Fabrizio Gifuni. Il Memoriale di Aldo Moro
Con il vostro irridente silenzio: un esperimento di teatro civile
Si tratta di un corpo di scrittura autografa di Moro, scoperto nel 1990, che parte dalle risposte date ai suoi carcerieri.
Queste carte sono una sorta di meteorite che viene da un passato che ci appare molto lontano e quello che io faccio in teatro è deporre questo meteorite, incarnarlo e provare a verificare con gli spettatori se davvero questo oggetto è un corpo freddo, che non ha più niente a che fare con noi o se quel corpo ci riguarda ancora.
Se non abbiamo la pazienza di continuare a riannodare i fili della memoria non capiremo mai come mai siamo finiti in questo nostro drammatico presente. Le nuove generazioni hanno risposto benissimo, dimostrando intelligenza e curiosità nell’andare a scavare in un passato che li riguarda.
A Moro fu inferta oltre alla condanna a morte quella al discredito sociale: fu fatto passare per pazzo, per vittima della Sindrome di Stoccolma, che è una tecnica da sempre usata per svalutare la vittima.Il Memoriale di Aldo Moro è ancora purtroppo poco letto mentre sarebbe studiato nelle scuole e nelle università, se vivessimo in un sistema democratico vivo.
Quelle carte non sono solo un documento storico, ma anche un documento linguistico straordinario: una lingua che sembra venire da un altro pianeta rispetto a quella dei politici attuali, una lingua chiara, semplice che esprime il pensiero di un vero uomo di Stato.
Gifuni, infine, parla delle analogie tra i delitti Moro e Pasolini due storie profondamente diverse ma che hanno in comune un fatto: si tratta dei due grandi cadaveri insepolti della storia della seconda metà del XX secolo.
Non si ha l’onestà di mettersi in ascolto delle loro parole, perché le loro sono storie che hanno profondamente disturbato questa società.E quando a dei cadaveri non si dà degna sepoltura, come ci insegnano i tragici greci, quei fantasmi tornano continuamente a disturbarci ed è questo il motivo per cui Moro e Pasolini ricorrono continuamente nel dibattito pubblico.
Fabrizio Gifuni è uno degli attori più affermati del panorama italiano, teatrale e cinematografico. È ideatore e interprete di numerosi spettacoli fra i quali il pluripremiato progetto Gadda e Pasolini, antibiografia di una nazione - Premio Ubu nel 2010 come miglior spettacolo e miglior attore dell’anno per L’Ingegner Gadda va alla guerra - con la regia di Giuseppe Bertolucci. Nelle ultime stagioni è stato protagonista al Piccolo di Milano della Lehman Trilogy -ultimo capolavoro di Luca Ronconi - e di Freud ovvero l’interpretazione dei sogni, per la regia di Federico Tiezzi. Ha concentrato negli anni la sua attenzione su un’idea di ‘rapporto vivo’ con la lingua italiana. Autori della grande letteratura come Gadda, Pasolini, Testori, Pavese, Caproni, ma anche Dante, Manzoni, Camus o Cortazar sono stati alcuni dei suoi banchi di prova.
Al cinema e in televisione, circa quaranta i titoli, è stato diretto, fra gli altri, da Gianni Amelio, Marco Tullio Giordana, Liliana Cavani, Edoardo Winspeare, Paolo Virzì, Daniele Vicari, Pupi Avati e Marco Bellocchio, Rivelazione europea al Festival di Berlino e Globo d’oro della stampa estera nel 2002, tre volte Nastro d’argento (2003, 2014 e 2018), Premio Gianmaria Volonté nel 2012. Nel 2014 riceve il David di Donatello per il film “Il capitale umano”.