Franco Volpi: Martin Heidegger e il mondo della tecnica

Aforismi

Il filosofo Franco Volpi (Vicenza, 1952 – 2009) in un'intervista dell'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche del 1997, parla dell'interpretazione heideggeriana di Platone. Se nei primi anni Venti Heidegger (Messkirch 1889 – Baden-Wutemberg 1976) legge Il sofista come una risposta di Platone alle critiche aristoteliche, già nel 1927 (l`anno di Essere e tempo) egli passa ad una interpretazione più radicale, ascrivendo a Platone il ruolo di fondatore della tradizione metafisica dell`Occidente.
L’introduzione platonica della dottrina dei due mondi, che risolve il rapporto tra mondo sensibile e mondo ideale nella contrapposizione tra apparenza e verità, sarebbe quindi alla base di quella struttura della soggettività, tipica della metafisica occidentale, in cui l’uomo diventa soggetto di un progetto di “padroneggiamento conoscitivo”, di manipolazione del mondo. Tale progetto, individuabile in tutte le tappe della storia della filosofia, avrebbe raggiunto l’acme con Nietzsche (Röcken 1844 – Weimar 1900), che ne annuncia la fine, e poi con la tecnica moderna.
Capovolgendo quindi il paradigma classico, che contrapponeva la metafisica alla scienza e alla tecnica, Heidegger fa di Platone il primo pensatore della tecnica, la quale sarebbe nient’altro che un esito del platonismo, nella sua forma più estrema. In Aristotele, invece, nel binomio physis/teche, Heidegger trova un potenziale trans-metafisico, trans-tecnico, perché nella nozione di physis si tiene ferma l’idea che l`ente non possa essere ridotto a ciò che è fatto o prodotto dall`uomo, ma è soprattutto ciò che, spontaneamente, da sé viene all`apparenza.

L’antitesi natura/tecnica procederebbe secondo una linea di sviluppo che prevede un progressivo incremento del peso dell’artefatto: ciò che è evocabile dal nulla per mano dell’uomo sembra destinato ad assumere un carattere sempre più determinante e globale.