Manlio Sgalambro. Il concetto di cultura
Lo spirito hegeliano nel declino dell'occidente
Manlio Sgalambro (Lentini, 9 dicembre 1924 - Catania, 6 marzo 2014), filosofo e poeta italiano, parla del concetto di cultura. L'intervista è tratta da una puntata del 2013 del programma di Rai Educational GAP, realizzata da Francesco Iannello.
Quello di cultura è un concetto rimediato, coniato dopo quello che Oswald Spengler (Blankenburg im Harz, Sassonia-Anhalt, 1880 - Monaco di Baviera 1936) chiamò il declino di questa forma di civiltà:
Manlio Sgalambro (Lentini, Catania 1924 - Catania, 2014). Intellettuale tra i più originali e indipendenti del panorama culturale italiano, fuori dei quadri accademici e libero dai condizionamenti del pensiero dominante. Dopo la pubblicazione, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, di brevi articoli su riviste di nicchia quali “Prisma”, “Incidenza” e “Tempo Presente”, esordisce tardivamente nella scrittura filosofica con il libro La morte del sole (1982) in cui sistematizza la sua precedente e copiosa produzione, dando voce a un nichilismo estremo – seppure non scevro di sfumature metafisiche – che lo avvicina a pensatori quali Nietzsche, Cioran e Karl Kraus.
La sua visione esistenziale, fatalista e quasi paradossale nella sua drasticità, e comunque sempre ancorata a una Sicilia che sembra sostanziarne il pensiero nel suo orizzonte di disperazione, si articola nei numerosi altri libri pubblicati negli anni successivi, tra i quali ricordiamo: Trattato dell’empietà (1987), Anatol (1990), Del pensare breve (1991), Dell’indifferenza in materia di società (1994), La consolazione (1995), Trattato dell’età (1999), De mundo pessimo (2004), La conoscenza del peggio (2007), Del delitto (2009), Della misantropia (2012), Variazioni e capricci morali (2013). L’ultimo è Dal ciclo della vita, pubblicato postumo nel giugno 2014.
Quello di cultura è un concetto rimediato, coniato dopo quello che Oswald Spengler (Blankenburg im Harz, Sassonia-Anhalt, 1880 - Monaco di Baviera 1936) chiamò il declino di questa forma di civiltà:
Sgalambro dichiara di non credere nella cultura, e nemmeno nello spirito hegeliano, ma in una terza cosa che deve ancora venire, almeno come definizione.Hegel lo chiamava spirito, noi cultura. Quella di cultura è una definizione negativa, è un’accozzaglia di cose, fatte per gli scopi più vari non per fornirci di un concetto dello spirito. Ernst Cassirer scrisse "Per una filosofia della cultura", ma era una filosofia dello spirito mascherata, ridotta, svilita.
Manlio Sgalambro (Lentini, Catania 1924 - Catania, 2014). Intellettuale tra i più originali e indipendenti del panorama culturale italiano, fuori dei quadri accademici e libero dai condizionamenti del pensiero dominante. Dopo la pubblicazione, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, di brevi articoli su riviste di nicchia quali “Prisma”, “Incidenza” e “Tempo Presente”, esordisce tardivamente nella scrittura filosofica con il libro La morte del sole (1982) in cui sistematizza la sua precedente e copiosa produzione, dando voce a un nichilismo estremo – seppure non scevro di sfumature metafisiche – che lo avvicina a pensatori quali Nietzsche, Cioran e Karl Kraus.
La sua visione esistenziale, fatalista e quasi paradossale nella sua drasticità, e comunque sempre ancorata a una Sicilia che sembra sostanziarne il pensiero nel suo orizzonte di disperazione, si articola nei numerosi altri libri pubblicati negli anni successivi, tra i quali ricordiamo: Trattato dell’empietà (1987), Anatol (1990), Del pensare breve (1991), Dell’indifferenza in materia di società (1994), La consolazione (1995), Trattato dell’età (1999), De mundo pessimo (2004), La conoscenza del peggio (2007), Del delitto (2009), Della misantropia (2012), Variazioni e capricci morali (2013). L’ultimo è Dal ciclo della vita, pubblicato postumo nel giugno 2014.