Moni Ovadia. La propensione universale dei popoli alla convivenza
L'equilibrio tra particolarismo e universalismo
Moni Ovadia, intervistato al Festival Materadio, la festa di Radio3 del 2016 Utopie e Distopie, parla del tema della convivenza.
Il suo discorso inizia ricordando che nella città di Plovdiv in Bulgaria, dove Ovadia è nato, c’è un quartiere in cui convivono genti diverse di tre religioni Islam, Cristianesimo e Ebraismo e in 400 anni non si è mai registrato un conflitto violento. Questo si spiega con il fatto che la convivenza è naturale per i popoli, mentre i conflitti sorgono sempre per ragioni di potere, che usa la separazione fra i popoli per ottenere i suoi scopi.
L’universale umano produce le differenze e gli uomini ritrovano la loro specificità nell’universalità: è questo meraviglioso equilibrio di particolarismo e universalismo, che dovrebbe essere la cultura della nostra umanità
Oggi è molto forte la preoccupazione per l’Islam, ma c’è tutta una scuola di pensiero che contraddice la tesi dell’Islam come religione violenta, per esempio la più grande mistica di pace di tutte le religioni monoteiste è il Sufismo, che è comparso all’interno dell’Islam. E lo stesso si può dire per l’immigrazione, che nel passato negli Stati Uniti ha visto molti italiani e molti ebrei arrivati in condizioni disperate diventare artisti, scienziati e politici eccellenti.
Dove le dinamiche di integrazione sociale funzionano vediamo sparire le differenze e l’America lo dimostra bene, dato che è una terra che ha avuto etnie di ogni tipo e oggi sono diventati tutti cittadini americani.
Moni Ovadia nasce a Plovdiv in Bulgaria nel 1946, da una famiglia ebraico-sefardita. Dopo gli studi universitari e una laurea in scienze politiche ha dato avvio alla sua carriera d'artista come ricercatore, cantante e interprete di musica etnica e popolare di vari paesi. Nel 1984 comincia il suo percorso di avvicinamento al teatro, prima in collaborazione con artisti della scena internazionale, come Bolek Polivka, Tadeusz Kantor, Franco Parenti, e poi, via via proponendo se stesso come ideatore, regista, attore e capocomico di un "teatro musicale" assolutamente peculiare, in cui le precedenti esperienze si innestano alla sua vena di straordinario intrattenitore, oratore e umorista. Filo conduttore dei suoi spettacoli e della sua vastissima produzione discografica e libraria è la tradizione composita e sfaccettata, il "vagabondaggio culturale e reale" proprio del popolo ebraico, di cui egli si sente figlio e rappresentante, quell'immersione continua in lingue e suoni diversi ereditati da una cultura che le dittature e le ideologie totalitarie del Novecento avrebbero voluto cancellare, e di cui si fa memoria per il futuro.