perdere interesse per l’attualità. Nel 1976 cura la versione televisiva di un racconto surreale e avveniristico, Le uova fatali dello scrittore russo Michail Bulgakov. Nel 1981 si imbarca in un viaggio alla scoperta del teatro di Carlo Goldoni dove veste lui stesso i panni di un intellettuale che snocciola stereotipi sociologici sull’attualità riferiti però al passato. Siamo a Goldonia dove Gregoretti apre le sue finestre su piccoli scorci di vita veneziana del ‘700.
Le immagini di Pinocchio (mai) visto dal Gatto e la Volpe, del 2016 chiudono il racconto e lo fanno lasciando nello spettatore una grande nostalgia. Ugo Gregoretti e Andrea Camilleri, rispettivamente professor Gatto e professor Volpe, si presentano come due 'educatori di rango', ingiustamente misconosciuti. Oggi che li abbiamo persi sappiamo quanto dobbiamo in questo senso ad entrambi.
Primo in Italia a mescolare televisione, cinema e giornalismo d’inchiesta, Ughetto – come lo chiamavano in famiglia – entra alla Rai il primo dicembre 1953 quando l’Azienda era ancora in fase di sperimentazione e semiclandestina (diventerà ufficiale solo un anno dopo, il primo gennaio del 1954). “Talvolta mi vanto di avere un mese di più della televisione italiana”, raccontava.
Il primo incarico è al telegiornale diretto da Vittorio Veltroni poi, nel 1955, recita la parte di un giovane pigrone, riluttante alla sveglia nel programma Semaforo. Questo documento filmato, firmato da Keti Riccardi, ripercorre le tappe della vita professionale e insieme privata di Gregoretti attraverso la viva voce del protagonista e prezioso materiale di repertorio: dai primi documentari realizzati per la Rai che, seppure istituzionali, sono caratterizzati da un linguaggio originale e spregiudicato, molto innovativo per l’epoca.
Le immagini e le interviste dell’alluvione del 1954 nel salernitano, le sequenze del documentario La Sicilia del Gattopardo (vincitore del Prix Italia nel 1960), i set della rubrica Controfagotto del 1961 in cui sperimenta con coraggio la formula dell’informazione giornalistico-satirica.
Nel 1961 Gregoretti gira anche il suo primo film intitolato I nuovi angeli, da un'idea di Mimmo Guerrini, giornalista de "Il Mondo" di Mario Pannunzio.
La pellicola gli vale la targa Mario Gromo per l’opera prima che Gregoretti ritira a Saint Vincent godendo di un’inaspettata vicinanza con quello che definiva “il favoloso mondo dello spettacolo”. Sulla scia di questo successo, nel 1963 Roberto Rossellini lo chiama a partecipare alla realizzazione del film corale RO.GO.PA.G, acronimo che nasconde i nomi di quattro registi - Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti – cui è affidata la realizzazione di altrettanti episodi. Il pollo ruspante è il titolo del racconto diretto da Gregoretti e interpretato da Ugo Tognazzi.Era un film a episodi sui giovani nel momento che fu detto del miracolo economico. […] Niente attori professionisti, niente copione, costruito e girato giorno per giorno
Passa un anno e, nel 1964, Gregoretti scrive e dirige il suo primo film narrativo a soggetto unitario, Omicron, interpretato da Renato Salvatori. E’ una satira graffiante che mette sotto accusa, con l’arma della ridicolizzazione, le storture del lavoro in fabbrica. Un film politico, “militante”, lo definì la critica dell’epoca.
Nel suo continuo passare dalla televisione al cinema e viceversa, arriva l’anno dei RAS (personaggi dalle Ridotte Attitudini Sociali). Gregoretti li scova in giro per l’Italia e li porta davanti alle telecamere. Arriva anche il quarto film, Le belle famiglie. Nell’episodio Amare è un po’ morire c’è anche Totò in una delle sue ultime interpretazioni cinematografiche. Nonostante il cast, critica e pubblico bocciano la pellicola così Gregoretti torna alla televisione. L’occasione si presenta quando la Rai gli propone di adattare e dirigere uno sceneggiato tratto dal romanzo di Charles Dickens Il circolo Pickwick. Vengono scritturati Mario Pisu, Leopoldo Trieste, Gigi Proietti, Gigi Ballista. Anche qui le scelte registiche di Gregoretti sono ardite, rivoluzionarie, destinate a stravolgere gli schemi narrativi del teleromanzo classico alla Anton Giulio Majano.
Ma le critiche negative lo travolgono e la Rai decide per il suo allontanamento dall’azienda nonostante il successo che il suo lavoro riscuote all’estero: il "Times" gli dedica addirittura un’intera pagina di elogi.Un modo post moderno di concepire uno sceneggiato, con ritmi vicini a quelli del cinema comico. Gregoretti entra in campo con il microfono per presentare i personaggi, introduce le puntate come fossero delle telecronache
Dopo il documentario di controinformazione dedicato alla vicenda degli operai dell’Apollon, la fabbrica tipografica romana occupata e Contratto, documentario sull’autunno caldo dei metalmeccanici, Gregoretti sembra perdere interesse per l’attualità. Nel 1976 cura la versione televisiva di un racconto surreale e avveniristico, Le uova fatali dello scrittore russo Michail Bulgakov. Nel 1981 si imbarca in un viaggio alla scoperta del teatro di Carlo Goldoni dove veste lui stesso i panni di un intellettuale che snocciola stereotipi sociologici sull’attualità riferiti però al passato. Siamo a Goldonia dove Gregoretti apre le sue finestre su piccoli scorci di vita veneziana del ‘700.
Le immagini di Pinocchio (mai) visto dal Gatto e la Volpe, del 2016 chiudono il racconto e lo fanno lasciando nello spettatore una grande nostalgia. Ugo Gregoretti e Andrea Camilleri, rispettivamente professor Gatto e professor Volpe, si presentano come due 'educatori di rango', ingiustamente misconosciuti. Oggi che li abbiamo persi sappiamo quanto dobbiamo in questo senso ad entrambi.