Franco Gallo. La crisi della democrazia rappresentativa
Ritornare ai partiti come strumenti di mediazione
Parlare di democrazia oggi significa parlare di democrazia del futuro prossimo e quindi di democrazia digitale e della crisi del modello di democrazia rappresentativa.
Dall’avvento della rivoluzione informatica si parla sempre meno di democrazia in quanto tale, ma sempre di più di democrazia seguita da aggettivi, anche improbabili, come digitale o sociale o perfino illiberale.
La democrazia rappresentativa ha funzionato fino alla crisi dei partiti, negli anni Ottanta del XX secolo, e la fine della loro funzione di mediazione. I partiti si erano lentamente trasformati in oligarchie all’interno dello stato e spesso in centri di potere autoreferenziali, con una conseguente ondata di sfiducia alimentata soprattutto dalla corruzione e dagli scandali, lasciando spazio alla personalizzazione della politica, favorita dalla rete.La democrazia rappresentativa secondo le regole della Costituzione e la definizione di Norberto Bobbio è forse andata in crisi, una democrazia che era intesa come strumento per sradicare le disuguaglianze e assicurare le libertà. Oggi si arriva all’assurdo di parlare di democrazia senza diritti o di diritti senza democrazia.
La creazione in rete di gruppi sulla base di affinità tra amici e di gruppi fondati sull’ostilità contro comuni nemici riduce la possibilità di un confronto tra gli opposti schieramenti finendo ridurre il dibattito falla contrapposizione tra slogan.Le identità collettive sono state sostituite dai partiti personali e dietro questa svolta si è nascosto il virus plebiscitario della scelta immediata, ossia senza mediazione, con la tentazione sempre più forte di affidare i nostri destini ad un capo che fa promesse di salvezza e con governi formati da gruppi politici disomogenei. In tempi di pandemia tutto questo esprime un sentimento di insicurezza accompagnato dalla domanda di maggiore autorità.
Oggi si vorrebbe abolire il divieto del mandato imperativo, che è uno dei pilastri del nostro sistema costituzionale, impedendo la possibilità per un parlamentare eletto di cambiare idea, con la conseguente negazione di un elemento fondamentale della democrazia che è la mediazione politica e la perdita del luogo della sintesi, ossia il Parlamento, presidio della democrazia moderna.
La democrazia rappresentativa non può essere sostituita dalla democrazia plebiscitaria basata sulla concezione del popolo sovrano, ma solo rigenerata dal fattore tecnologico. Questo significa rilanciare i partiti che dovrebbero uscire dalla crisi ed essere rafforzati dal contributo di associazioni e di scuole di politica, recuperando la capacità di essere soggetti intermedi, reintroducendo il sistema di finanziamento pubblico dei partiti.