Gilles Lipovetsky. La democratizzazione dell'arte
Un nuovo rapporto tra arte ed economia
Oggi assistiamo all’estetizzazione di qualsiasi cosa, persino delle catastrofi, che spesso vengono filmate e postate sui social. C’è un’estetizzazione del rapporto con il mondo, le persone vogliono vedere le montagne, il mare: oggi noi vediamo la bellezza in qualsiasi cosa e la cerchiamo.
Il piacere che oggi si prova per la bellezza, per la novità, è generalizzato e gran parte dell’evoluzione dipende dal nostro sistema scolastico, che è chiamato a suscitare desideri di qualità, affinando il senso estetico. Ma questo non è semplicemente un effetto del capitalismo e lo Stato, attraverso la scuola, ha una precisa responsabilità in tal senso.
Va attribuito un ruolo più importante all’educazione artistica nelle scuole, affinché il gusto dei consumatori si diversifichi e si affini sempre di più, perché gli individui non sono soltanto dei consumatori e l’arte regala dei momenti di felicità che ci possono accompagnare per tutta la vita e perché la vita deve consistere nello sviluppo completo dell’essere umano e non soltanto della dimensione consumistica.
Di conseguenza, in queste condizioni possiamo riprendere la celebre profezia di Hegel che annuncia la morte dell’arte, si parla molto, per esempio, di morte del cinema, a volte anche di morte delle arti plastiche, ma questa visione pessimistica non è condivisibile: l’arte non è morta, ma si è rinnovata.
Per quale motivo l’arte non è morta? Perché la sua associazione al mondo del denaro o del business non distrugge l’esigenza di creazione o di bellezza. Dal Quattrocento in poi, gli artisti hanno sempre avuto dei contratti dalla Chiesa o dai principi che imponevano vincoli molto stringenti agli artisti. Oggi i vincoli sono di ordine diverso, ma, come diceva Nietzsche, il vincolo è necessario all’arte, non è un suo nemico. Si obietta che il vincolo del denaro, uccide la creazione, ma le cose non stanno così, perché nell’arte contemporanea, è vero, ci sono molti aspetti che suscitano un certo scetticismo, ma nonostante tutto vengono realizzate opere magnifiche. Siamo in presenza di una sovrabbondanza di produzione artistica, per cui non mancano le cose mediocri o ripetitive, ma questo avviene semplicemente perché la quantità è considerevole. Ci troviamo davanti a una situazione nuova: l’arte si è legata sempre di più alla dimensione del mercato, ma con il mercato è possibile fare il peggio e il meglio.
L’idea che l’arte debba essere ermetica e che non debba avere successo commerciale, è superata. Ci sono dei successi commerciali che presentano una vera qualità artistica, ossia creativa. Inoltre, sebbene le grandi star dell’arte contemporanea siano legate al mercato, ci sono anche numerosissimi artisti a cui non interessa affatto essere commerciali: è il sistema che se ne impossessa rapidamente e che ne fa dei successi.
L’idea della morte dell’arte non è l’approccio giusto per comprendere la situazione contemporanea, che è invece caratterizzata da un nuovo rapporto fra arte ed economia, che comunicano tra loro e questo comporta dei rischi, ma anche molte opportunità.
Gilles Lipovetsky è professore all’Università di Grenoble. Studioso delle trasformazioni della società contemporanea, si è occupato di recente della «estetizzazione del mondo» e del «capitalismo artista», discutendo le implicazioni della democratizzazione dei parametri estetici nella vita sociale. Tra i suoi libri: Il tempo del lusso (Palermo 2007); Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo (Milano 2007); Il tempo del lusso (Palermo 2008); La cultura-mondo. Risposta a una società disorientata (Milano 2009); L’era del vuoto. Saggi sull’individualismo contemporaneo (Milano 2013).